
Testo di Adriano Tosi, Fotografie Fred Falco
Un confronto atipico quello tra Alfa Romeo Stelvio e Mercedes Classe C All Terrain. Sua altezza la suv contro la famigliare rialzata. Sono bastati circa 20 centimetri in più di estensione verticale rispetto a berline e station wagon, alle sport utility, per diventare il fenomeno di mercato degli ultimi 20 anni, mese più mese meno. Ok, si tratta di una semplificazione evidente, perché oltre alla “statura”, o come diretta conseguenza di essa, in favore di questa tipologia di auto ci sono anche una maggiore facilità per entrare/uscire, una spiccata capacità di adattarsi a terreni difficili (senza esagerare, almeno nella maggior parte dei casi) e una superiore sensazione di sicurezza percepita, regalata proprio dalla seduta rialzata.

Senza dimenticare ciò che da sempre ricopre un ruolo fondamentale nelle decisioni d’acquisto: il fattore moda. Un’influenza esterna che solo su alcuni non sortisce effetto; è esattamente a questa tipologia di consumatore (non maggioritaria), quello che decide come spendere i propri soldi senza farsi influenzare dai trend di mercato, che si rivolgono modelli come la Mercedes Classe C All Terrain.

La ricetta, resa un successo commerciale da Audi con A4 e A6 Allroad e poi ripresa da tantissimi altri marchi, prevede la station wagon come base di partenza, cui aggiungere l’assetto rialzato (+4 cm nel caso della Mercedes), la trazione integrale (anche se questo ingrediente non è strettamente necessario, nemmeno sulle suv peraltro), un look più “rude”, frutto di protezioni più massicce su paraurti e passaruota, e poco altro. Il risultato? Quello ottenuto dai designer Mercedes è più che buono: non ci sono eccessi, eppure nella Classe C All Terrain si riconosce immediatamente il tocco offroad.
Il che è abbastanza curioso perché, come in una sorta di crisi di identità collettiva, sull’altra sponda le suv hanno fatto di tutto, negli anni, per togliersi di dosso qualsiasi connotazione da fuoristrada. Una tendenza evidente nei paraurti in tinta e nell’assenza di qualsiasi profilo a protezione della vernice. Per non dire delle suv-coupé, genere al quale l’Alfa Romeo Stelvio si potrebbe ascrivere, secondo qualcuno.
Classificazioni a parte, che oggi risultano quanto mai limitanti, la sport utility italiana è tra le più sportive in assoluto e, con l’allestimento Competizione nelle foto, sembra pronta per scendere in pista, più che in un guado. Look a parte, è soprattutto quando cominciano le curve che la Stelvio inizia a essere un’Alfa Romeo nell’accezione più autentica.

Il bello è che, grazie alle sue sospensioni raffinate, che assicurano precisione in curva senza richiedere tarature eccessivamente rigide di molle e ammortizzatori, ci si diverte nel misto senza pagarne le conseguenze sulle buche, che vengono filtrate alla grande; solo le sconnessioni più secche della città innescano qualche scossone, comunque ben filtrato. Un equilibrio che permette alla Stelvio, nonostante lo svantaggio oggettivo del baricentro più alto, di fare meglio della C All Terrain sul fronte del piacere di guida, pareggiando su quello del comfort delle sospensioni.

Il tutto, con un motore che tira fuori la bellezza di 280 cv e ha, come unico limite, una certa pigrizia sotto i 2500 giri. O meglio, c’è anche un altro limite, ma fisiologico: i consumi elevati. In città non si arriva a 8 km/l, nei tratti extraurbani si toccano i 14, mentre in autostrada si rimane attorno ai 10 km/l. In totale, anche guidando in modo attento, è difficile far meglio dei 10,5 km/l. Una percorrenza non eccezionale.
Si sta in alto, come “suv comanda”, ma fortunatamente ci si ritrova con le solite, millimetriche regolazioni dei comandi principali, che si pretendono da un’Alfa Romeo. Rispetto alle Stelvio prima maniera, la differenza più grande ce la si trova davanti agli occhi: è la strumentazione digitale.

