
Tributo al motore V10 Lamborghini, protagonista di vent’anni di storia e andato in pensione un anno fa. Per celebrarlo, abbiamo affidato al nostro tester d’eccezione Ivan Capelli, ex pilota di Formula 1, una prova in pista back to back tra Lamborghini Gallardo LP-500 e Lamborghini Huracán Tecnica, l’ultimo, indimenticabile grido del dieci cilindri. Ivan Test dall’archivio della rivista Youngclassic, febbraio 2025.

Testo di Ivan Capelli, foto di Wolfango
Quando ero bambino, camminando per la città di Milano, ammiravo i pochi bolidi che allora si potevano incontrare, con le forme disegnate dai più famosi stilisti; riconoscere quelle auto da lontano era il mio gioco. La sua evoluzione consisteva nel camminare spalle al traffico e indovinare quale fosse il rombo del motore che sopraggiungeva. Questo è stato il flashback che ho provato quando sono arrivato alla pista dell’Aci a Lainate (MI) e ho sentito dal parcheggio il suono della Gallardo, primo modello della casa di Sant’Agata Bolognese a montare il V10, e della Huracán Tecnica, l’ultima Lambo con il “cuore” così frazionato.
La storia ci dice che il V10 Lamborghini calca per la prima volta il palcoscenico del Salone di Ginevra nel 2003 quando viene abbinato alla Gallardo, ottenendo subito un bel successo da parte del pubblico e di vendite. In realtà il progetto parte da molto più lontano, vale a dire dal 1987 quando, con il progetto siglato LP 140, si pensa di produrre la prima “Lambo” compatta.

Dapprima viene valutato un 8 cilindri, ma poi ci si orienta nella scelta sul V10: la potenza nella prima versione del 5 litri con quattro valvole per cilindro è di 500 cv. Soprattutto la progettazione del propulsore ha un impatto fondamentale sul concetto della Gallardo. La scelta di 90 gradi come angolo di bancata, rispetto ai 72 iniziali, permette di avere la vettura più bassa al retrotreno per aumentare la compattezza e raggiunge l’obbiettivo di abbassare il centro di gravità per avere migliori caratteristiche dinamiche.
Nelle varie evoluzioni del binomio Gallardo e V10, a Ginevra nel marzo del 2010 viene lanciata la versione più dinamica, leggera e potente con i suoi 570 cv e il peso ridotto di 70 kg: è la Gallardo LP570-4 Superleggera, che vanta un rapporto peso/potenza di appena 2,35 kg per cv. Il 25 novembre 2013 l’ultimo esemplare completa il suo percorso nella linea di produzione. In 10 anni la Gallardo, con le sue 32 versioni, è stata venduta in 45 paesi per un totale di 14.022 unità.

Il colore giallo della vettura davanti a me esalta le forme del progetto nato dai primi tratti commissionati all’Italdesign di Giugiaro e poi finalizzato dal neonato centro stile Lamborghini guidato all’inizio da Luc Donckerwolke. La carrozzeria mostra spigoli vivi che nel tempo verranno sempre più esaltati e il caratteristico parabrezza molto inclinato con il montante in forte tensione.

Ed è quello che si percepisce calandosi nell’abitacolo della Gallardo, dove la parte superiore della plancia mostra anch’essa una forma inusuale per raccordarsi alla base del parabrezza. Il collegamento al tunnel centrale raggruppa sistema radio e pulsanti già abbozzando lo stile aeronautico sviluppato da Lamborghini nei modelli successivi.

Il volante privo di comandi e la leva del freno a mano posta nella parte superiore del tunnel evocano quello che era lo stile e le necessità di vetture sportive degli anni 90. Inserisco la prima con il cambio robotizzato e percorro i primi giri alla riscoperta della Gallardo. Mi devo abituare a capire la vettura non solo nella distribuzione dei pesi, ma anche nella percezione che mi dà il posto guida così avanzato, altra peculiarità del progetto Gallardo. Così arrivo alla prima frenata e affondo il pedale del freno. Il trasferimento del peso è tangibile, ma questo non mi penalizza nell’inserimento in curva.

Premo l’acceleratore con una certa veemenza e il V10 risponde con forza, ma mantenendo una equilibrata linearità nel rilasciare la potenza. Chiamo la cambiata al rapporto superiore con le palette sul volante e il 6 marce, dotato di sincronizzatore a doppio e triplo cono, mi asseconda con una rapidità adeguata. A centro curva accelero e mentre i giri salgono al limite dei 6500 arriva la spinta massima dei 540 Nm di coppia con il retrotreno che vorrebbe scivolare verso l’esterno. È un equilibrio per intenditori del volante perché, quando la Gallardo va in sovrasterzo, lo fa con lo schiaffo delle vetture prive di quell’elettronica che oggi aiuta tanto a sentirsi piloti di Formula 1.

I sedili, votati più al comfort, in questa situazione al limite denotano il fatto di non essere propriamente contenitivi. Questo mi porta ad avvicinarmi di qualche millimetro al volante per poter essere più reattivo e cercare di mantenere il corpo più fermo. Nella parte veloce della pista di Lainate l’inserimento in curva è preciso pur se le barre stabilizzatrici non limitano abbastanza il rollio, ma questo deriva dalla necessità di una scelta più votata a trovare il giusto compromesso per l’utilizzo su strade convenzionali.

