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Ivan Capelli prova la Bmw Z3 M

di Redazione - 01/06/2024

Ivan Capelli prova la Bmw Z3 M

Testo di Ivan Capelli, fotografie di Marco Zamponi

Scoperta youngtimer per eccellenza, Ivan Capelli prova per noi la Bmw Z3 M, e si lascia andare a qualche traverso.
La lingua inglese mi ha sempre affascinato, perché riesce con una singola parola a racchiudere un concetto. Nel caso specifico mi riferisco alla definizione “roadster” che viene così tradotta: “Auto scoperta, due porte, due posti, sportiva. Non una vettura da corsa, ma abbastanza potente da lasciare tutto nelle mani del pilota”.

Se ai britannici riesce bene concentrare il senso, ai tedeschi piace invece interpretare l’essenza e tradurla in un oggetto diventato culto. La Bmw Z3 è stata prodotta dal 1995 al 2002 non in Germania, ma oltreoceano, negli Stati Uniti d’America. Più precisamente nella cittadina di Spartanburg nella Carolina del Sud. Per un processo di espansione del marchio bavarese di cui questa vettura è stata la capostipite.

Un sei cilindri che batte forte

Oggi 420.000 Bmw di diversi modelli vengono prodotte ed esportate in tutto il mondo da questo sito industriale. La versione di punta, M come Motorsport, con il motore di 3,2 litri di derivazione M3, vede la luce nel maggio 1998. L’estetica varia poco rispetto al primo modello, con accorgimenti  aerodinamici sul paraurti anteriore per meglio incanalare l’aria nel motore e sfruttare la deportanza.

Gli sfoghi laterali a branchia, cromati, e i quattro vistosi terminali caratterizzano questa versione. Immaginata e tradotta su carta dalla matita del designer giapponese Joji Nagashima. Ci vogliono pochi passi per girare intorno alla vettura che ha una lunghezza lievemente superiore ai 4 metri. Quello che sicuramente salta all’occhio, rispetto ai modelli a quattro cilindri meno sportivi, sono i generosi passaruota posteriori, che allargano la vettura di 86 millimetri (a occhio sembrano anche di più e l’effetto è dovuto all’abbassamento da terra di 10 mm).

Ivan Capelli prova la Bmw Z3 M

A una linea così grintosa contribuiscono i cerchi da 17 pollici che calzano pneumatici 225/45 all’anteriore e 245/40 al posteriore. Pur mantenendo un equilibrio stilistico piacevole con la capote chiusa, il semplice desiderio di vederla aperta mi spingono a “scoprire” subito la Bmw Z3 M. Per effettuare questa operazione basta sganciare le due maniglie di sicurezza nella parte superiore del parabrezza e il motore elettrico pensa al resto. Una volta aperta, la M rappresenta il puro concetto di roadster, seppur il cofano anteriore prenda delle proporzioni importanti rispetto all’asse posteriore.

Bmw Z3 M, subito a mio agio

È un piacere lasciarsi scivolare dentro al sedile di guida che trasmette all’istante una sensazione avvolgente, cui contribuisce anche il generoso tunnel centrale che separa i due posti. Plancia strumenti e console racchiudono lo stile della famiglia sportiva Bmw degli anni 2000, con le tipiche lancette di colore rosso (per contachilometri e contagiri) replicate sugli indicatori delle varie temperature. E la tonalità arancione per le spie di servizio e per il carburante. Tutto caratterizza molto bene un abitacolo che, per spazi ed ergonomia, è improntato a un fine minimalismo.

Ivan Capelli prova la Bmw Z3 M

All’accensione, con gli scarichi così a portata di orecchio, è subito chiaro cosa ci si debba aspettare dal 6 cilindri in linea. I numeri non mentono: 325 cv a 7400 giri, coppia massima di 350 Nm a 3250 giri, accelerazione 0-100 in 5,4 secondi, velocità massima autolimitata a 250 km/h. Non serve un grande sforzo per schiacciare il pedale della frizione e, con l’immediatezza della leva corta, che conferma un’ergonomia perfetta, sento entrare la prima con quella classica ruvidità del cambio ZF Tipo C a 5 marce. A ogni cambiata, sia a salire sia a scalare, nella leva del cambio e conseguentemente nel palmo della mia mano destra, avverto distintamente la dinamica dell’inserimento del rapporto.

