
Testo di Fabio Madaro
Quando un modello riesce a restare nel cuore di una nazione per decenni, non è solo merito della sua funzionalità, ma del suo legame profondo con il contesto sociale e culturale. Nasce proprio da questa idea la nostra mini-collana dedicata a confrontare auto di ieri e di oggi a vent’anni di distanza.

Dopo la Volkswagen Golf, oggi esploriamo uno dei capisaldi della storia italiana: la Fiat Panda, dal 2003 fino alla sua versione più recente, dello scorso anno che si declina in due versioni: la “base” e la Pandina, molto meglio equipaggiata e con un look da “fuoristrada”, con ampie protezioni nere a contorno della parte bassa della carrozzeria. Innanzitutto va detto che la Fiat Panda deve in gran parte la sua identità alla matita di Giorgetto Giugiaro, uno dei più influenti designer automobilistici del Novecento. Nel 1980, Giugiaro firmò la prima generazione della Panda, un progetto che rivoluzionò il concetto di utilitaria. Le sue linee squadrate e pulite riflettevano una filosofia minimalista ma estremamente funzionale, pensata per offrire una vettura semplice, economica e versatile. La Panda di Giugiaro non era solo un’auto, ma un vero e proprio strumento di libertà, capace di muoversi agilmente sia nelle città che nei contesti rurali più difficili, diventando un simbolo di praticità e democraticità.
La seconda serie, quella protagonista del nostro confronto con le attuali Panda, segna un parziale allontanamento dal linguaggio formale di Giugiaro: con linee più morbide e arrotondate, fu progettata per rispondere a nuove esigenze di comfort e sicurezza, ma senza perdere la capacità di essere un’auto popolare e accessibile a tutti. Nel 2003 l’Italia si trovava in una fase di cambiamento, tra l’ingresso nell’era digitale e una coscienza ambientale in crescita. La mobilità era ancora dominata dall’auto privata, e la Panda seconda serie incarnava perfettamente il bisogno di una citycar pratica, robusta e accessibile. Era il periodo in cui la Panda si affermava come scelta ideale per neopatentati, famiglie giovani e anche per enti pubblici: molte forze dell’ordine locali, come la Polizia Municipale e la Guardia di Finanza, utilizzavano la Panda per la sua agilità e affidabilità nelle strade strette e nei territori montani.

Prodotta a Tychy in Polonia, la Panda II offriva una lunghezza contenuta di 3,54 metri e un’altezza superiore rispetto alla media delle utilitarie, caratteristiche che la rendevano adatta sia per la città sia per le gite fuori porta. Era disponibile con motori semplici ma efficaci: il 1.1 FIRE da 54 cv, il 1.2 da 60 cv e il 1.3 Multijet turbodiesel da 70 cv, che portò il diesel anche nel segmento A, offrendo consumi contenuti senza sacrificare le prestazioni. Le versioni Natural Power a metano erano un tentativo pionieristico di Fiat di proporre soluzioni più ecologiche già all’epoca. Il listino 2003 partiva da poco più di 8000 euro per la versione base 1.1 Active e arrivava a circa 15.000 euro per la 1.3 Multijet: prezzi che oggi sembrano bassi, ma che anche allora rappresentavano una discreta spesa per molte famiglie.
La Panda, per la sua robustezza e versatilità, è stata spesso protagonista di aneddoti popolari: era ad esempio l’auto preferita nelle piccole comunità montane e rurali, dove la sua trazione integrale consentiva di affrontare strade impervie e completamente innevate, conquistando la fiducia degli abitanti. Nelle città, la posizione di guida rialzata e le dimensioni compatte la rendevano perfetta per districarsi nel traffico e nei parcheggi stretti.

