
Le speranze di un’intesa commerciale tra Unione Europea e Stati Uniti sembrano svanire sotto il peso di una nuova, l’ennesima, minaccia. Si tratta dell’eventuale imposizione, già dal 1° agosto, di dazi doganali fino al 30% da parte dell’amministrazione Trump sulle esportazioni europee. Un colpo devastante per l’industria continentale e, in particolare, per il settore automobilistico.
Il commissario europeo al Commercio, Maroš Šefčovič, ha riferito agli ambasciatori dell’UE che i recenti colloqui con le controparti statunitensi a Washington si sono rivelati transitori. Secondo fonti diplomatiche riportate dalla Reuters, ogni interlocutore statunitense avrebbe proposto soluzioni divergenti, senza una linea comune su cosa potrebbe realmente convincere Trump ad allentare la pressione.
Šefčovič non ha usato mezzi termini: un’imposizione unilaterale di dazi al 30% equivarrebbe a una chiusura de facto del commercio tra UE e Stati Uniti. Uno scenario che minaccia settori già provati da precedenti misure tariffarie, come quelle sull’acciaio e l’alluminio (50%) e sull’Automotive (25%).
La richiesta europea di concordare una clausola di “standstill”, ossia un congelamento delle nuove tariffe in attesa dell’accordo, è stata rigettata da Washington, che invoca la sicurezza nazionale (Sezione 232) come giustificazione per agire senza vincoli.
Con un primo pacchetto di dazi da 21 miliardi di euro già sospeso fino al 6 agosto, e un secondo potenziale da 72 miliardi pronto, Bruxelles sta valutando l’uso di uno strumento ben più potente: l’Anti-Coercion Instrument (ACI).
Pensato inizialmente per contenere l’aggressività commerciale della Cina, l’ACI consentirebbe all’UE di colpire il settore dei servizi statunitensi (dove gli USA registrano un forte surplus) ed escludere le imprese americane dagli appalti pubblici europei (un mercato da 2.000 miliardi di euro annui). Inoltre, con l’ACI Bruxelles può limitare investimenti diretti e proprietà intellettuali, oltre alla possibilità di introdurre blocchi mirati su beni come prodotti chimici o alimentari.
Una vera “opzione nucleare”, come è stata soprannominata nei corridoi di Bruxelles, che finora aveva incontrato resistenze soprattutto da parte di Germania, Paesi Bassi e Paesi dell’Est. Ma ora anche Berlino sembra incline a considerarla, segno di un clima politico sempre più aspro.
La Francia è da tempo favorevole a un utilizzo dell’ACI, considerandolo l’unico strumento realmente dissuasivo. Più cauta l’Italia, che però potrebbe trovarsi costretta a schierarsi di fronte all’eventualità che venga colpita sulle esportazioni del comparto auto e meccanica.
La Commissione per attivare l’ACI ha bisogno dell’approvazione di almeno 15 Stati membri rappresentanti il 65% della popolazione UE. L’UE non muoverà un passo finché non sarà certa di avere i numeri. Ma i segnali raccolti a Bruxelles parlano chiaro: se entro il 1° agosto non verrà trovato un accordo, l’Europa è pronta a rispondere. “Non siamo ancora a quel punto”, ha dichiarato la presidente Ursula von der Leyen, “ma ci stiamo preparando a ogni scenario”.
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