
Dopo settimane di polemiche e timori è arrivata la tanto attesa circolare congiunta dei Ministeri dell’Interno e della Salute che chiarisce uno dei punti più controversi del nuovo Codice della Strada: la guida dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope. La novità, introdotta con la legge 177/2024, aveva sollevato dubbi per la sua interpretazione e applicazione pratica, soprattutto in merito alla reale condizione di alterazione psicofisica del conducente.
Il nuovo articolo 187 del Codice della Strada ha eliminato un requisito fondamentale della vecchia normativa: lo stato di alterazione psicofisica. La nuova formulazione punisce chi guida dopo aver assunto droghe, indipendentemente dalla prova di un’effettiva alterazione al momento del controllo. Un cambiamento che ha suscitato allarme tra medici e psichiatri, in particolare per l’introduzione dei test salivari su strada, potenzialmente capaci di generare falsi positivi tra pazienti che assumono psicofarmaci legalmente prescritti.
A confermare i timori, una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 2020/2025 del 17 gennaio 2025), che ha stabilito che un semplice test preliminare non è sufficiente per avviare un’azione penale. Occorre accertare il nesso tra l’assunzione della sostanza e la guida, così da escludere casi di assunzione pregressa e ormai priva di effetti.
Il governo ha risposto alle numerose sollecitazioni inviando l’11 aprile a tutte le forze dell’ordine una circolare ministeriale che stabilisce criteri precisi per l’accertamento dello stato di alterazione. Il documento chiarisce che per contestare il reato non è sufficiente la mera presenza della sostanza nell’organismo, ma è necessario dimostrare che questa sia stata assunta in un arco temporale ravvicinato alla guida. In altre parole, serve una “perdurante influenza” della sostanza sull’abilità del conducente a guidare in sicurezza.
Uno dei punti centrali della circolare riguarda le modalità di rilevamento. I test validi ai fini legali devono essere eseguiti su campioni di fluido orale o sangue, escludendo le urine. Questo perché solo nel sangue e nella saliva è possibile rilevare la presenza attuale di sostanze psicoattive in grado di alterare le capacità psico-fisiche. Le urine, infatti, possono contenere tracce di sostanze anche molti giorni dopo l’assunzione, senza che queste abbiano più alcun effetto sul comportamento alla guida.
La positività, dunque, dovrà emergere da un’analisi di conferma (di secondo livello), effettuata con metodiche tossicologico-forensi su campioni raccolti secondo procedure rigorose. Il risultato positivo di questa analisi costituisce la base per la denuncia.
Non cambia invece il principio secondo cui non esistono soglie minime di sostanza rilevata per configurare il reato. Anche quantità ridotte, se riscontrate nei liquidi biologici e ritenute attive, sono sufficienti per far scattare la punibilità. Tuttavia, è fondamentale che vi sia un chiaro legame temporale con la guida. Senza questo nesso, non si può parlare di guida sotto l’effetto
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