
Testo di Marco Perugini
“Senza idonei correttivi, soprattutto nella riduzione delle emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera, la temperatura media del pianeta può salire di 3,5° entro il 2100”. Lo dichiara Didier Michaud, capo della divisione piattaforme e motori di Dacia, specificando che i trasporti incidono per il 23%, al pari dell’industria, e la mobilità di persone e merci su strada contribuisce per il 6%. Per Dacia diventa quindi fondamentale contenere non soltanto l’impatto carbonico della vettura nell’utilizzo su strada, ma il totale della CO2 prodotta dall’auto nell’intero ciclo di vita, dalla produzione fino al suo smaltimento finale.
Più in generale per il gruppo Renault, i cui veicoli – secondo Michaud – immettono nell’atmosfera 41 tonnellate di anidride carbonica nel loro ciclo vitale, entro il 2040 si dovrà raggiungere la neutralità carbonica nell’Unione Europea e dieci anni più tardi in tutto il mondo. La roadmap del marchio verso questi obiettivi prevede quattro step:
In quest’ottica diventa prioritario il contenimento delle emissioni di CO2 delle vetture su strada. Secondo Dacia, l’elettrico le abbatte del 100% rispetto a un motore endotermico, l’ibrido del 20%, mentre il mild hybrid e l’ECO-G (GPL) le contraggono del 10%. Il risparmio è ancora più evidente guardando l’intero ciclo vitale dell’auto: -60% per l’elettrico, -15% per ibrido e gpl, -10% per mild hybrid.
Oltreché quella carbonica, Dacia persegue la neutralità tecnologica, offrendo un ventaglio completo di motorizzazioni in risposta alle esigenze del mercato. Il Gpl è un elemento chiave: Dacia è leader con una quota del 40% e a settembre sarà raggiunto il traguardo di 1 milione di auto Gpl prodotte. Per il futuro non si esclude un ibrido a Gpl, tecnologicamente fattibile ma ancora non conveniente.
Le motorizzazioni ibride e mild hybrid saranno estese su altre vetture, a cominciare da Duster, mentre le frontiere dell’idrogeno e dei biocarburanti sono ancora lontane: verso la prima si muovono comunque progetti di Renault sui veicoli pesanti, mentre per la seconda Dacia è pronta ad investire sul bio GPL, le cui quantità sono ancora però fortemente marginali (solo il 2% del GPL venduto in Francia è bio).
Sull’elettrico il marchio è impegnato con una visione della e-mobility che prende già oggi le forme di Dacia Spring, il suv leggero senza fronzoli ma con tutto quello che gli automobilisti cercano in una compatta del segmento A. La Spring è l’interpretazione di Dacia dell’elettrica per gli spostamenti quotidiani: peso inferiore alla tonnellata, motore da 65 cavalli, batteria di 26,8 kW garantita 8 anni, 225 km di autonomia e costo sotto i 20.000 euro (sfruttando gli incentivi, c’è chi l’ha portata a casa con 8.400 euro).

Servono 11 ore per la ricarica in corrente alternata da 7 kW attraverso una normale presa domestica, ma con un punto da 16A il tempo si riduce a meno di 7 ore. In optional c’è il sistema di ricarica DC da 30 kW, con cui bastano 45 minuti per passare dal 20 all’80 per cento della batteria.
Secondo uno studio sugli utilizzatori della Spring elettrica nel mondo, illustrato dal product leader Clement Arié, l’auto viene utilizzata mediamente per 4 spostamenti quotidiani, la cui lunghezza complessiva non supera i 37 km. Il 75% delle ricariche avviene con la presa casalinga del garage. La stessa ricerca mostra per l’Italia dati ancora più interessanti: la percorrenza quotidiana non supera i 25 chilometri e l’82% delle ricariche avviene con un normale attacco domestico.
Dacia Spring si è rivelata per la maggioranza degli acquirenti una seconda auto in famiglia, che comunque risulta la più utilizzata nei giorni feriali. Confrontando la Spring con la Sandero SCE 65, le emissioni di CO2 sull’intero ciclo di vita dell’auto si riducono del 60%: un risultato importante, premiato con 5 stelle da Green NCAP che identifica la Spring come migliore auto nei test di impatto ambientale per CO2.
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