
Testo di Fabio Madaro
A vent’anni di distanza, la Volkswagen Golf è ancora l’auto compatta per eccellenza. Ma confrontando la quinta serie del 2003 con l’attuale ottava generazione, emergono profonde differenze in stile, dotazioni, motori e filosofia. Ma è davvero tutto meglio oggi?
A volte bastano pochi anni perché un modello d’auto cambi radicalmente. Figuriamoci in vent’anni. Tecnologie, normative, gusti stilistici, esigenze di mobilità: tutto evolve, e con esso anche le auto che – almeno nel nome – sembrano restare le stesse. Ma lo sono davvero? Spesso no. Dietro la continuità di una sigla si nascondono trasformazioni profonde, che rispecchiano i tempi e le persone a cui quell’auto si rivolge.
È da questa riflessione che nasce l’idea di alcuni articoli dedicati al confronto tra generazioni distanti due decenni dello stesso modello. Una sorta di viaggio nel tempo per raccontare come si è evoluta l’auto, ma anche la società che la utilizza. Il primo capitolo di questa serie non poteva che essere dedicato alla Volkswagen Golf, una delle compatte più iconiche e longeve di sempre. Nel 2003 usciva la quinta generazione; oggi, vent’anni dopo, è ancora sul mercato l’ottava. Ma cosa è rimasto uguale? E cosa è cambiato del tutto?
Il confronto tra Golf V e l’attuale Golf VIII ci racconta quanto anche un modello apparentemente immutabile possa cambiare quasi radicalmente in vent’anni. È una trasformazione silenziosa ma continua, che parla non solo dell’auto ma anche di noi, di come siamo cambiati come automobilisti e come società.
Ma la Golf non è un caso isolato. Nelle prossime settimane continueremo questo viaggio attraverso il tempo confrontando altri modelli iconici, per scoprire come si sono evoluti, quali elementi hanno conservato e cosa invece hanno perso lungo il cammino. Perché osservare l’auto di ieri e quella di oggi, fianco a fianco, è un modo efficace per capire meglio anche il mondo che ci circonda.

Venti anni possono sembrare un tempo relativamente breve. Ma nel mondo dell’auto, sono un abisso. Tecnologico, normativo, stilistico. Per rendersene conto basta guardare questi due modelli apparentemente simili ma in realtà distanti anni luce: la Volkswagen Golf V, lanciata nel 2003, e l’attuale Golf VIII, in listino dal 2019 ma costantemente aggiornata. Due berline nate per essere “l’auto per tutti” del proprio tempo, ma profondamente diverse nel contenuto, nella filosofia e anche nel modo di relazionarsi al guidatore. Cosa è cambiato davvero? E c’è qualcosa che forse abbiamo perso per strada?
Nel 2003, la Golf V rappresentava un punto di svolta. Dopo la quadrata sobrietà della terza serie e l’eleganza razionale della quarta, questa nuova generazione segnava un’evoluzione più decisa, con linee più morbide e moderne, fari a goccia, un frontale più dinamico. Era lunga 4 metri e 20, larga 1 metro e 76 e alta poco meno di 1 metro e 50. A guardarla oggi sembra compatta e solida, perfettamente in linea con i gusti dell’epoca, ma soprattutto coerente con la filosofia Volkswagen: concretezza tedesca, attenzione ai dettagli, niente eccessi.
Sotto il cofano della Golf V c’era una gamma motori molto varia: benzina aspirati 1.4 e 1.6, il turbo 1.4 TSI e il famoso 2.0 TFSI da 200 cavalli della GTI, a cui si affiancava la potente R32 con il V6 da 250 cavalli, trazione integrale e cambio DSG. Già, il DSG. Era una vera rivoluzione per l’epoca: doppia frizione, cambiata rapidissima, fluidità inedita su una vettura compatta. Al tempo stesso erano disponibili i classici turbodiesel TDI 1.9 e 2.0, sinonimo di robustezza ed efficienza. L’abitacolo era sobrio ma ben costruito, con materiali solidi, strumentazione analogica chiara e una plancia razionale.
I prezzi? All’epoca una Golf base partiva da poco più di 16.000 euro, mentre una GTI superava di poco i 36.000. Vent’anni dopo, la Golf VIII è ancora lì, nel cuore della gamma Volkswagen. Ma tutto è cambiato. Il design è più levigato, più aerodinamico, più digitale. I fari full led sottili, le nervature sul cofano, le prese d’aria più scolpite: tutto è pensato per comunicare modernità. È cresciuta nelle dimensioni – ora misura 4 metri e 28 in lunghezza, quasi 8 centimetri in più – ed è più larga, anche se più bassa di qualche millimetro, a tutto vantaggio dell’efficienza aerodinamica. Dentro, lo stacco è totale: spariscono quasi tutti i tasti fisici, rimpiazzati da comandi touch, schermo centrale da 10 pollici, quadro strumenti digitale, comandi vocali e connettività permanente.