In molte famiglie la Panda rappresentava la “prima auto”, un mezzo economico e affidabile con cui affrontare i primi viaggi, gli spostamenti quotidiani o le vacanze estive. Era anche un’auto amata da studenti e lavoratori, grazie ai costi contenuti di manutenzione e al basso consumo di carburante, in un periodo in cui il prezzo della benzina si aggirava intorno a 1,2 euro al litro.
E finalmente arriviamo ai giorni nostri la Pandina (il top per così dire della gamma) si presenta come un’evoluzione netta ma rispettosa della tradizione. La lunghezza aumenta leggermente, arrivando a 3,69 metri, mentre il peso è pari a circa 1050 kg contro i meno di 900 kg di vent’anni fa, a causa dell’introduzione di sistemi di sicurezza e di un equipaggiamento tecnologico molto più avanzato.
Il motore è oggi un mild hybrid da 1 litro di cilindrata e 70 cv, un compromesso che punta a migliorare consumi ed emissioni in un mercato sempre più attento all’ambiente e alle normative antinquinamento.

La dotazione tecnologica include sistemi di assistenza alla guida di ultima generazione (frenata automatica d’emergenza, mantenimento corsia, riconoscimento segnali), infotainment con schermo touch e connettività smartphone, climatizzatore automatico e molti dettagli di comfort. Il prezzo di listino è di circa 18.900 euro (al netto di incentivi e promozioni), il doppio o quasi rispetto al 2003, ma in parte giustificato dal salto in avanti in termini di sicurezza e dotazioni.
Sono inoltre a listino due versioni base: la 1.0 Hybrid da 15.900 euro e la 1.0 Hybrid cinque posti da 16.820 euro. Anche in questo caso entrambe al netto di promozioni e incentivi.
La Panda seconda serie vinse nel 2004 il premio “Auto dell’Anno”, prima citycar a ottenere questo riconoscimento, sottolineando quanto la nuova formula avesse conquistato pubblico e critica. Nel corso degli anni sono nate versioni speciali, come la Panda Monster con ruote giganti e assetto rialzato, o la Panda 100 HP, che ha portato una ventata di sportività nel segmento.

Un episodio famoso è la spedizione di una Panda 4×4 al campo base dell’Everest a 5.200 metri di altitudine, dimostrando le potenzialità di un’utilitaria che sembrava quasi “inarrestabile”.
La Pandina 2025, dal canto suo, si distingue per la campagna pubblicitaria innovativa e per la volontà di coniugare design riconoscibile e sostenibilità, proponendo una gamma colori vivaci e personalizzazioni studiati per un pubblico urbano e giovane.
Nel 2003, l’auto era ancora il simbolo di libertà e indipendenza, e la Panda incarnava perfettamente questo concetto, offrendo una soluzione pratica, economica e versatile. Da allora, le città italiane sono cambiate: la diffusione delle ZTL (zone a traffico limitato), l’aumento dei mezzi di micromobilità elettrica e l’attenzione sempre maggiore alle emissioni hanno trasformato nel tempo il rapporto tra italiani e auto. Eppure la Panda, nelle sue varie versioni, resta una presenza costante, capace di adattarsi ai tempi senza perdere di vista la propria identità. Un’auto popolare che ha saputo reinventarsi tra cambiamenti sociali, crisi economiche e sfide ambientali.
Rispetto alla seconda serie, la Pandina 2025 offre un livello di sicurezza impensabile vent’anni fa: airbag multipli di serie, controlli elettronici della stabilità, sistemi di assistenza alla guida. Allo stesso tempo, i materiali sono più curati e gli interni più spaziosi e confortevoli, con una strumentazione digitale e connettività ormai essenziali per gli utenti moderni.

Tuttavia, questa evoluzione porta con sé qualche compromesso: il peso maggiore si traduce in consumi leggermente superiori su strada mista, e la complessità elettronica rende la manutenzione più costosa e meno accessibile per chi ama “metterci le mani”.
Quanto al resto, l’orizzonte per le Panda di domani sembra già tracciato: la nuova Grande Panda elettrica o ibrida è in vendita e può esibire una carrozzeria più spaziosa e dimensioni maggiori. Un passo decisivo verso la mobilità sostenibile, ma anche un’ulteriore evoluzione di un modello che ha fatto la storia dell’automobile italiana.

Questa nuova Grande Panda è ovviamente un’auto diversa, che nulla ha a che vedere con la gloriosa vecchia Panda: pensata per un pubblico più ampio e con esigenze più moderne, ha tra i suoi obiettivi il compito di mantenere intatto quel rapporto speciale con il pubblico italiano che dura da oltre quarant’anni. E il nome Panda potrebbe dare una grossa mano…
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