Testo di Mattia Eccheli
Lo scandalo giapponese delle certificazioni manipolate si allarga. Ancora e di nuovo. Tanto che il ministero dei trasporti del paese del Sol Levante ha sollecitato Toyota, proprietaria di Daihatsu, il costruttore che aveva innescato la spirale, a intervenire con “riforme drastiche”. Citando il Ministero, l’agenzia Reuters riporta “comportamenti scorretti e irregolarità diffuse e intenzionali che non erano stati precedentemente divulgati” in sette ulteriori modelli.
Toyota aveva recentemente assicurato di non aver individuato altre condotte inappropriate rispetto a quelle già note. Tre modelli non sono più in produzione. Uno viene commercializzato sul mercato domestico con due nomi diversi (Noah e Voxy) e ne è stata sospesa la consegna, mentre tre sono destinati anche all’export.
Si tratta dei Suv RAV4 e Harrier e della Lexus LM. Le cui certificazioni sarebbero però state ottenute all’estero e non sarebbero pertanto soggette a restrizioni. Il colosso nipponico, primo costruttore al mondo, ha fatto ammenda: “Siamo profondamente dispiaciuti di non essere stati in grado di svolgere adeguatamente le nostre certificazione”.
La vicenda delle omologazioni ottenute in modo non corretto riguarda anche altre case automobilistiche. In giugno nuove irregolarità erano emerse anche a carico di Mazda e Suzuki, entrambe collaborano con Toyota, ma anche di Honda e Yamaha. Va avanti da anni e più proseguono gli accertamenti e più vengono alla luce nuovi casi.
Gli ispettori del Ministero che da tempo proseguono i controlli nei vari stabilimenti hanno rilevato nuove infrazioni. Che si aggiungono a quelle scoperte non solo in Daihatsu, ma anche presso la Hino, la controllata che si occupa di veicoli industriali, e Toyota Industries, che fornisce componenti e motori.
In precedenza, il colosso nipponico aveva già dovuto fermare la produzione di modelli come la Corolla, a Corolla Axio e la Yaris Cross che dovrebbero ricominciare a lasciare le linee di assemblaggio con il mese di settembre, dopo che il Ministero avrà verificato che tutto sia a norma. Prima ancora era stata bloccata la produzione di auto come la Crown, la Isis, la Sienta e la Lexus RX. Le omologazioni dei vari modelli erano state ottenute con componenti non impiegate nella fabbricazione di serie. In giugno, la produzione di Toyota era scesa del 13%.
Anche in Borsa lo scossone è stato inevitabile, ma il valore del titolo è ancora superiore del 10% rispetto ad un anno fa e addirittura di quasi il 95% rispetto a 5 anni fa, con una crescita importante nel periodo del Covid e della carenza di microprocessori. La credibilità di Toyota, insomma, è solida, anche se il 22 marzo aveva toccato il picco di 3.872 yen e l’ultimo dato è di 2.699: in quattro mesi ha perso il 30%.
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