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La nuova Renault R17 alla Design Week si sente come a casa

di Francesco Pelizzari - 09/04/2025

Strana la vita: una coupé come la R17, che non è certo ricordata nella storia come l’auto più venduta, diventa una bellissima auto… senza motore. Nell’idea ancora in via di definizione dell’auto del futuro, c’è spazio per una rivisitazione elettrica di questa coupé Renault che nei primi anni Settanta si inserì nel filone delle sportive più per immagine che per prestazioni. Una sua rivale diretta era, per dire, la Ford Capri, non un mostro di cavalli, tolta la versione RS 2,7: ma un coupé purché fosse bastava per sognare. La Renault 17 (che in Italia si chiamò 177, perché non si sa mai) era uno dei tasselli della Règie che in quegli anni voleva uscire dallo schema R4 per completare e sveltire la sua gamma.

La R17 degli anni ’70

Ecco allora l’idea del coupé da famiglia, brillante nella linea ma comodo per quattro, con prestazioni da accettabili a divertenti: i motori erano quattro cilindri 1600 a carburatore (90-98 cv) e iniezione (108 cv). Il più prestante equipaggiava anche la versione Gordini, che la metteva sul corsaiolo con la livrea blu con bande bianche. Se ne vendettero oltre 92.000 esemplari tra il 1971 ed il 1979, forse meno di quanto ci si sarebbe aspettati pensando alla voglia di evasione che c’era a quel tempo, ma va considerato che anche questo segmento di mercato non si giovò della crisi petrolifero-psicologica del 1973.

La R17 2.0

Ebbene, oggi che è il momento di spingere sul lato emozionale per promuovere la rivoluzione elettrica dando nuovi significati alla mobilità ed all’automobile in generale, ecco che in Renault si sono ricordati di quel loro modello che forse volle più di quel che poteva, ma oggi riproposto in una sorta di restomod spinto, fa un effetto notevole. Merito naturalmente dello stile, firmato da Ora Ïto. L’artista francese (designer è obbiettivamente riduttivo) è intervenuto sulla R17 nella sua totalità creando un’automobile molto pop ma anche di forte personalità: sarebbe piaciuta a Andy Warhol.

Allargata di 17 cm, con elementi in linea con i tempi come i gruppi ottici anteriori a quattro moduli sottili, e quello posteriore unico a tutta larghezza, la R17 in questa versione di rinascita è assai più muscolosa della precedente, comunicando tutti i 270 cv di cui è capace il suo nuovo motore senza pistoni. Il nuovo/vecchio design esalta le originalità del tempo: portellone, porte con finestrini senza cornice, assenza del montante centrale, il quarto posteriore con persiane e gli angoli smussati.

Nuova ma con rimandi al passato

All’interno la nuova R17 mantiene l’impostazione del tempo, ma rivisitata come si conviene a un progetto del genere: ecco quindi il display centrale con grafica Renault contemporanea e quattro piccoli schermi geometrici dietro al volante che ripropongono lo spirito dei contachilometri dei vecchi tempi. I quattro sedili sono rivisitati in senso sportivo (ricordano quelli della R5 Turbo). È come se fosse tutto uguale, ma traslato 50 anni dopo. Cambiano i materiali: tessuti che traggono ispirazione dal mondo dell’arredamento, come il raso chiné in finissima lana Merinos per le parti in marrone e bouclé di lana leggero e delicato, alto e spesso per il beige.

Ricomparsa nel suo habitat naturale

È un peccato che questa nuova R17, che era stata presentata al Salone di Parigi 2024 e ora è ricomparsa nella sede a lei molto consona della Design Week milanese, non andrà in produzione, rimanendo soltanto un esercizio di stile: è bellissima, tanto che vorresti averla con un motore a benzina. Ed è buffo che trovi proprio in questo modo pieno compimento lo spirito del modello a cui si ispira. Alla fine, anche così, con 270 cv silenziosi e il peso di soli 14 quintali grazie alla carrozzeria in fibra di carbonio, potresti desiderarla per l’elegante sportività che comunica e probabilmente anche per le emozioni di guida.

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