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Perché Toyota, Hyundai e Bmw credono ancora nell’idrogeno?

di Emiliano Ragoni - 08/04/2025

Auto a idrogeno

🔬 Introduzione

Toyota, Hyundai e Bmw sono tra i costruttori che continuano a investire sull’idrogeno. Questa tecnologia, che per quanto riguarda le auto è basata sulle celle a combustibile (FCEV), rappresenta una soluzione alternativa ma complementare all’elettrico a batteria. Tra le sue caratteristiche di punta vi è quella di poter offrire rifornimenti rapidi, lunga autonomia e zero emissioni allo scarico.

Viene visto come particolarmente adatto per la mobilità pesante e a lungo raggio (camion, autobus, treni, navi), dove le batterie hanno ancora limiti in termini di peso, autonomia e tempi di ricarica.

L’idrogeno, pur essendo un interessante vettore di energia ad oggi deve dimostrare ancora dimostrare le sue potenzialità. Eppure, aziende come Toyota, Hyundai e Bmw ci puntano ancora con progetti di Ricerca e Sviluppo che affondando le loro radici diversi anni fa. E non solo loro, quasi tutte le maggiori aziende automobilistiche hanno qualche progetto di mobilità che prevede l’impiego di idrogeno (la Honda è un’altra compagnia che ci ha puntato molto). E anche a livello istituzionale c’è tanta attenzione.

Non è un caso che l’Europa, attraverso il progetto denominato Hy2Move (finanziato dagli Stati Membri con 1,4 miliardi di euro a cui verranno aggiunti ulteriori 3,3 miliardi), dà importanza all’idrogeno focalizzandosi sul segmento della catena del valore, supportando lo sviluppo di mezzi di trasporto che utilizzando questa fonte energetica. L’idrogeno per il Vecchio Continente è considerato dalle istituzioni un tassello fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi del Green Deal.

🚘 Strategie dei costruttori

Toyota – Il pioniere convinto

Con la Mirai, la Toyota è stata tra i primi a commercializzare un FCEV. La sua filosofia punta alla neutralità tecnologica, offrendo una gamma mista (ibrido, plug-in, elettrico, idrogeno) per rispondere alle diverse esigenze dei mercati globali.

La Casa giapponese  ha recentemente presentato il sistema a celle a combustibile di terza generazione, che promette di ridurre i costi di produzione e di aumentare la durata del powertrain. Essendo più compatto, può essere utilizzato su camion di grandi dimensioni e su navi.

Le automobili a idrogeno, come la Toyota Mirai, che ha debuttato nel 2014 e attualmente è giunta alla seconda generazione, immagazzinano l’idrogeno in bombole ad alta pressione per immetterlo poi in una pila a combustibile (fuel cell). In quest’ultima avviene una reazione elettrochimica che genera elettricità, generando allo scarico dell’acqua.

Le automobili a idrogeno sono veicoli elettrici perché l’elettricità che viene prodotta dalla pila a combustibile aziona un motore elettrico collegato alle ruote. La batteria ad alta tensione presente sulla Toyota Mirai immagazzina l’energia prodotta dal motore in frenata, come fanno le ibride e le elettriche convenzionali.

La Toyota Mirai, vettura alimentata a idrogeno

Hyundai – Hydrogen Society entro il 2040

La Hyundai propone la Nexo e investe massicciamente in trasporti pesanti, logistica e mezzi industriali alimentati a idrogeno. Il piano Hydrogen Vision 2040 prevede un ecosistema completo, dalla produzione allo stoccaggio e alla distribuzione, supportato da un forte sostegno governativo sudcoreano.

In occasione del Seoul Mobility Show in Corea, la Hyundai ha presentato la nuova Nexo, seconda generazione della suv a celle a combustibile (FCEV) a idrogeno.

La seconda generazione della Nexo è il frutto di 27 anni di esperienza di Hyundai nella tecnologia FCEV.

Oltre all’estetica e agli interni, la seconda generazione della suv a idrogeno può vantare un nuovo sistema propulsivo, che passa da 135 kW (192 cv) a 190 kW (258 cv), mentre la batteria raddoppia, da 40 kWh a 80 kWh. Migliora anche la capacità di stoccaggio dell’idrogeno, che passa da 6,33 ai 6,69 kg, consentendo un’autonomia di 700 km. La Casa coreana ha previsto nuova funzione di Wake Up anti-congelamento per l’uso della vettura a basse temperature.

Bmw – Il ritorno dell’idrogeno in chiave tedesca

Dopo anni di ricerche la Bmw ha lanciato la iX5 Hydrogen. Per il gruppo tedesco l’idrogeno rappresenta una soluzione flessibile per mercati ad alta percorrenza o con rete elettrica debole. La produzione su scala è prevista dal 2028.

Il lancio della prima auto di serie a idrogeno è il frutto di un’alleanza strategica con Toyota, che risale al 2011 e che è stata ulteriormente ampliata lo scorso anno. Questa collaborazione di lunga data ha come obiettivo lo sviluppo di alimentazioni alternative e sostenibili per andare incontro alle diverse esigenze del mercato.

La suv Bmw iX5 Hydrogen, dotata di celle a combustibile e serbatoi a 700 bar, è la proposta della Casa tedesca e utilizza la medesima tecnologia che equipaggia la Mirai della Toyota.

