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Dazi sulle elettriche cinesi, il via libera arriva grazie all’astensione di 12 paesi su 27

di Redazione - 04/10/2024

Dazi sulle elettriche cinesi, il via libera arriva grazie all'astensione di 12 paesi su 27

Testo di Mattia Eccheli

L’astensione di 12 stati su 27 ha dato il via libera ai dazi comunitari sull’importazione di auto elettriche dalla Cina. Il balzello è compreso fra il 7,8% previsto per Tesla e il 35,3% imposto a SAIC, il colosso del Regno di Mezzo che nel Vecchio Continente commercializza i marchi MG e Maxus e si somma al 10% già in vigore. La proposta della Commissione fortemente osteggiata dalla Germania ha ottenuto l’appoggio di Italia e Francia, oltre che di Bulgaria, Danimarca, Estonia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi e Polonia.

Spagna e Portogallo non votano come avrebbe desiderato il gruppo Volkswagen

La non contrarietà di Austria, Belgio, Croatia, Cipro, Finlandia, Grecia, Lussemburgo e Svezia, oltre che di paesi a vario titolo meno “disinteressati” come Spagna (dove il colosso tedesco Volkswagen che controlla anche i marchi iberici Seat e Cupra ha compiuto grandi investimenti), Repubblica Ceca (dove si trova il quartier generale di Skoda, altro costruttore del gruppo VW, ma dove fabbricano anche la coreana Hyundai e la giapponese Toyota), Portogallo (dove hanno siti i primi due gruppi al mondo) e Romania (il paese di Dacia, ma dove opera ancora Ford).

I riferimenti al gruppo Volkswagen sono importanti, perché la Germania ha votato contro l’applicazione dei dazi a difesa degli interessi dei propri costruttori (anche Bmw e Mercedes), che sono molto sbilanciati sulla Cina. Wayne Griffiths, Ceo di Seat/Cupra, aveva liquidato come “incomprensibile” i dazi, che riguardano anche le auto prodotte nel Celeste Impero da case automobilistiche del Vecchio Continente, tipo il nuovo Suv elettrico Tavascan (+21,3% di imposte): “È un’auto europea di un marchio europeo, costruita da un’impresa cinese guidata dal gruppo tedesco Volkswagen, ma verrà tassata in maniera anche superiore rispetto ad auto fabbricate da case cinesi”, aveva dichiarato.

Dazi sulle elettriche cinesi, il via libera arriva grazie all'astensione di 12 paesi su 27

Il timore è quello di possibili “ritorsioni” commerciali da parte della Repubblica Popolare, che si era già rivolta al WTO, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, ritenendo illegittima l’annunciata adozione delle imposizioni supplementari.

I veicoli a zero importati dalla Repubblica Popolare costano il 20% in meno

Secondo la Commissione Europea chi fabbrica in Cina beneficia di vantaggi competitivi (“sovvenzioni pregiudizievoli”) che rischiano di compromettere gli equilibri del mercato a danno dell’industria continentale. L’indagine condotta in questi mesi ha convinto l’esecutivo comunitario che le elettriche fabbricate nel Regno di Mezzo abbiano un prezzo mediamente inferiore del 20% rispetto a quelle prodotte in Europa.

In ballo ci sono equilibri commercial importanti: nel solo 2023 i paesi dell’Unione hanno realizzato scambi per quasi 740 miliardi di euro con la Cina. La Repubblica Popolare aveva ipotizzato il ritocco del 25% dei dazi sull’importazione di auto con motori a combustione sopra i 2.5 litri, venduti praticamente tutti (o quasi) dai gruppi tedeschi. Ma erano state anche fatte circolare indiscrezioni su imposte aggiuntive per altri beni di lusso, a cominciare dagli alcolici, che penalizzerebbero Francia e Italia. Oltre a Germania, Slovenia e a Malta, si sono opposte ai dazi anche Ungheria e Slovacchia: questi paesi valgono una produzione vicina ai 5,8 milioni di veicoli, oltre il 40% de totale comunitario.

Non solo la Germania, ma anche la stessa Commissione vogliono tuttavia continuare a trattare per “esplorare una soluzione alternativa”, naturalmente “pienamente compatibile con il WTO” e allo stesso tempo “adeguata ad affrontare le sovvenzioni pregiudizievoli accertate dall’indagine”.

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