
Testo di Fabio Madaro
La storia di Max Verstappen è intrisa di velocità, talento e una passione senza confini. A soli 27 anni, l’olandese è già entrato nell’Olimpo della Formula 1 con quattro titoli mondiali consecutivi. Quanto basta (e avanza) per appagare qualsiasi pilota. Ma non Max Verstappen che sabato lungo le oltre 170 curve dell’Inferno Verde, ha aggiunto un altro capitolo al suo palmarès vincendo al debutto nella ADAC Barbarossapreis, nona prova della Nürburgring Endurance Series (NLS). Al volante della Ferrari 296 GT3 di Emil Frey Racing, condivisa con Chris Lulham, Verstappen ha dimostrato che il suo talento va ben oltre i confini della massima formula.
L’Inferno Verde: l’ultima sfida
Perché il Nürburgring non è un circuito come gli altri. Con i suoi oltre 20 km di saliscendi e curve cieche, resta la prova più estrema per qualsiasi pilota. Per correrci serve una licenza speciale, il cosiddetto Permit A, che Verstappen ha ottenuto appena due settimane fa. Era prevedibile che il campione del mondo facesse bene, ma nessuno si aspettava una vittoria tanto netta e convincente al debutto. La Ferrari n. 31 è stata imprendibile, e Verstappen ha confermato che il suo istinto da gara si adatta a ogni contesto, fosse anche il più impegnativo tra i circuiti.
Ciò che colpisce, più dei risultati, è la passione viscerale di Verstappen per le corse. Non è solo un lavoro o un titolo da difendere, ma un fuoco che lo spinge a mettersi continuamente alla prova. Correre al Nürburgring non gli serve per la carriera, né per accrescere la sua fama: lo fa per puro amore della guida, per sentire l’adrenalina di nuove sfide e per confrontarsi con i migliori anche fuori dalla Formula 1. E a quanto pare il successo nella NLS non è che l’inizio. Verstappen ha dichiarato più volte di voler affrontare la 24 Ore del Nürburgring nel 2026, una delle gare endurance più famose e massacranti al mondo. Per chi conosce la pista, è chiaro che non si tratta di un semplice capriccio: la 24 Ore è un banco di prova che unisce velocità, resistenza e strategia, e che richiede una sintonia perfetta tra piloti e squadra. L’olandese, abituato a dominare in Formula 1, sa che qui non potrà fare tutto da solo, ma il fascino della sfida lo attrae irresistibilmente. Che si tratti di una monoposto, di una gara al simulatore o di un’auto endurance a ruote coperte.

La vittoria al debutto nel GT3 assume un valore ancora più grande se guardiamo al contesto. Oggi, i piloti di Formula 1 sono figure iper-specializzate, raramente disposte a cimentarsi in altre categorie durante la stagione. L’impegno richiesto dalla massima serie è enorme, e i contratti spesso scoraggiano qualunque “avventura” parallela. In questo scenario, Verstappen rappresenta un’eccezione rarissima: un campione capace di uscire dalla sua comfort zone e misurarsi con sfide che molti colleghi non oserebbero affrontare. Non succedeva da decenni che un iridato in carica scegliesse di correre e vincere altrove nello stesso anno, segno di una mentalità diversa e di un amore assoluto per le corse in ogni loro forma.
Oggi il suo nome è legato indissolubilmente alla Formula 1, ma domani potrebbe diventare sinonimo di leggenda anche nel mondo dell’endurance. La vittoria al Nürburgring è un segnale: Verstappen non vuole fermarsi, vuole esplorare i limiti della sua passione e portare il suo talento là dove il rischio e la gloria si fondono. Del resto, lo abbiamo già scritto, lui stesso non ne fa mistero: “Mi piacerebbe davvero partecipare alla 24 Ore, è il mio sogno. Servono ancora più esperienza e più gare, ma ci torneremo”. E la 24 Ore del 2026, con tutto il suo fascino e la sua difficoltà, rappresenta il prossimo grande traguardo. E nessuno si stupirebbe se già nel 2026 vincesse alla sua maniera rifilando manciate di secondi (se non minuti) ai suoi avversari.
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