
Testo di Mattia Eccheli
Il tricolore francese prima, quello italiano dopo. Zinedine Zidane ha sventolato la bandiera nazionale per dare il via alla 92° edizione della 24h di Le Mans, ma poco dopo le 16 di domenica il vessillo verde bianco rosso è stato esibito da Antonio Fuoco, dallo spagnolo Miguel Molina e dal danese Nicklas Nielsen, che ha guidato vittoriosamente al traguardo la Ferrari 499P dopo aver trascorso oltre 9 ore al volante. Il trionfo della scuderia di Maranello è stato doppio, anche se sofferto: intanto perché anche l’altro bolide ufficiale, quello dell’equipaggio composto da Antonio Giovinazzi, Alessandro Pier Guidi e James Calado, è salito sul podio, terzo.
E poi perché si tratta della seconda affermazione consecutiva della Ferrari, dopo il rientro vincente dell’edizione del centenario dello scorso anno (la prima risale al 1923) firmato proprio dai terzi di oggi. La chiave del successo “rosso” è stato il passaggio forzato ai box disposto dai commissari per la chiusura della portiera della n° 50 che al muretto hanno impiegato per un rabbocco, che nell’economia della corsa ha poi permesso di fare l’ultimo rifornimento prima di tutti gli altri.
Per piloti e meccanici, ma anche per il pubblico, la prova è stata estenuante. Le condizioni sono state a tratte impietose e hanno costretto la direzione di gara a far girare per 6 ore le macchine dietro la Safety Car. La pioggia si è alternata al sole (poco) e ha aggiunto elementi di ulteriore incertezza a una gara che, per definizione, è carica di tensione.
La Toyota, seconda come lo scorso anno, ha dovuto issare bandiera bianca con la GR010 Hybrid di José Maria Lopez, Kamui Koabiashi e Nyck de Vries, partita come ultima tra le Hypercar. Più dietro, quinto, il secondo bolide, con l’equipaggio più quotato composto da Sébastien Buemi (140 giri al volante su 311), da Brendon Hartley (toccato dalla Ferrari di Pier Guidi a un paio di ore dalla fine: la successiva penalità di 5” è stata ininfluente per la “rossa”) e Ryo Hirakawa.
La prima Porsche, quella ufficiale schierata in collaborazione con la Penske, è rimasta ai piedi del podio con un instancabile Laurens Vanthoor (quasi 11 ore e 45 di guida), Kévin Estre eAndré Lotterer (appena 3 ore e 41 minuti di guida). Nella Top 10 poi altre tre Porsche (sesta e poi ottava e nona le due vetture del Team Hertz Jota), una Cadillac (portata al traguardo da Alex Palou) e la prima delle due esordienti Lamborghini (tredicesima la seconda).
Poi altre tre hypercar: le due Peugeot (11° e 12°) e la “rivelazione” Isotta Fraschini, l’unico costruttore al via con una sola macchina. Il debutto è stato gratificato dalla bandiera a scacchi, peraltro vista da un terzetto di piloti per i quali non sono una novità le gare Endurance, ma lo sono quelle sul bagnato e notturne.
Delusi costruttori come Bmw (47° una hypercar, ritirata l’altra) e Alpine, che sei ore dopo la partenza aveva già abbassato le serrande del proprio garage: prima un rogo sulla macchina guidata dal nobile austriaco Ferdinand Zvonimir Maria Balthus Keith Michal Otto Antal Bahnam Leonhard von Habsburg (“Il Wec è come uscire con una ragazza. La 24h di Le Mans è come sposarla”) e poi un incidente con Nicholas Lapierre.
Con il trionfo del 2024, la Ferrari porta a 11 i successi nella gara transalpina: solo Porsche (19) e Audi (13) hanno vinto di più. I punti doppi della gara rilanciano il terzetto vincente nella classifica del Wec con 90 punti contro i 99 dell’equipaggio della prima Porsche, mentre fra i costruttori la graduatoria vede la casa tedesca in testa a quota 108 davanti a Ferrari (99) e Toyota (96). Nella LMP2 si sono imposti Oliver Jarvis, Nolan Siegel e Bijoy Garg con la Oreca della United Autosport (LMP2), mentre nella LMGT3 ha vinto la Porsche del Manthey Ema (Yasser Shahin, Morris Schuring e Richard Lietz).
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