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“Salvare l’auto europea dall’Unione Europea”: l’accusa dal Festival dell’Economia di Trento

di Redazione - 22/05/2025

Testo di Mattia Eccheli

Festival dell’Economia di Trento, titolo del convegno: “Salvare l’auto europea”. Per Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor, però, il titolo avrebbe dovuto essere un altro: “Salvare l’auto europea dall’Unione Europea”, rea secondo l’analista di aver imposto una “scelta autoritaria che stona rispetto alla sua presunta democraticità”.

Stellantis chiede regole diverse di omologazione

Qualcosa da dire alle autorità comunitarie i rappresentanti del mondo dell’auto lo hanno senz’altro: lo ha fatto l’altro giorno nell’audizione alla Commissione Attività Produttive della Camera il Ceo dell’ACEA Luca de Meo. E lo ha fatto a Trento Antonella Bruno, managing director di Stellantis. “Il nostro impegno sulla decarbonizzazione resta – ha chiarito la numero uno delle operazioni italiane del gruppo – ma attualmente in Europa per le omologazioni valgono le stesse regole, sia che si tratti di auto piccole dei segmenti A e B, sia che si tratti di vetture di grandi dimensioni di segmenti premium”. Solo che su un’auto di dimensioni contenute i costi incidono percentualmente in maniera sensibilmente maggiore, tanto da renderle non più economicamente redditizie e semmai estremamente care per i consumatori.

Stellantis, ha ricordato Bruno, torna nei segmenti strategici con modelli amati dagli automobilisti: oltre che con la Grande Panda, anche con la 500 ibrida e con una nuova generazione della Pandina, da anni l’auto più venduta nel Belpaese. Sandro Trento, docente presso l’università di Trento ha messo il dito nella piaga: “L’attuale quadro normativo è stato realizzato su misura dell’industria automobilistica tedesca”.

Colossale gap di investimenti privati tra Europa e USA

Quello che sembra essere un nuovo asso franco italiano sollecita almeno un aggiornamento per riportare sul mercato a prezzi competitivi le auto più piccole: “In Italia rappresentano il 60% dei volumi, nel resto d’Europa il 40%”, ha precisato Bruno. E con i prezzi in aumento invecchia il parco circolante, che in Italia supera i 12 anni con ripercussioni non solo sull’inquinamento, ma anche sulle emissioni.

Il contestato “green deal” comunitario è tuttavia figlio del dieselgate, senza il quale non sarebbe stata impressa l’accelerazione alla trasformazione. “Nessuno ha seguito l’Europa sull’auto elettrica”, ha lamentato Quagliano. La Cina, però, l’aveva anticipata cominciando ad occuparsene fin dal 1991, ha argomentato Trento, e disponendo ora di tecnologie all’avanguardia. L’Europa è in una sorta di limbo e Trento non è sembrato affatto essere convinto che ritardare la conversione sia salutare per l’industria dell’auto comunitaria: “La situazione ibrida la indebolisce – osserva – perché deve continuare e investire su una doppia linea”.

Gli stessi costruttori tedeschi, una volta “i più lungimiranti” sono stati costretti a rincorrere i rivali e tra gli investimenti privati in ricerca e sviluppo nel Vecchio Continente e quelli, ad esempio, degli Stati Uniti, c’è un abisso: “In Europa sono fra i 320 e i 330 miliardi l’anno, negli USA sono 780”.

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