
Testo di Saverio Villa
La Mazda proprio non ce la fa a fare come gli altri. Deve sempre prendere strade alternative. Meglio ancora se in controtendenza. Così, mentre la maggior parte dei costruttori ha ormai sposato la filosofia del “downsizing”, ovvero della riduzione delle cilindrate (però col turbo) per contenere consumi ed emissioni, a Hiroshima vanno esattamente dall’altra parte. Cioè dell’“upsizing”, anche se loro preferiscono definirlo “rightsizing”, cioè del dimensionamento corretto. Almeno dal loro punto di vista.
Così, con l’aggiornamento per il 2025, la crossover CX-30, vale a dire il modello di maggior successo in Italia della Mazda, guadagna una nuova motorizzazione di ingresso che, però, ha una cubatura da alto di gamma: 2,5 litri. Questo nuovo propulsore aspirato a benzina, denominato e-Skyactiv G M Hybrid, va a sostituire il precedente 2 litri nelle versioni da 122 e 150 cv.

Ha una potenza di 140 cv (che non sono poi tanti rispetto alla cilindrata), la funzione di disattivazione di due dei quattro cilindri quando gli si richiede una bassa potenza, un rapporto di compressione elevato e un sistema mild-hybrid a 24 volt. Così facendo, stando ai dati dichiarati, i consumi si abbassano rispetto al precedente 2 litri entry level (mediamente – 1,65% ma fino a – 7,1% in autostrada) mentre la coppia cresce del 16%.

Rimane invece in gamma il 2 litri e-Skyctiv X da 186 cv con il sofisticato sistema Scci (Spark Controlled Compression Ignition) che varia il rapporto di compressione per funzionare come un diesel ai bassi regimi e come un benzina a quelli alti.
Su strada, in effetti, il nuovo 2500 da 140 cv ha un erogazione molto pronta, morbida e consistente ai bassi regimi. Che si traduce in un uso più limitato del cambio e in una marcia fluida, silenziosa e rilassante nell’impiego normale. Per contro non ha un gran mordente ai regimi alti, dove perde un po’ di smalto. Ma, dopotutto, al di là della cilindrata, non vuole essere un motore sportivo, quindi fa benissimo quello che gli è richiesto.

Può essere abbinato a un cambio manuale a sei marce che, coerentemente con gli standard della Mazda, ha una rapidità e una precisione perfino superiori a quello che si richiederebbe a una vettura di questo genere. In alternativa, c’è la trasmissione automatica, con lo stesso numero di rapporti, che fa onestamente il suo lavoro ma non svetta rispetta alla media come invece fa il cambio manuale.
Tra gli aggiornamenti della CX-30 bisogna inserire anche l’integrazione nell’infotainment dell’assistente vocale Alexa e l’introduzione di un sistema di navigazione sempre connesso. Non ci sono invece novità estetiche di rilievo fuori e dentro. La linea della CX-30 è filante e proporzionata, più “leggera” rispetto a quella della maggior parte delle suv, e dentro c’è una plancia classica.

Ci sono infatti tasti reali molto pratici e un cruscotto ampio e chiaro che dà indicazioni in formato analogico (anche se il tachimetro è realizzato in realtà con un display per offrire anche alcune informazioni in modalità digitale). E la Mazda mantiene volutamente anche la manopola fisica per gestire l’infotainment. Però la gestione di Android Auto e Apple CarPlay, che sono wireless, avviene tramite interventi touch sul display da 10,25 pollici.
I prezzi della CX-30 con il nuovo motore 2500 partono dai 27.950 dell’allestimento Prime Line, che prevede già cerchi in lega da 16 pollici, fari full led, navigatore, sensori di parcheggio posteriori e retrocamera, oltre a una ragionevole dotazione di adas. Tra allestimenti e serie speciali le possibilità offerte dal listino sono sei e il top di gamma Takumi arriva a 35.550 euro. A queste cifre vanno eventualmente aggiunti 2000 euro per la trasmissione automatica.
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