
Testo di Fabio Madaro
Dopo decenni di rinvii, il Ponte sullo Stretto di Messina sembra pronto a diventare realtà. Il 6 agosto 2025 è stato approvato il progetto definitivo. Ma come sarà davvero il ponte che dovrebbe unire la Sicilia al continente? Quanto costerà, chi lo pagherà, e perché suscita ancora tante divisioni?
Il Ponte sullo Stretto è uno di quegli argomenti che tornano ciclicamente, come il caldo ad agosto o i dibattiti su Sanremo. C’è chi lo ricorda dai tempi dell’infanzia, chi lo ha visto nei titoli di giornale ogni cinque o sei anni, chi lo ha già considerato un mito urbano, come l’araba fenice delle infrastrutture italiane: tutti ne parlano, nessuno lo vede. E invece, a sorpresa, il 6 agosto 2025 il Cipess ha approvato ufficialmente il progetto definitivo del ponte, con tanto di carte, disegni, cifre e tempistiche.
Un passaggio formale? No, un atto concreto, firmato dal Ministero delle Infrastrutture con la regia tecnica di Webuild, colosso italiano delle grandi opere, già protagonista di autostrade, gallerie, metropolitane. Il ponte, insomma, ora ha un volto e un dossier. E per la prima volta dopo decenni, pare davvero sul punto di diventare realtà.
L’idea di unire la Sicilia alla Calabria in realtà è vecchissima. Addirittura se ne parlava già in epoca romana con leggende che raccontano come nel 250 a.C. il console Metello avesse addirittura costruito un ponte galleggiante per far passare più di cento elefanti catturati ai Cartaginesi. Una storia affascinante ma quasi certamente inventata, come confermano gli storici moderni.
Venendo a tempi più vicini, nel dopoguerra il progetto ha iniziato a prendere forma più concreta, e a partire dagli anni Sessanta sono stati commissionati studi, sondaggi e progetti di fattibilità. Negli anni Ottanta si parlava già di appalti e plastici in esposizione, ma fu nei primi anni Duemila che il sogno sembrò davvero a un passo dal concretizzarsi: il consorzio Eurolink era pronto, i cantieri quasi avviati, ma tutto si è bloccato per motivi politici, economici, giudiziari.
Ora, con il via libera del Cipess, il ponte rientra ufficialmente tra le opere prioritarie. E non sarà un ponte qualsiasi. Il progetto prevede una struttura sospesa con una campata centrale da oltre 3.300 metri: sarà la più lunga del mondo nel suo genere. In totale misurerà più di 3.660 metri, sarà largo 60, avrà sei corsie stradali e due binari ferroviari. Le due torri, alte 399 metri, saranno tra le più alte mai realizzate in Europa. I cavi d’acciaio che reggeranno l’impalcato conterranno oltre 44.000 chilometri di fili: un numero che fa sorridere, perché supera perfino la circonferenza della Terra. L’impalcato sarà così resistente da poter affrontare raffiche di vento fino a oltre 200 chilometri orari e scosse sismiche fino a magnitudo 7.1.
Tutto bellissimo, almeno sulla carta. Ma quanto costerà? Il prezzo stimato per l’intera opera, comprensiva di viabilità, adeguamento delle reti ferroviarie, compensazioni ambientali e opere accessorie, è di circa 13,5 miliardi di euro. I finanziamenti dovrebbero arrivare in parte dallo Stato e in parte da investitori privati, anche se i dettagli del piano economico non sono stati ancora totalmente resi pubblici.

Ma c’è un dettaglio che ha fatto discutere e che merita di essere evidenziato: secondo quanto riportato da La Stampa, il Ponte sullo Stretto rischia di detenere un primato decisamente poco invidiabile. Sarà, con ogni probabilità, il ponte a pagamento più caro del mondo. Le stime attuali parlano di un pedaggio a partire da 10 euro per le automobili e cifre ancora più alte per i mezzi pesanti. Con un costo chilometrico a partire da 2,73 euro contro una media autostradale pari a 0,075 euro. A titolo di confronto l’Eurotunnel che collega la Francia all’Inghilterra costa 1,43 euro a km.
Così, per garantire la sostenibilità economica, dicono alcuni, l’opera si dovrà autofinanziarsi con i proventi dei pedaggi: peccato che le prime proiezioni elaborate da fonti vicine al governo indicano che il punto di break even potrebbe arrivare non prima del 2062, considerando le spese per la manutenzione, stimate in circa 1,6 miliardi tra il 2034 e il 2060.
A fronte di un investimento tanto massiccio, le promesse sono ambiziose. Il ponte dovrebbe smaltire fino a 6000 veicoli ogni ora e circa 200 treni al giorno. Oggi, per attraversare lo Stretto di Messina, tra attese, imbarco, traversata e sbarco, ci vogliono anche più di 60 minuti. Con il ponte, tutto dovrebbe risolversi in meno di un quarto d’ora. Un cambiamento enorme, che potrebbe rendere la Sicilia più integrata nel sistema produttivo e logistico del resto d’Italia e d’Europa. I promotori del progetto parlano di benefici economici significativi, di rilancio del turismo, di stimolo all’occupazione e alla competitività delle imprese del Sud.
Alcune stime parlano di 100.000 nuovi posti di lavoro generati tra cantieri, indotto e servizi connessi.
Eppure, come sempre accade in Italia quando si parla di grandi opere, non mancano le voci contrarie. Il ponte anziché unire divide. Gli ambientalisti denunciano l’impatto devastante su un ecosistema marino unico come quello dello Stretto, con specie rare, fondali protetti e correnti irregolari.
E molti urbanisti mettono in dubbio l’utilità dell’opera a fronte di territori, come la Calabria e la Sicilia interna, che soffrono ancora di un grave deficit infrastrutturale.

Se mancano le strade e le ferrovie efficienti all’interno delle regioni, si chiedono in molti, che senso ha collegarle tra loro? Anche la Corte dei Conti ha manifestato dubbi sulla sostenibilità economica dell’operazione. E i timori per possibili infiltrazioni mafiose nei cantieri, in due regioni purtroppo ad alto rischio, restano molto concreti.
Tra dibattito tecnico e polemiche politiche, c’è anche chi scherza, si fa per dire, sui costi di un ponte fino ad ora “fantasma”: tra studi, progetti e rinvii, dal 1971 a oggi si sono spesi più di cento milioni solo per le fasi preliminari. E non è finita: le penali accumulate negli anni scorsi, quando il progetto venne cancellato, hanno superato il miliardo.
Insomma, ogni volta che si parla di questa mega opera il dibattito si accende, forse perché il Ponte sullo Stretto è anche questo: un simbolo, un racconto, una favola a metà tra ingegneria e fantasia. E dopo decenni di tentativi falliti, di slogan, di battaglie politiche, il ponte potrebbe davvero iniziare a esistere, non solo nei rendering in 3D, ma anche nella realtà.
I lavori dovrebbero partire nel 2026, la conclusione è prevista attorno al 2033-34. Sarà la volta buona? Difficile dirlo. Certo, oggi il ponte è un progetto con date e numeri, non più solo una suggestione da campagna elettorale. E anche se tutto è ancora sospeso – proprio come la sua futura ciclopica campata unica – almeno ora il sogno sembra avere i piedi per terra. O, perlomeno, un cantiere all’orizzonte. Staremo a vedere.

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