
Con l’arrivo di Antonio Filosa alla guida di Stellantis, nulla cambia sul fronte occupazionale negli stabilimenti italiani. In un comunicato diffuso oggi, la Fiom-Cgil ha reso noto che lo stabilimento di Cassino ha annunciato 265 esuberi, che si aggiungono ai 610 di Mirafiori comunicati ieri. Il conto totale sale così a 1925 uscite da inizio anno, tutte attraverso incentivi alla risoluzione del rapporto di lavoro su base volontaria.
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I 265 esuberi di Cassino arrivano in un contesto già segnato dal forte calo della produzione di Alfa Romeo e Maserati (QUI trovate il nostro approfondimento sul sito laziale di Stellantis) e con il ritardo annunciato nella produzione delle nuove generazioni di Stelvio e Giulia (QUI per maggiori info).

La Fiom parla senza mezzi termini di “svuotamento sistematico degli stabilimenti”, denunciando la mancanza di un piano di rilancio che possa accompagnare la transizione del settore automotive. “Si continua a ridurre l’occupazione senza prevedere nuove assunzioni – afferma Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom – L’azienda punta solo su uscite volontarie, senza una visione industriale di lungo periodo.”
Ma le uscite da Cassino seguono a ruota i 610 esuberi di Mirafiori annunciati ieri. Stellantis ripone tutte le sue fiducie sulla attesa Fiat 500 ibrida (arriverà in autunno) per rilanciare la produzione nello storico stabilimento torinese. Ma secondo la Fiom, si tratta di una misura simbolica che non risolve i problemi strutturali del sito.

L’organizzazione sindacale teme che la 500 ibrida, da sola, non sia sufficiente a garantire i livelli occupazionali e a rilanciare il polo torinese. Il rischio, sottolinea il sindacato, è che l’intervento si riveli un semplice maquillage, utile a guadagnare tempo ma privo di impatto reale sull’occupazione.
Un altro elemento che alimenta le perplessità della Fiom è la decisione di Antonio Filosa di mantenere la propria base operativa a Detroit. Una scelta che, secondo il sindacato, evidenzia la centralità strategica del mercato nordamericano nelle scelte del gruppo, a scapito di quello europeo e in particolare italiano.

“La sede del nuovo amministratore delegato non sarà in Italia, ma negli Stati Uniti – osserva la Fiom –. Un segnale chiaro: il cuore delle decisioni non batterà nel nostro Paese. E questo rende ancora più urgente un confronto tra governo, sindacati e vertici aziendali.”
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