Nel prosieguo del curvone il peso si trasferisce sul lato esterno e devo correggere un paio di volte il desiderio del retrotreno di scivolare verso l’esterno. Una volta stabilizzato il rollio la Gallardo sfrutta la dinamica delle sospensioni per trasferire grip ai pneumatici Pirelli P Zero 295/30 montati su cerchi da 19 pollici.
La collaborazione tra Lamborghini e Pirelli risale agli inizi della casa del Toro: i pneumatici milanesi erano montati sulla 350 Gtv, la prima auto pensata da Ferruccio Lamborghini, presentata al Salone di Torino del 1963. Lo stridere delle gomme non mi ferma nell’aprire il gas perché ho capito quali sono i limiti della Gallardo, nell’esaltazione degli ultimi giri dove l’attenzione deve essere sempre posta nell’avere la prontezza di anticipare le mosse del retrotreno.

Come in una gara di durata al cambio pilota, scendo dalla Gallardo e mi metto al volante della Huracán Tecnica. La prima sensazione dell’evoluzione è legata al tatto. Il volante con l’impugnatura in Alcantara denota l’attenzione dei particolari verso la sportività, completandosi con la sensazione di contenimento dei sedili dove i supporti sono già percepibili da fermo. L’abitacolo mostra in tutti i suoi dettagli la ricerca dell’esaltazione nel design di stile aeronautico.

Dal quadro strumenti, alla plancia centrale con i vari comandi, fino al volante multifunzione e all’oramai celebre sistema di accensione con il pulsante protetto dal coperchio rosso. Il sistema Ldvi (Lamborghini Dinamica Veicolo Integrata) permette di controllare gli assetti dalla modalità Strada, dove cambio e motore sono tarati per un uso quotidiano, allo Sport, dove la sola trazione posteriore si esalta con la possibilità di controllare il sovrasterzo, cosa che avviene al primo tornante che affronto mentre sono alla ricerca del limite in uscita. Per arrivare alla modalità Corsa dove si conferma lo spirito sportivo della versione Tecnica.

Alla prima frenata violenta affondo il pedale come nei giri precedenti, ma vengo preso in contropiede dalla potenza dell’impianto frenante con i dischi in carboceramica, con dimensioni di 380 mm all’anteriore e 356 mm posteriori. Lo stesso stupore lo provo alla prima accelerazione in uscita perché il V10 di 5,2 litri eroga una potenza di 620 cv e una coppia di 565 Nm a 6500 giri. La reattività nei cambi di direzione è evidente e mi impone di ritrovare un nuovo ritmo di guida. Sarà una reazione emotiva, ma nelle accelerazioni sembra di avere il 10 cilindri in abitacolo, per quanto si fa sentire al terminale di scarico tutta la potenza.

Affronto nuovamente il punto di grande decelerazione e questa volta trovo il giusto momento d’attacco. La stabilità della Huracán Tecnica viene aiutata da un cambio a 7 rapporti con una risposta velocizzata sia in scalata sia in progressione. È nel cambio di direzione nella chicane che la Huracán sfrutta il favorevole rapporto peso-potenza di 2,15 kg/cv, dovuto al peso minimo di appena 1379 kg.

Nel rettilineo che mi porta alla curva veloce le spie del limitatore sul quadro strumenti mi aiutano a sfruttare a pieno l’esuberanza del V10 che raggiunge il culmine ai 640 cavalli a 8000 giri. Nell’inserimento in curva uso meno sterzo per una precisione dovuta al carico aerodinamico prodotto dalla stabilità indotta dall’alettone fisso posteriore e dallo splitter anteriore che aiuta i pneumatici anteriori montati su cerchi da 20 pollici a reagire alla sterzata violenta. In pieno curvone affondo l’acceleratore per una percorrenza che si fa sentire nella forza G laterale che aumenta proporzionalmente.

È sempre esaltante avere la possibilità di provare in pista vetture nello stesso momento per avere il back to back, un test in continuità. Il tempo trascorso tra la Gallardo e la Huracán Tecnica è evidente nelle reazioni della prima con una progressione più gentile, dove però il pilota ha la necessità di sapere il fatto suo nella gestione della guida per anticipare l’inerzia prodotta dal controsterzo al retrotreno.

Nella seconda, tutto è improntato sulla reattività di ogni singolo componente tecnico, coinvolgendo freni, sospensioni, telaio. L’elettronica entra in modo preponderante come facilitatore per una vettura dalle prestazioni così elevate, altrimenti destinata al solo utilizzo in pista.
Anello di congiunzione tra le due è il V10 Lamborghini che ha caratterizzato un periodo storico e distribuito sorrisi di goduria ai suoi proprietari per vent’anni. Peccato solo dover dare l’addio a questo frazionamento.

Dopo oltre dieci anni, i capolavori dello storico marchio torinese rientrano nella città natale per essere esposti all’Heritage Hub di Stellantis. Il ritorno coincide con il 60° anniversario dell’ASI
Archivio lac: ripeschiamo la cover story del numero 20 de l'automobileclassica con protagonista la Ferrari 512 BB