Ma quanto viaggia?

Si tratta di sensazioni preziose, che aumentano il piacere di guida. Sfioro l’acceleratore e il 6 cilindri della M3 E46, ultima versione leggermente depotenziata (325 vs 343 cv) di questo propulsore montato sulla M Roadster. Mi avverte che dovrò ben posizionarmi sul sedile per riuscire a gestire tutta la cattiveria.

Scelgo un breve rettilineo per la prima vera accelerazione, schiaccio il pedale a fondo corsa. La velocità sale progressivamente, mentre le marce entrano senza esitazioni. Provo l’impianto frenante, con dischi freno autoventilanti (da 315 mm) all’anteriore e pieni (da 312 mm) al posteriore, e la Bmw Z3 M fa valere anche in questa situazione il ridotto peso di 1425 kg, fermandosi in pochi metri. Riparto immediatamente affrontando con grinta un cambio di direzione in una chicane doppia e lo sterzo si conferma reattivo e preciso.

Pronti al traverso?

Sfrutto ancora la terza marcia per raggiungere la giusta velocità e, al momento di frenare, mi viene automatico utilizzare il punta-tacco: freni e cambio mi assistono perfettamente. L’inserimento è reattivo e preciso, merito anche dell’interasse così corto e delle azzeccatissime geometrie del telaio. A centro curva, in seconda marcia, cerco l’acceleratore ed esagero un po’. Il posteriore si siede per trasmettere al terreno il grip dei pneumatici, ma la mia richiesta di potenza è troppa e le gomme cominciano a scivolare.

La prima parte della sbandata è violenta e la riesco a controllare solo con movimenti rapidissimi delle mani. Trovato il giusto grado di volante per il controsterzo, entra in gioco la sensibilità sull’acceleratore per gestire la parte finale in uscita. Questa volta mi si presenta una curva con un raggio più ampio e l’impegno laterale è maggiore e per un tempo superiore. I movimenti longitudinali e trasversali sono importanti e ancora una volta l’equilibrio della traiettoria in curva viene determinato dal perfetto allineamento tra sterzo e quantità di acceleratore.

Cavallo di razza la Bmw Z3 M

È un piacere poter liberare i cavalli della Bmw Z3 M e l’aspirazione del motore viene sovrastata dal rumore pieno e profondo che proviene dai quattro terminali di scarico. Mi ritrovo nuovamente ad affrontare una curva stretta da seconda marcia e aumento la mia velocità cercando più tenuta di strada. Questa volta l’anteriore sembra scappare via leggermente con un sottosterzo in inserimento che mi costringe ad aumentare i gradi sul volante per correggere la traiettoria.

A metà curva ritrovo grip sull’asse anteriore, mentre il posteriore è già al limite: chiedo maggior potenza ed ecco che mi ritrovo in sovrasterzo in uscita di curva. Il differenziale autobloccante al 25% mi aiuta a gestire la sbandata controllata e tutto questo aumenta l’esaltazione alla guida, ma dimostra anche quanto la Z3 M sia sensibile ai trasferimenti di peso longitudinali e trasversali.

Imparate i movimenti

Il passo di 2459 mm e le misure delle due carreggiate (1422 mm l’anteriore e 1492 mm la posteriore), rendono la M Roadster, perlomeno nella guida al limite, particolarmente sensibile ai trasferimenti di carico. Per sfruttare al meglio le caratteristiche di questa Z3 è importante avere ben presenti le dinamiche del veicolo e quanto nella guida possano incidere i movimenti di volante, acceleratore e freno.

Sì perché siamo noi, governando questi tre elementi, a determinare gli equilibri dei pesi che si spostano sugli ammortizzatori. E, di conseguenza, sui pneumatici. I sistemi elettronici presenti per il controllo della stabilità e della trazione (Asc+T), se non si esagera, offrono la giusta tranquillità quando si è al volante: potete dunque godervi la M Roadster senza essere piloti di F1 o agenti segreti.

E già, perché nel 1995 Pierce Brosnan, interpretando l’agente 007, ha utilizzato una Z3 (non M) nel film “Golden Eye”. Riguardando alcune scene del film, posso assicurarti che sul set la spider sia stata strapazzata più che nella nostra prova.

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