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Sicuri che la Cina stia avanzando?

di Redazione - 28/03/2024

Testo di Mattia Eccheli

Le statistiche ufficializzate dall’autorità cinese delle Dogane sembrano smentire la grande avanzata dei costruttori di auto elettriche della Repubblica Popolare nei 27 paesi dell’Unione Europea. Nei primi due mesi del 2024 per le esportazioni verso i mercati comunitari è stata contabilizzata una flessione attorno al 20%, con 75.600 veicoli. Un calo significativo, tra l’altro in un contesto di crescita del mercato comunitario: oltre 883.600 immatricolazioni, pari al 10% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno seppur con una quota stabile attorno al 12% delle macchine a zero emissioni su strada. Almeno in teoria significherebbe anche una contrazione della penetrazione, anche se non necessariamente le importazioni dal Celeste Impero si possono automaticamente convertire in vendite.

Non solo. Tra gennaio e febbraio, sempre secondo l’agenzia delle Dogane della Cina, le esportazioni comunitarie verso il Regno di Mezzo sarebbero invece cresciute dell’8%, a oltre 248.000 unità. Il dato appare quasi “provvidenziale” alla luce delle indagini che la Commissione Europea sta svolgendo su possibili violazioni delle norme sulla concorrenza che penalizzerebbero le case automobilistiche del Vecchio Continente: l’ipotesi è che i costruttori della Repubblica Popolare beneficino di aiuti statali.

Come si presenta la realtà

La Camera di Commercio Cinese dell’Unione Europea è intervenuta per sostenere che il calo “va oltre una semplice anomalia statistica” e azzarda una sorta di “effetto paralizzante” per le verifiche. Insomma: una situazione quasi strutturale che potrebbe far venir meno la necessità da parte delle autorità comunitarie di imporre nuovi dazi sulle auto prodotte oltre la Grande Muraglia e destinate alla commercializzazione in Europa. In realtà, solo fra il 2022 e il 2023 i volumi elettrici cinesi nei 27 paesi sono cresciuti del 14%.

La Commissione ha ventilato un possibile ritocco dei dazi sulle auto elettriche cinesi, che dovrebbe eventualmente concretizzarsi con il terzo trimestre dell’anno. La loro maggiorazione potrebbe avere ripercussioni sulle esportazioni, in particolare su alcuni marchi premium, soprattutto tedeschi, ma anche italiani (Ferrari, Lamborghini, Maserati, che fanno tuttavia numeri ben diversi). A cominciare dalla Porsche, che aveva già faticato nel 2023 in Cina (-15%), dove il 100% delle auto commercializzate viene prodotto fuori dal paese. Seppur con percentuali meno bulgare, anche Bmw e Mercedes rischierebbero di doversi confrontare con le possibili ritorsioni delle autorità locali.

La sfida commerciale potrebbe avere effetti importanti sul breve periodo, che su quello medio lungo potrebbero venire mitigati dalla scelta delle case automobilistiche cinesi di produrre nel Vecchio Continente, esattamente come quelle europee erano state costrette a insediarsi nella Repubblica Popolare. La BYD ha già ufficializzato la costruzione di uno stabilimento in Ungheria, mentre la Leapmotor dovrebbe fabbricare i propri modelli europei in Polonia.

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