Sul nuovo numero de l’automobileclassica di agosto-settembre troverete il resoconto della nostra 1000 Miglia Classica. Qui, invece, vi riportiamo il racconto dell’altra 1000 Miglia, quella delle Ferrari Tribute, fatto da uno dei suoi partecipanti, Alessandro Giudice, a bordo di una meravigliosa 550 Maranello del 1999.
Testo di Alessandro Giudice
Per partecipare all’altra 1000 Miglia occorre alzarsi tra le quattro e le quattro e mezza del mattino.
Una volta in strada, dopo colazioni servite da camerieri ancora assonnati, si scopre il fascino delle albe italiane, partendo da grandi centri urbani verso comuni più o meno piccoli, da svegliare con rombi di motore che ricordano le imprese leggendarie che proprio la rievocazione della 1000 Miglia ripropone da anni. Lo fa con un successo crescente, che significa costante aumento di richieste di partecipazione (quest’anno sono state 700 a fronte delle 450 selezionate) e dei chilometri percorsi, ormai arrivati a quota 2000.
Per dare a un più ampio pubblico di appassionati l’opportunità di provare l’emozione di questa cavalcata attraverso le strade del centro-nord Italia, da qualche anno si disputa il 1000 Miglia Ferrari Tribute, una gara parallela sullo stesso itinerario e gli stessi controlli orari della “corsa madre” ma riservato alle auto del Cavallino rampante, divise tra storiche e moderne: 132 Ferrari che precedono la corsa principale e che, proprio per questo, partono quando ancora fa buio. Un’opportunità che abbiamo potuto cogliere anche noi, ospiti a bordo di una 550 Maranello del 1999 del team Milano Classiche, tre Ferrari – compresa una Testarossa dell’87 e una F355 Berlinetta del ’94 – sponsorizzate da Azimut, società finanziaria internazionale creatrice di AHE (Automobile Heritage Enhancement), fondo d’investimento basato sulle auto storiche.
L’avventura del 1000 Miglia Ferrari Tribute 2024 è quindi partita nel primo pomeriggio di martedì 11 giugno dal Lago d’Iseo, in piena Franciacorta, per concludersi quattro giorni dopo in viale Venezia, a Brescia, da sempre storica sede del traguardo della corsa. Nel mezzo, un paio di migliaia di chilometri percorsi rigorosamente su strade provinciali e statali, scortati da una folta pattuglia motociclistica della Polizia Stradale, i veri “angeli custodi” del gruppo. Angeli appassionati e quindi non troppo severi nel giudicare qualche eccesso prestazionale su strade spesso deserte e disegnate in panorami mozzafiato. Con tutti quei cavalli a disposizione, la tentazione di eccedere era sempre in agguato anche se poi ha prevalso il piacere di godersi alcuni dei tratti più iconici della storica 1000 Miglia. Come i passi di Futa e Raticosa, tra il Mugello e Bologna, dove le curve presidiate dai tifosi con striscioni, cartelli e stendardi trasformavano immediatamente una bella salita in un’impresa mistica: difficile non farsi coinvolgere con tornanti un po’ driftati. La gente lungo il percorso ha rappresentato la variante più eccitante di tutta la manifestazione. Grazie alle migliaia di bandierine bianche con freccia rossa generosamente distribuite dall’organizzazione, il passaggio nei paesi si è trasformato in una festa popolare accompagnata dalle grida eccitate dei bambini delle scuole e dalle richieste del pubblico (regolarmente soddisfatte dai partecipanti) di far sentire l’urlo dei 6, 8, 12 cilindri e di dare gas, sempre e comunque.
Nel gruppo delle Ferrari, grande ammirazione per le 17 youngtimer – che, oltre a quelle del team Milano Classiche, comprendevano Dino 246 GT, F355 GTS e Spider, 575 Maranello, 360 Spider e Challenge Stradale, F430 Spider oltre ad una magnifica Enzo – anche se erano i modelli via via più recenti a stimolare la fantasia e l’adrenalina dei più giovani. D’altra parte l’evoluzione tecnica delle auto del Cavallino è prorompente, così come il livello di prestazioni, e questo il pubblico lo sente: basti pensare, ad esempio, che la più recente 296 GTB sulla pista di Fiorano stacca tempi inferiori a una hypercar mitica come LaFerrari. Quello che allora conta è il significato che ogni modello ha rivestito nel momento in cui è nato, esattamente come il tributo che Ferrari rende alla Mille Miglia rappresenta il legame speciale che la gara ha avuto con il Commendatore. Per il quale è stata una croce e una delizia: la prima perché fu il drammatico incidente di una sua auto, la 335S di Alfonso De Portago e Edmund Nelson, a decretarne la fine nel 1957; la seconda perché furono le sue auto a firmare alcune delle imprese più esaltanti sul percorso Brescia-Roma-Brescia e fu proprio Enzo Ferrari a battezzarla “la corsa più bella del mondo”, una definizione che resiste nel tempo e che viene confermata dall’entusiasmo contagioso che prende concorrenti e pubblico al suo passaggio. E che porta i 132 equipaggi del Ferrari Tribute ad alzarsi per quattro giorni all’alba, sobbarcandosi 10 ore di guida col sorriso sulle labbra.
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