
Ieri, al termine di intense e controverse negoziazioni, Stati Uniti e Unione Europea hanno siglato un nuovo accordo commerciale che stabilisce l’applicazione di dazi al 15% sulla maggior parte delle esportazioni europee verso gli USA, comprese le automobili. L’intesa, annunciata da Donald Trump e Ursula von der Leyen presso il golf club del presidente americano a Turnberry, in Scozia, scongiura una guerra commerciale che minacciava di paralizzare flussi economici per oltre 1.700 miliardi di dollari. Le nuove tariffe entreranno in vigore ufficialmente il 1° agosto.
Nonostante le dichiarazioni ottimistiche dei protagonisti, il contenuto dell’accordo rivela uno squilibrio marcato a favore degli Stati Uniti. Mentre l’UE dovrà accettare dazi generalizzati su beni chiave come farmaci, semiconduttori e, soprattutto, automobili, l’amministrazione Trump ha ottenuto anche un impegno da parte europea ad acquistare energia americana per 750 miliardi di dollari, investire altri 600 miliardi nell’economia statunitense e aumentare gli acquisti di attrezzature militari. Il compromesso include un sistema di quote per l’acciaio e l’alluminio, che continueranno a subire tariffe del 50% oltre certi volumi
In cambio, Bruxelles ha evitato l’imposizione di tariffe ben più pesanti. Tuttavia, l’industria automobilistica europea — in particolare quella tedesca — sarà tra le più colpite. Volkswagen, Bmw e Mercedes-Benz temono un significativo aumento dei costi e una possibile riduzione della competitività. “Anche un dazio del 15% avrà un impatto enorme sul nostro settore orientato all’export,” ha avvertito Wolfgang Niedermark, membro della Federazione dell’Industria Tedesca.
Volkswagen ha già annunciato un taglio delle previsioni di utile per il 2025, citando proprio l’effetto negativo dell’accordo.
“Abbiamo accettato il miglior accordo possibile date le circostanze,” ha dichiarato Ursula von der Leyen. Ma la reazione all’interno dell’UE è tutt’altro che unanime: la Francia parla di un’intesa “squilibrata” e Olanda e Belgio hanno chiesto una revisione delle trattative a lungo termine.
Fonte: Bloomberg
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