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Limite 30 km/h: funziona davvero?

di Marco Triulzi - 09/04/2025

Sempre più città europee scelgono di rallentare per proteggere pedoni e ciclisti. Il nuovo rapporto dell’European Transport Safety Council (ETSC), PIN Flash Report 48, pubblicato a marzo, conferma che il limite dei 30 km/h nei contesti urbani è una delle misure più efficaci per ridurre i feriti gravi e le vittime sulle strade. Ma per funzionare davvero, serve molto più di un cartello.

Perché proprio 30 km/h?

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il rischio di morte per un pedone investito a 30 km/h è del 10%, mentre a 50 km/h supera l’80%. Da questo dato nasce l’obiettivo di limitare la velocità in aree densamente popolate, vicino a scuole, parchi e nelle zone residenziali. È un approccio che mette al centro la sicurezza quotidiana degli utenti più vulnerabili.

Dove il 30 km/h è già realtà

  • Spagna: dal 2021 il limite è obbligatorio su tutte le strade urbane a una sola corsia per senso di marcia. I risultati sono chiari: -20% di incidenti mortali urbani nel primo anno.
  • Francia: Parigi ha adottato il limite su quasi tutte le strade nel 2021, seguita da Marsiglia, Bordeaux, Lille. Nella capitale francese il 23 marzo un referendum cittadino ha approvato la chiusura al traffico di 500 strade, da trasformare in spazi pedonali e aree verdi: una proposta sostenuta dal 66% dei votanti.
  • Germania: oltre 100 città hanno chiesto di applicare autonomamente il limite, tra cui Berlino e Friburgo, che lo hanno già esteso a gran parte delle aree urbane.
  • Belgio: A Bruxelles dal 2021 è zona 30 su tutto il territorio cittadino. I dati parlano chiaro: -50% di feriti gravi e -30% di incidenti nel primo anno.
  • Paesi Bassi: città come Amsterdam, Rotterdam e Utrecht stanno riconvertendo interi quartieri in zone 30, accompagnando la misura con interventi su infrastrutture e segnaletica.

Italia: sperimentazioni isolate, manca una regia nazionale

In Italia il limite dei 30 km/h è ancora adottato a macchia di leopardo. La città di Bologna è stata la prima, nel 2024, a varare un piano organico per diventare una “Città 30”, estendendo il limite a quasi tutto il territorio urbano con interventi strutturali: attraversamenti rialzati, restringimenti di carreggiata, segnaletica ben visibile.

Anche Milano, Torino, Parma e altre città hanno avviato zone 30 sperimentali, soprattutto nei pressi di scuole, parchi o quartieri storici. Tuttavia, manca una legge nazionale e una strategia condivisa. Il risultato è una geografia frammentata, dove il rispetto del limite dipende più dalla conformazione fisica della strada che da una pianificazione coerente.

Funziona davvero? Sì, ma non da solo

Secondo l’ETSC, il limite dei 30 km/h è efficace se inserito in un disegno urbano completo. I benefici sono chiari: meno incidenti, meno feriti gravi, più sicurezza per tutti. Le città che hanno adottato la misura mostrano riduzioni del 20-40% nei sinistri gravi. Per esempio, Bologna, a un anno dall’introduzione della “Città 30”, ha registrato una diminuzione del 31% degli incidenti gravi, un calo del 48% dei decessi e, per la prima volta dal 1991, nessun pedone morto sulle strade (fonte: Comune di Bologna).

Ma appunto da solo il limite non funziona. Per essere credibile e rispettato, deve essere accompagnato da:

  • restringimenti delle carreggiate
  • attraversamenti pedonali rialzati e ben segnalati
  • arredi urbani che rallentano naturalmente il traffico
  • segnaletica verticale e orizzontale ben mantenuta

Senza questi elementi, il 30 km/h rischia di essere percepito come una norma inutile o punitiva, difficile da far rispettare senza continue sanzioni.

Non un simbolo, ma un progetto urbano

Il limite dei 30 km/h non è una semplice misura “di bandiera”, ma una politica strutturale che cambia il modo di vivere lo spazio urbano. Il report dell’ETSC conferma che funziona, se sostenuto da una visione coerente e da investimenti mirati. È una delle poche soluzioni a basso costo che può incidere concretamente sulla sicurezza stradale.

In Europa, chi ha investito con decisione – come Bruxelles, Parigi, Madrid – ha ottenuto risultati tangibili in pochi mesi. In Italia, la direzione è tracciata, ma il cammino è ancora lungo. Rallentare salva vite, ma serve la volontà politica per farlo davvero.

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