
“Sicurezza in auto: decenni di progressi, ma non per tutti”: Articolo in sintesi
Testo di Fabio Madaro
E quando uno dei più celebri designer della storia dell’automobile, Giorgetto Giugiaro, racconta di aver vissuto un incidente che avrebbe potuto avere conseguenze ben più gravi, le sue parole non passano inosservate. Non tanto per la dinamica dell’evento ma per la riflessione amara sulla sicurezza che ne deriva. “Se fossi stato alla guida di un’auto di venticinque fa, oggi forse non sarei qui a raccontarlo”, ha dichiarato in una recente intervista pubblicata sul quotidiano La Stampa. Un’affermazione che, letta con la lente dell’evoluzione tecnologica, suona come un promemoria di quanto la sicurezza a bordo sia cambiata, e migliorata, in modo impressionante negli ultimi due decenni. Ma è anche un invito a interrogarsi su chi, oggi, può davvero contare su questi sistemi salvavita. Perché, inutile nasconderlo, molte delle auto in circolazione – soprattutto in Italia – hanno ancora un’età anagrafica e tecnica ben lontana dagli standard attuali.
Leggi anche
Euro NCAP: le auto più sicure del 2025
Chiunque abbia avuto modo di guidare un’auto nuova e poi risalire su un modello di venti- venticinque anni fa – magari un’auto di famiglia rimasta in garage o un’anziana utilitaria di seconda mano – avverte subito la differenza. E non parliamo solo di comfort, connettività o prestazioni. Parliamo di sicurezza. A inizio anni Duemila, un’auto media poteva contare su airbag frontali, Abs e – non sempre – su sistemi come il controllo di trazione. I crash test Euro NCAP cominciavano a entrare nel dibattito pubblico, ma restavano qualcosa di tecnico, poco noto all’automobilista comune. Oggi invece è cambiato tutto: non solo le vetture sono progettate per proteggere al meglio in caso di impatto, ma si sono dotate di un’intelligenza preventiva che contribuisce in modo decisivo ad evitare gli incidenti. E questo è forse il vero grande salto qualitativo.

I progressi nella sicurezza passiva – cioè quella che protegge gli occupanti quando l’urto è inevitabile – sono stati notevoli: materiali compositi ad altissima resistenza, architetture deformabili studiate al millimetro, sistemi di ritenuta più efficaci e airbag posizionati in modo strategico per ridurre il rischio di lesioni. Ma è sulla sicurezza attiva che si è giocata la vera rivoluzione. L’arrivo dei cosiddetti sistemi ADAS, acronimo di “Advanced Driver Assistance Systems”, ha trasformato il concetto stesso di guida. Frenata automatica d’emergenza, mantenimento attivo della corsia, avvisi di stanchezza, sensori per l’angolo cieco, cruise control adattivo, riconoscimento dei segnali stradali, rilevamento pedoni e ciclisti: un arsenale tecnologico che, vent’anni fa, sarebbe sembrato fantascienza.

Eppure oggi è realtà. Una realtà che può davvero fare la differenza tra una frenata tempestiva e un impatto, tra una distrazione e una correzione automatica, tra un sorpasso azzardato e una segnalazione che invita alla prudenza. I dati parlano chiaro: secondo Euro NCAP, l’introduzione sistematica degli ADAS ha contribuito a una significativa riduzione della mortalità stradale negli ultimi dieci anni. Ma, e qui si torna al punto di partenza, non tutti possono beneficiarne.
Se è vero che molte utilitarie e vetture di segmento B e C offrono oggi, almeno in parte, questi sistemi di sicurezza attiva, è altrettanto vero che le versioni più complete – quelle davvero in grado di agire in tempo reale con la massima efficacia – sono spesso riservate ai modelli premium, o comunque inserite in pacchetti optional dai costi elevatissimi. Avere un’auto davvero “intelligente” e protettiva può significare spendere migliaia di euro in più. E in un momento storico in cui il mercato dell’auto soffre, in cui l’età media del parco circolante italiano oscilla tra i 12 e i 15 anni, il divario tra ciò che la tecnologia può fare e ciò che effettivamente fa sulle nostre strade diventa una questione sociale, oltre che tecnica.

A ciò si aggiunga che, secondo le ultime statistiche, il 40% delle auto che circolano in Italia ha più di 15 anni. Significa che milioni di veicoli non sono dotati né di Esp, né di sistemi di frenata automatica, né tantomeno di radar o sensori per la guida assistita. In altre parole, non hanno alcuna possibilità di “prevenire” l’incidente in modo tecnologico. Eppure sono quotidianamente esposte agli stessi rischi delle auto più moderne. Questo paradosso è destinato a pesare sempre più sul bilancio della sicurezza stradale nazionale, perché non basta avere vetture nuove se la maggioranza del traffico è ancora affidata a mezzi obsoleti.
Il futuro, nel frattempo, corre veloce. E se il presente ci ha portato fino alla guida assistita di livello 2 – quella in cui l’auto può frenare, accelerare e mantenere la traiettoria in autonomia sotto la supervisione del conducente – i prossimi passi si spingono verso livelli sempre più avanzati.
L’intelligenza artificiale avrà un ruolo chiave: le vetture saranno in grado di dialogare tra loro (Vehicle-to-Vehicle) e con le infrastrutture (Vehicle-to-Infrastructure), per anticipare pericoli invisibili al guidatore. I sensori LIDAR, già utilizzati nei test di guida autonoma e già presenti su alcuni modelli top di gamma, diventeranno sempre più compatti e precisi. Arriveranno airbag esterni per attutire l’impatto prima che colpisca l’abitacolo. Mentre i sistemi biometrici all’interno di alcuni modelli già monitorano costantemente il guidatore valutando gli indicatori di stress o sonnolenza del conducente, suggerendo pause o addirittura fermando il veicolo in caso di pericolo.
Non è più una visione futuristica: molte di queste tecnologie sono per l’appunto già in fase di sperimentazione avanzata o parzialmente presenti su modelli alto di gamma. Il tema, ancora una volta, sarà la diffusione: quanto tempo servirà perché queste innovazioni diventino uno standard e non un privilegio? E soprattutto, l’industria dell’auto avrà ancora i mezzi per accelerarne la democratizzazione?
In fondo, la tecnologia più utile è quella che salva vite, non quella che si limita a stupire. E per salvare vite, deve essere ovunque.

Lo ha ricordato Giugiaro nel suo racconto: la sicurezza è un diritto, non un optional. Ma come ogni diritto, va garantito, promosso e reso accessibile. L’auto del futuro sarà sempre più capace di proteggerci, a patto che non resti un lusso per pochi.
Nel frattempo, continuiamo a convivere con un parco auto spaccato in due: da una parte veicoli intelligenti e protettivi, dall’altra modelli vecchi e vulnerabili, eredità di un passato che fatica a lasciare il posto al nuovo. È un bivio importante e va affrontato con coraggio e responsabilità. Perché ogni incidente evitato, ogni vita salvata grazie alla tecnologia, è una conquista che deve riguardare tutti. Non solo chi può permetterseli.
Noleggio a lungo termine: i 10 consigli per scegliere bene. Dall’anticipo al canone, dai servizi alla restituzione dell’auto
Comprare auto cinesi conviene davvero? Oltre 50 auto tra cui scegliere. Abbiamo analizzato l'offerta di MG, BYD, Omoda e tutti gli altri brand del Dragone. Attenzione però ai falsi risparmi....