Sempre in tema di dotazione nel 2003 avere il climatizzatore automatico o i sensori di parcheggio era da alto di gamma. Oggi sono standard anche sulle versioni base. Ma c’è il rovescio della medaglia: la Golf VIII, pur più sicura e digitale, perde qualcosa in immediatezza. Il feedback fisico dei tasti, la semplicità d’uso, il senso di robustezza tangibile… sono sensazioni che nella nuova generazione a volte si dissolvono dietro un’interfaccia troppo “touch”.
Ovviamente anche se non soprattutto, la gamma motori riflette i tempi: addio aspirati, ora c’è solo sovralimentazione e elettrificazione a iosa. I TSI benzina sono mild hybrid a 48 Volt, i diesel TDI sopravvivono ma sono ormai minoranza, mentre le versioni GTE plug-in hybrid con batteria ricaricabile rappresentano la vera novità, con potenze da 204 e 272 cavalli. Anche la GTI è cambiata: ha sempre un 2.0 turbo da 265 cv (nella supersportiva R salgono a 333), ma ha perso un po’ di ruvidità meccanica a favore di efficienza e digitalizzazione. Il cambio automatico DSG è diventato quasi obbligatorio, il manuale è relegato a poche versioni o sparito del tutto.
Le dotazioni di sicurezza sono al top: cruise control adattivo, mantenimento di corsia, frenata automatica d’emergenza, guida assistita di secondo livello, aggiornamenti software over-the-air. Il prezzo? Oggi servono almeno 31.000 euro per una Golf base, le versioni più ricche facilmente superano i 45.000 euro fino ai 61.550 euro della supersportiva 2.0 TSI R DSG 4Motion da 333 cv.
A leggere questi numeri, sembrerebbe che tutto sia migliorato. Più spazio, più comfort, più potenza, più sicurezza, più tecnologia. Ma è davvero così? O c’è qualcosa che si è perso per strada?

Chi ha guidato la Volkswagen Golf V ricorderà una compatta equilibrata, concreta, semplice da usare ma con un comportamento stradale coinvolgente. Il piacere della guida era ancora legato a sensazioni meccaniche dirette: il pedale della frizione, il cambio preciso, la risposta dell’acceleratore senza filtri elettronici. Certo, era meno sicura, meno tecnologica, e alcune versioni diesel fumavano più del dovuto. Ma il rapporto uomo-macchina era immediato, tangibile.
Oggi la Golf VIII è una macchina raffinata, silenziosa, intelligente. Ma anche più impersonale, più distante. I comandi touch non sempre rispondono con precisione, l’interfaccia digitale distrae, il volante multifunzione sembra più un telecomando che uno strumento di guida. E poi c’è il peso: la compatta da 1200 chili del 2003 oggi sfiora i 1600 kg, anche per colpa di batterie, sistemi elettronici, rinforzi per la sicurezza.
Ci sono però anche segnali di continuità. Lo spirito della Golf – ovvero offrire un’auto trasversale e razionale – non è mai venuto meno. E in questo senso, è giusto dire che la Golf è cambiata con il suo tempo, senza però perdere del tutto la bussola. Solo che il tempo, oggi, corre molto più veloce di vent’anni fa.
In fondo, confrontare una Golf V con una Golf VIII è un po’ come guardare due foto della stessa persona a distanza di vent’anni. C’è qualcosa di familiare nello sguardo, nella postura. Ma il mondo attorno è cambiato, e lei con lui. E, paradossalmente, se oggi fossimo di nuovo nel 2003, quale delle due sceglieremmo? E poi ancora tra vent’anni, ammesso che questo modello sarà presente nei listini VW, come guarderemo alla Golf di oggi?
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