
In questo articolo vi raccontiamo le cinque auto che ci hanno colpito di più nel nostro viaggio al Concorso d’Eleganza di Villa d’Este. Le vetture che secondo noi hanno qualcosa ci speciale e che ci hanno particolarmente colpito. Abbiamo scelto cinque modelli assolutamente non tradizionali, hypercar elitarie che ci hanno fatto sognare.
La Pagani Huayra Epitome è il frutto del lavoro della divisione Grandi Complicazioni, reparto di Pagani Automobili dedicato ai progetti speciali. Il nome “Epitome” sottolinea l’apice della tecnologia artigianale applicata al modello Huayra, su richiesta di un cliente che già possiede una Huayra Imola, prodotta in soli cinque esemplari. Questa hypercar è equipaggiata con un motore V12 da 6 litri che eroga 864 CV e sorprende i puristi con un cambio manuale a sette marce.

Huayra Epitome ha una carrozzeria in fibra di carbonio blu a vista, progettata per migliorare raffreddamento e deportanza. La parte anteriore è personalizzata con dettagli dorati intorno ai fari tondi e nuove prese d’aria per i passaruota. Al posteriore fa bella mostra di sé un’ala integrata e un diffusore sotto la scocca che serve a ottimizzare il flusso d’aria e garantire una migliore stabilità alle alte velocità. Il design esterno è impreziosito dai meravigliosi cerchi monolitici in lega di alluminio forgiato abbinati agli pneumatici Pirelli P Zero Trofeo R.

L’Alfa Romeo 8C Doppiacoda Zagato è un’altra perla rara e unica perché realizzata in un solo esemplare. Ha debuttato proprio a questa edizione di Villa d’Este, una cornice lussuosa ed elitaria che le rende giustizia. La meccanica è quella dell’Alfa Romeo 8C Competizione prodotta tra il 2007 e il 2010. Sotto il cofano troviamo il V8 aspirato da 4,7 litri da 444 cv e 480 Nm, abbinato al cambio automatizzato a sei rapporti.

Molto aggressivo il frontale dove troviamo il classico trilobo Alfa Romeo, che viene esaltato dalle generose prese d’aria centrali e laterali.
Ma il “pezzo forte” dell’auto è indubbiamente il posteriore, particolare che le conferisce il nome “Doppiacoda”. Nella forma richiama alcune delle più affascinanti Alfa storiche degli anni ’60 ed è esaltato dalle due feritoie laterali. Molto bella anche la zona dell’estrattore, perfettamente integrata all’interno del corpo auto.

Gli appassionati del Wec non possono non conoscere la Glickenhaus 007S LMH. Stiamo parlando della vettura prodotta dal miliardario americano Jim Glickenhaus, parente stretta della LMH che ha corso nel mondiale Wec per tre anni centrando il podio a Le Mans.
Del resto basta osservarla per comprendere che si tratta di un’hypercar prestata all’utilizzo stradale. Ma la sua linfa vitale è la pista, ambiente dove si trova a suo perfetto agio. Del resto le dimensioni sono XXL per un utilizzo stradale. E anche a livello acustico ci potrebbe essere qualche problema.

Rispetto alla vettura che ha ben figurato nel campionato Wec Hypercar, la Casa americana ha optato per un abitacolo più generoso, all’interno del quale trovano posto tre sedili. Non essendoci le restrizioni del Wec, dietro alle spalle degli occupanti un poderoso Katech V8 Bi-Turbo da 6.2 litri. La potenza è di 1.000 cv, con una coppia di 1000 Nm. Il telaio monoscocca in fibra di carbonio e diverse parti realizzate nello stesso materiale contengono il peso a 1500 kg.

La Lotus Theory 1 ci porta nel futuro con uno sguardo ben piantato al passato. Quel passato quando nel settore delle auto si innovava molto. La linea della carrozzeria è cuneiforme e si caratterizza per la generosa copertura in vetro che avvolge l’abitacolo. Molto particolare il sistema di accesso all’interno dell’auto, che avviene attraverso un particolare sistema di portiere (in attesa di brevetto) con meccanismo di apertura inversa.

A spingerla un powertrain elettrico da 1.000 cv alimentato da batteria da 70 kWh. I due motori elettrici consentono uno scatto da 0 a 100 km/h sotto ai 2,5 secondi, con una velocità massima di 320 km/h.
Stupisce per la forma futuristica. Stupisce soprattutto perché è una vettura degli anni ’60. La Osi Silver Fox Prototype è il frutto della creatività della carrozzeria OSI (Officina Stampaggi Industriali), attiva a Torino tra il 1960 e il 1968 grazie all’iniziativa dell’avvocato Arrigo Olivetti e di Luigi Segre, ex presidente della Ghia. La Silver Fox, soprannominata “Bisiluro”, fu concepita come vettura da record di velocità, in ottemperanza ai regolamenti internazionali della Categoria B, Gruppo 6, dedicata ai prototipi sportivi speciali dell’epoca.

Alta poco più di un metro, la Silver Fox è spinta da un motore Alpine da 1.000 cc e presenta una configurazione a due posti secchi. Il telaio è composto da due fusoliere affiancate, tra le quali trovavano posto elementi aerodinamici mobili, che sono dei veri e propri profili alari.
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