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Ue rivaluta lo stop alla vendita di auto endotermiche dopo il 2035

di Redazione - 06/02/2025

Testo di Mattia Eccheli

Dal 2035 potremmo continuare a vedere nelle concessionarie auto con motore termico, o meglio ibride plug-in. Alla luce delle pressioni delle associazioni di categoria e del difficile contesto internazionale l’Unione Europea potrebbe riconsiderare il divieto di vendite di auto endotermiche dopo quella data.

Lo rende noto il settimanale tedesco Der Spiegel che riporta una frase attribuita alla Commissione Europea in relazione al documento “Bussola per la competitivià” nel quale si dice: “Nell’ambito del dialogo, troveremo soluzioni immediate per garantire la capacità dell’industria di investire esaminando le possibili flessibilità”.  Si tratterebbe, se confermato, di un successo dei lobbisti dell’industria dell’auto del Vecchio Continente.

Pressioni dell’ACEA sul 2035

E, soprattutto, si tratterebbe di un addio, almeno parziale, al divieto di commercializzazione di veicoli a combustione fissato per il 2035 perché, sempre secondo la testata tedesca, non escluderebbe la vendita di veicoli ibridi plug-in anche oltre quell’anno. L’ACEA, l’associazione che rappresenta i costruttori che operano in Europa, e gli amministratori delegati di varie case automobilistiche avevano sollecitato una correzione di rotta, in particolare circa le multe che dovrebbero scattare quest’anno in caso di mancato raggiungimento dei più restrittivi limiti sulle emissioni di CO2 sulla flotta di nuova immatricolazione. Il paradosso è che per evitare le sanzioni (anche pesanti) le case automobilistiche del Vecchio Continente avrebbero dovuto “allearsi” con la Tesla di Elon Musk, apertamente schierato a favore di partiti e movimenti poco europeisti, ma anche dichiaratamente su posizioni di estrema destra.

Minaccia dazi USA

La possibile apertura della Commissione europea presieduta, di nuovo, dalla tedesca Ursula von der Leyen è legata non solo alle pressioni della lobby dell’auto (per il 5 marzo è già stato anticipato un piano condiviso per evitare la crisi del comparto che vale oltre un decimo degli occupati dell’industria manufatturiera, 13,2 milioni di addetti, quasi 385 miliardi di euro di gettito fiscale e poco meno di 107 miliardi di attivo nella bilancia commerciale europea), ma anche ai timori per i dazi minacciati dall’amministrazione Trump. Perfino Oliver Zipse, numero uno di Bmw, finora piuttosto allineato sulla “strategia verde” comunitaria, ha corretto il tiro e secondo Der Spiegel si sarebbe speso per la riduzione dei dazi dal 10 al 2,5% sulle importazioni di veicoli statunitensi in Europa per evitare i balzelli aniticipati dal nuovo inquilino della Casa Bianca.

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