Bmw e l’idrogeno

🌐 Contesto politico e infrastrutturale

  • Infrastrutture: Italia conta solo 2 stazioni attive. Obiettivo PNRR: 15 entro il 2026
  • Produzione: Oggi il 95% dell’idrogeno è grigio (da metano). Il “verde” è il futuro ma è costoso
  • Europa: Francia e Germania spingono con progetti come H2Mobility per la rete stradale a idrogeno

L’idrogeno ha delle potenzialità, ma allo stato attuale delle cose non può ancora essere considerato come un’alternativa all’auto elettrica. Ai tempi di rifornimento più rapidi, come pregio si aggiunge anche la facile trasportabilità, che può avvenire sotto diverse forme: compresso, liquefatto, in forma solida legato idruri metallici, in forma organica legato a composti organici.

Il problema principale riguarda le infrastrutture. Attualmente in Italia ci sono solo due stazioni operative: Bolzano e Mestre. Attualmente sono in essere diversi progetti che hanno come obiettivo quello di far aumentare questi punti di rifornimento.

La sicurezza è disciplinata dalla Norma UNI/TS 11844:2022, che prevede i requisiti minimi di progettazione e collaudo, stabilendo una pressione massima di esercizio (700 bar per auto, 350 bar per mezzi pesanti).

Secondo le norme italiane ed europee, le stazioni di idrogeno possono essere installate in ambito urbano, purché rispettino severe distanze di sicurezza da edifici residenziali (almeno 10-15 metri), inoltre devono essere presenti delle barriere fisiche, obbligatorie per ridurre il rischio di propagazione in caso di fuga o incendio. Chiaramente è preferibile l’installazione dei punti di rifornimento in aree industriali e lungo le reti stradali principali.

Tutte le stazioni devono avere degli idonei sensori per la localizzazione delle fughe, oltre alle valvole di sicurezza a rilascio controllato. Previsto anche il registro di manutenzione obbligatorio e il parere dei vigili del fuoco sul progetto di installazione.

A pesare è anche il costo per la realizzazione dell’impianto, che oscilla tra 1 e 1,5 milioni di euro a punto di rifornimento.

📈 Le difficoltà di produzione di idrogeno verde

L’idrogeno, essendo un vettore energetico flessibile, ha potenziali applicazioni in tutti i settori dell’energia. Tramite l’elettrolisi permette l’utilizzo dell’energia elettrica prodotta in modo discontinuo da fonti rinnovabili. In mancanza di queste ultime, i sistemi a FUEL CEL possono riconvertire l’idrogeno in energia elettrica.

L’idrogeno, avendo un’enorme carica energetica, è il combustibile perfetto perché libera il massimo di energia specifica (per unità di peso), sia nelle reazioni chimiche, sia in quelle nucleari. Può essere considerato come il miglior carburante per i motori a razzo in quanto vanta il più elevato impulso specifico (il più elevato coefficiente di spinta per unità di peso) fra tutti i combustibili chimici.

Sulla Terra, l’idrogeno non è presente nel suo stato elementare, ma è sempre in combinazione con altri elementi. Come il carbonio, con cui forma gli idrocarburi, l’azoto, con cui forma l’ammoniaca, e l’ossigeno, attraverso il quale forma l’acqua. Il nostro pianeta è coperto di acqua per nove decimi, ma la molecola dell’acqua è una delle più stabili in natura per cui, per scinderla in ossigeno ed idrogeno, occorre una grande quantità di energia. Stiamo parlando dell’elettrolisi, che per essere sostenibile dovrebbe utilizzare fonti rinnovabili.

Il metodo di produzione più diffuso oggi è denominato Steam Methane Reforming (SMR). Quest’ultimo rappresenta oltre il 95% della produzione mondiale e impiega il metano (CH₄), che viene scaldato con vapore d’acqua ad alta temperatura (700–1000°C) in presenza di un catalizzatore. È un metodo economico ma produce elevate quantità di CO2.

Lo Steam Methane Reforming (SMR) più il CCS (Carbon Capture and Storage), a differenza del precedente la CO₂ viene catturata e immagazzinata in giacimenti esauriti.

Il metodo di produzione più “verde” è comunque l’elettrolisi, a patto di impiegare però fonti di energia rinnovabili.

🧭 Conclusione

Toyota, Hyundai e Bmw guardano oltre i limiti attuali dell’idrogeno. Scommettere oggi su più tecnologie è un modo per non farsi trovare impreparati domani. L’idrogeno è ancora una nicchia e molto probabilmente manterrà questo status anche negli anni a venire. I vantaggi sono nulla a confronto degli svantaggi, specie se si fa un confronto con l’elettrico, che oggi è la forma di propulsione alternativa più promettente. L’elettrico è migliorato molto nel corso di questi ultimi anni; le batterie sono sempre meno costose, più leggere e più performanti. Probabilmente con la diffusione delle batterie allo stato solido si andrà anche oltre in termini di sicurezza.

Quindi perché questi tre grandi Case automobilistiche investono ancora nell’idrogeno? Sicuramente gli investimenti in ricerca e sviluppo sono stati allocati diversi anni fa. Quindi, lo sviluppo delle vetture a idrogeno deve proseguire. Questo non significa che un giorno diventeranno popolari, semmai l’idrogeno potrebbe rappresentare una valida alternativa se impiegato nei mezzi di trasporto pesanti come camion o navi.

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