
Al Salone IAA Mobility di Monaco, non si è vista una mera esposizione di modelli e prototipi. La rassegna tedesca ha detto molto altro. L’evidenza più lampante che è uscita fuori è che le Case automobilistiche cinesi sono approdate nel Vecchio Continente per restarci. Byd, Chery, SAIC, GAC e Hongqi sono solo alcune delle protagoniste di una strategia ben chiara, riassumibile con il claim: “in Europa, per l’Europa“.
Se fino a qualche anno fa la presenza cinese sul mercato europeo era marginale, oggi i numeri raccontano una storia diversa. Secondo Jato Dynamics, la quota di mercato dei marchi cinesi in Europa è salita al 4,8% nei primi sette mesi dell’anno. McKinsey stima che entro dieci anni possano raggiungere le quote attuali di giapponesi e coreani, pari rispettivamente al 14% e al 9%.
Dietro queste ambizioni c’è una strategia precisa: localizzazione, investimenti diretti, produzione in loco e centri R&D europei. La Byd ha annunciato l’apertura del suo stabilimento in Ungheria entro fine anno, mentre Xpeng ha inaugurato un centro di ricerca a Monaco. GAC ha lanciato il suv Aion V in Polonia, Portogallo e Finlandia e ha già pronto l’arrivo dell’Aion UT per il prossimo anno.
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Come evidenziato in un recente report della Reuters, le Case cinesi stanno adottando la stessa strategia che le tedesche hanno utilizzato per avere successo in Cina. Per penetrare un mercato competitivo come quello europeo, non basta adattare, bisogna “progettare per”.
Tuttavia, secondo Pedro Pacheco, analista di Gartner, non tutte le aziende del Dragone stanno adottando questa strategia. “Le case automobilistiche cinesi finora si sono limitate a modificare modelli già esistenti per adattarli ai gusti europei“. Lo stesso errore che, anni fa, ha frenato la penetrazione giapponese, superata solo con l’introduzione di modelli nativi, come la Toyota Yaris nel 1997.
Facendo un salto temporale ancora più grande, si tratta della fallimentare strategia impiegata dalla Fiat quando tentò di affermarsi in Cina semplicemente proponendo modelli già presenti sul mercato. Auto che chiaramente non erano adatte alle esigenze della popolazione locale.
Su questo fronte che si gioca la vera partita. Design, feeling e gusto europeo. I cinesi però sembrano aver capito che per far breccia in Europa servono prodotti accattivanti, tecnologici, ben equipaggiati e costruiti con standard qualitativi elevati. Come la Hongqi, marchio di lusso della statale FAW, che ha mostrato 15 modelli in arrivo entro il 2028 e che da sette anni è in possesso di un centro R&D in Europa.
Per convincere anche il consumatore europeo più scettico, serviranno auto pensate da zero per questo mercato, non adattamenti.

Con il mercato americano praticamente sbarrato per motivi geopolitici, l’Europa è diventata il teatro principale per le ambizioni globali delle case automobilistiche cinesi. La guerra dei prezzi domestica ha ridotto i margini in patria, rendendo cruciale l’espansione verso mercati profittevoli.
Le Case cinesi non stanno solo esportando auto, stanno esportando un modello industriale. E se il Vecchio Continente non sarà pronto a rispondere, rischia di ritrovarsi presto invaso da prodotti competitivi.
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