Le lancette sono state sostituite da un pannello digitale di 12,3”, personalizzabile, che i nostalgici terranno fisso nella modalità a lancette, per quanto virtuali, in stile anni 60. Già che siamo in zona, se è vero che la diagonale di 12,1” dello schermo centrale è generosa, è altrettanto vero che la sua altezza è talmente ridotta da risultare talvolta limitante, soprattutto quando si vuole esplorare la mappa, o in manovra con la telecamera di parcheggio.
Sempre in tema di connettività, grazie ad Alfa Connect Services sono disponibili aggiornamenti “over the air”, mentre con la funzione “My Remote” si possono controllare a distanza, via smartphone o smartwatch, alcune funzionalità come apertura/chiusura porte e lampeggio luci.
La tedesca, però, un po’ grazie alla carrozzeria più bassa e un po’ per la fissazione quasi ossessiva di Mercedes per lo studio in galleria del vento, è praticamente imbattibile in velocità e per l’assenza di fruscii aerodinamici. Diretta conseguenza di ciò è anche l’efficienza della C wagon, che riesce a farsi bastare un litro di gasolio per 18,5 km in autostrada; non va male nemmeno in città, con 14,8 km/l, in extraurbano siamo in zona 22 km/l, per una media attorno ai 19 km/l.

Il merito di queste percorrenze, che se non sono da record poco ci manca, va anche al modulo ibrido. Tecnicamente, visto che la parte elettrica non può muovere in autonomia la macchina, questo powertrain Mercedes si definisce mild hybrid. A differenza di quanto spesso accade con questa tecnologia, in cui l’elettrico è relegato al ruolo di comparsa praticamente inavvertibile, qui la rete a 48 V e un motore a elettroni “serio” fanno la differenza.

I benefici effetti della doppia propulsione si avvertono sia in fase di accelerazione sia, come già specificato, dal distributore. Nel dettaglio, il modulo di elettrificazione fornisce fino a 15 kW di potenza e 200 Nm di coppia aggiuntivi. E non è solo una questione di prendere velocità più in fretta ma anche e soprattutto di superiore fluidità, perché la spinta dell’elettrico, subito disponibile, sgrava il diesel ai bassissimi regimi, zona nella quale inevitabilmente un motore a combustione (a maggior ragione se non è un sei cilindri in linea o un V12 ed è a gasolio) genera le maggiori vibrazioni. Tutto questo, abbinato alle 9 marce che il cambio automatico gestisce in modo vellutato, permette di viaggiare esattamente come ci si aspetta di farlo su una Mercedes: nel massimo comfort.
L’abitacolo della Classe C presenta un gran dispiegamento di pollici, intesi come generosa estensione di schermi touch, dai quali comandare praticamente tutto, anche il climatizzatore, che per fortuna ha delle icone belle grandi e sempre in evidenza per regolare la temperatura.
Forse qualche comando fisico in più, fatto bene come Mercedes insegna, avrebbe regalato quella soddisfazione tattile che su un’auto di questo livello ci si aspetta. Per capirci, è un po’ come la differenza che separa lo smartwatch e l’orologio meccanico. Il primo fa infinite più cose, le fa meglio, è più leggero, costa meno; il secondo resta inarrivabile quando lo si guarda, lo si tocca, lo si abbina all’abbigliamento.

Qui, peraltro, si sarebbe trattato di lasciare fuori dallo schermo i già citati comandi del climatizzatore, che di fatto hanno due sole funzioni, basilari: alzare e abbassare la temperatura. Questa razionalizzazione, d’altro canto, ha liberato un sacco di spazio: la leva del cambio dietro al volante permette, per esempio, di avere un “pozzetto” in un’area che, sulla Stelvio, è occupata appunto dalla leva della trasmissione e da vari altri tasti fisici.
Non ci sono grosse differenze da segnalare a livello di spazi: entrambe si adattano alla perfezione a famiglie di quattro persone; il quinto, che sia un bambino o un ragazzino, è un po’ sacrificato. Più che altro, c’è un dettaglio che non ci si aspetterebbe, data l’ottima (e meritata) fama di Mercedes: gli scricchiolii che provengono dai pannelli di rivestimento della plancia e dei pannelli porta.
Rumori che si percepiscono già con la pressione di un dito (e ok, potete anche non farlo) ma anche e soprattutto, quando si incontrano buche abbastanza profonde. Risulta molto più solida la Stelvio, smentendo così i luoghi comuni. E con le grandi dimensioni, diesel batte ancora benzina (salvo elettrificazioni “pesanti” e sempre che non si viva in città, causa limitazioni). Prezzi: 66.096 euro per la C220 d, 73.150 per la Stelvio.
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