
A partire da oggi, martedì 4 marzo, sono ufficialmente entrati in vigore i nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti su importazioni provenienti da Messico, Canada e Cina. Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Reuters, le nuove tariffe prevedono un’imposta del 25% su prodotti messicani e canadesi, mentre i dazi sulle merci cinesi sono stati aumentati al 20%, raddoppiando il precedente livello del 10%.
Oltre al settore manifatturiero e tecnologico, uno dei campi più colpiti da queste misure è senza dubbio quello automotive. L’industria automobilistica nordamericana si basa su una complessa catena di approvvigionamento che attraversa i confini di Stati Uniti, Canada e Messico. Le nuove tariffe renderanno più costosa l’importazione di componenti fondamentali per l’assemblaggio di veicoli negli Stati Uniti, incidendo negativamente sui costi di produzione.
Secondo gli analisti, queste tariffe potrebbero tradursi in un aumento medio di circa 3.000 dollari sul prezzo finale di un’auto per i consumatori statunitensi. La maggior parte delle vetture vendute negli USA contiene componenti prodotti in Messico o Canada, o viene direttamente assemblata in questi paesi prima di essere esportata negli Stati Uniti. Secondo il Wall Street Journal, tra i marchi maggiormente colpiti figurano General Motors, Ford e Stellantis, che da anni sfruttano le sinergie produttive con i loro impianti in Messico per mantenere i costi competitivi. Tramite il ceo Jim Farley, Ford si è già espressa negativamente sui dazi (vedi qui). Mentre John Elkann, presidente di Stellantis, si è mosso in anticipo per dialogare con la neo amministrazione americana circa la produzione automobilistica negli states (qui l’articolo).
Anche i produttori di componenti, come motori e trasmissioni, subiranno rincari, con possibili ripercussioni su vendite e occupazione. Come riporta Automotive Logistic , l’American Automotive Policy Council ha chiesto di esentare dai dazi i veicoli che rispettano i requisiti dell’accordo commerciale USMCA.
Le reazioni dei paesi coinvolti non si sono fatte attendere. Come riporta l’agenzia Reuters, il Canada ha annunciato dazi del 25% su una vasta gamma di prodotti statunitensi per un valore di 30 miliardi di dollari canadesi (circa 20,7 miliardi di dollari americani). Se le tariffe statunitensi non verranno rimosse entro 21 giorni, il governo di Ottawa ha dichiarato di essere pronto ad estendere le sanzioni a ulteriori 125 miliardi di dollari canadesi (86,2 miliardi di dollari americani). Tra i prodotti americani che saranno colpiti dalle misure canadesi figurano birra, vino, bourbon, elettrodomestici e succo d’arancia proveniente dalla Florida. Il premier Justin Trudeau ha definito questi dazi “una minaccia per un rapporto commerciale di successo” e ha sottolineato come essi violino l’accordo USMCA, che garantisce il libero scambio tra i tre paesi nordamericani.
Il Messico dovrebbe comunicare le proprie decisioni nelle prossime ore. Secondo fonti governative, la presidente Claudia Sheinbaum potrebbe introdurre tariffe punitive su prodotti agricoli statunitensi, come mais e carne bovina, mettendo sotto pressione un settore chiave per l’export americano. Inoltre, alcuni analisti ipotizzano un possibile boicottaggio messicano delle importazioni di automobili statunitensi, in risposta all’aumento dei costi di produzione imposto dai dazi.
Per quanto riguarda la Cina, Pechino ha immediatamente risposto annunciando nuove tariffe del 10%-15% su una serie di prodotti statunitensi, tra cui carne, cereali, cotone, frutta e latticini. Inoltre, il governo cinese ha imposto restrizioni all’export verso determinate imprese americane, con particolare attenzione al settore tecnologico e della difesa.

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