
Testo di Fabio Madaro
Jaguar Land Rover dal 1° settembre combatte contro un attacco informatico che ha bloccato l’intera produzione. In questo articolo, passo dopo passo ricostruiamo l’evoluzione di una crisi che costa fino a 5 milioni di sterline al giorno. La ripartenza sarà lenta e controllata con un danno d’immagine incalcolabile
Jaguar Land Rover è paralizzata da un grave attacco informatico che dall’inizio di settembre ha bloccato le linee di produzione nel Regno Unito e all’estero, fermato i sistemi di vendita e assistenza e messo in ginocchio la filiera. La Casa ha confermato che non potrà riprendere la produzione prima del 24 settembre.
La notizia è stata riportata da Autocar. Il sito inglese il 1° settembre ha segnalato come i concessionari quel giorno non fossero riusciti a immatricolare alcun modello JLR. Da lì si è capito che l’incidente non era un problema passeggero, ma l’inizio di un’odissea industriale.
Nei giorni successivi JLR ha spiegato di essere stata colpita da un attacco informatico di grande portata e, nel tentativo di limitare i danni, ha spento buona parte dei propri sistemi interni. La decisione ha comportato lo stop immediato di tutti gli stabilimenti, da Solihull a Halewood fino ai siti internazionali. Un fermo che, secondo le ultime valutazioni, costa all’azienda fino a 5 milioni di sterline al giorno. Sempre Autocar ha sottolineato come il blocco abbia generato un effetto domino: produzione azzerata, ordini dei ricambi sospesi, concessionari incapaci di consegnare le vetture e clienti rimasti nell’incertezza.
La sospensione delle attività, ormai alla terza settimana, significa migliaia di auto non prodotte e un vuoto nelle entrate destinato a pesare sui bilanci dell’azienda. Ha un peso anche sui tanti fornitori, costretti a tagliare personale già dopo la prima settimana di chiusura e con prospettive di fallimento tutt’altro che remote. Tanto che da giorni circolano voci preoccupate di aziende della filiera che, senza ordini da JLR, rischiano di non sopravvivere. Nel frattempo circa 33.000 dipendenti britannici della casa madre sono stati mandati in ferie forzate, in attesa che la situazione si sblocchi.
Sindacati e politica hanno subito fatto pressione per un intervento pubblico. Sono stati chiesti programmi assistenziali simili a quelli adottati ai tempi del Covid per garantire salari e posti di lavoro durante lo stop. Mentre sono in corso incontri continui tra dirigenti JLR e ministri del Governo Starmer, anche se al momento non è stata annunciata alcuna misura concreta di sostegno.
JLR ha confermato che “alcuni dati” sono stati compromessi, senza specificare di quali informazioni si tratti. Gli hacker in questione si fanno chiamare Scattered Lapsus$ Hunters. Si tratta di un fantomatico gruppo che ha rivendicato l’attacco e che in questi giorni ha annunciato la fine delle attività di hackeraggio dopo aver assolto i suoi “compiti”. Questa la cronaca delle ultime ore.
Per il resto, il caso Jaguar Land Rover mostra in maniera plastica la vulnerabilità di un colosso industriale quando la sua infrastruttura digitale viene compromessa. In pochi giorni un attacco informatico ha fermato una macchina produttiva che vale miliardi, ha travolto concessionari e fornitori e ha lasciato decine di migliaia di lavoratori nell’incertezza. La data del 24 settembre, indicata dall’azienda come primo possibile momento per la ripartenza, segna solo un traguardo parziale: il danno economico e reputazionale è già enorme.
La lezione è chiara e riguarda l’intero settore Automotive, sempre più legato a sistemi informatici complessi e interconnessi. In un mondo in cui il software è ormai parte integrante dell’automobile, proteggere i dati e la rete informatica diventa tanto vitale quanto saper costruire motori e telai.
È inoltre evidente che un colpo così duro arriva in un momento già complicato per Jaguar Land Rover. L’azienda inglese è infatti alle prese con la delicata transizione verso l’elettrico e con la necessità di rilanciare i propri marchi sul mercato globale. La sensazione, oggi più che mai, è che il destino sembra volersi accanire contro il gruppo.
Dopo le mille difficoltà legate soprattutto alle sfide della riconversione industriale, l’attacco hacker ha inferto un ulteriore colpo imprevisto. Una prova di resistenza che JLR non avrebbe mai voluto affrontare, ma che rischia, forse, di diventare il banco di prova definitivo per il suo futuro.
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