Byd perde quota: pesano guerra dei prezzi e stime al ribasso
– Articolo in sintesi –

La Cina punta a immatricolare 32,3 milioni di veicoli nel 2025, un obiettivo appena al di sotto delle stime della China Association of Automobile Manufacturers (CAAM), che prevede 32,9 milioni di unità. Di questi, 15,5 milioni saranno elettrici, ibridi plug-in e a celle a combustibile, con una crescita stimata del 20%. Ma accanto ai numeri, secondo la Reuters nel piano diffuso dal Ministero dell’Industria e delle Tecnologie dell’Informazione emergono alcuni segnali che potrebbero cambiare gli equilibri del mercato locale.
Come avevamo previsto in QUESTO articolo, Pechino ha annunciato nuove regole che mirano a calmierare la guerra dei prezzi. L’obiettivo è quello di rafforzare la concorrenza leale. Il Dragone ha poi dato luce verde ai test per i veicoli a guida autonoma di Livello 3 al fine di migliorare la sicurezza stradale e i quadri assicurativi.
Una stretta netta, pensata per frenare le distorsioni di mercato prodotte da una guerra dei prezzi che, negli ultimi mesi, ha messo a dura prova la redditività dei costruttori e l’immagine stessa dell’industria cinese.

Questo nuovo quadro normativo arriva in un momento particolarmente delicato per la Byd, leader del mercato domestico dei veicoli elettrici. Negli ultimi quattro mesi, il valore delle azioni del gruppo cinese è crollato di oltre il 30% a Hong Kong. Il colosso cinese deve ripristinare la fiducia degli investitori dopo una vendita di azioni pari a 45 miliardi di dollari. Un brusco stop che ha aperto interrogativi profondi sulla strategia del colosso di Shenzhen.
Complice la sua politica di forti sconti per guadagnare quote di mercato, secondo Bloomberg, le valutazioni negative degli analisti hanno raggiunto il livello più alto dal 2022.
Kevin Net, responsabile azionario per l’Asia di Financière de l’Echiquier, riassume così il sentiment del mercato: “Gli investitori mantengono una visione positiva nel lungo periodo, ma nel breve la strategia di Byd sta penalizzando margini e ricavi, soprattutto ora che il governo sta contrastando l’involuzione competitiva del settore.”

I numeri confermano le difficoltà. Nel secondo trimestre dell’anno fiscale, l’utile netto di Byd è sceso del 30%, il primo calo da oltre tre anni. Il gruppo ha anche rivisto al ribasso il proprio obiettivo annuale di vendite, passando da 5,5 a 4,6 milioni di unità. Un traguardo che appare tutt’altro che semplice: nei soli ultimi quattro mesi del 2025, Byd dovrà consegnare 1,7 milioni di veicoli.
A rallentare le consegne è anche una gamma prodotto che inizia a mostrare i segni del tempo. Il lancio di nuove piattaforme è stato rinviato al primo trimestre del 2026 per migliorare la competitività, mentre rivali come Geely e Leapmotor guadagnano terreno con modelli più freschi e tecnologie più attrattive per il pubblico giovane.

Xiao Feng, co-responsabile della ricerca industriale in Cina presso CLSA, commenta: “Nessun costruttore può avere una gamma sempre attuale. Ma dal 2018 al 2024 Byd ha dominato. Ora servono nuovi volti.”
Al netto delle difficoltà in patria, Byd continua a espandersi all’estero. Secondo Goldman Sachs, nel 2025 potrebbe superare il milione di unità esportate, ben oltre il target iniziale di 800.000. Merito di una strategia di produzione locale e nuovi modelli pensati per i mercati globali.
Ma questo non basta a placare gli analisti. A oggi, il titolo Byd è valutato 17 volte gli utili attesi, sotto la media triennale di 20. Tuttavia, l’interesse degli investitori resta alto: il volume di opzioni aperte ha raggiunto livelli record, con quasi 600.000 contratti in circolazione (triplicati rispetto a giugno).
Tutti gli occhi ora sono puntati sui lanci di nuovi modelli attesi nei prossimi mesi. Secondo indiscrezioni, arriveranno sistemi di guida autonoma God’s Eye anche sui modelli più accessibili, batterie aggiornate e autonomia maggiorata per le ibride plug-in.
La stessa Europa, come abbiamo detto in QUESTO articolo, si trova in una situazione molto complesso da gestire. Da una parte deve fronteggiare la concorrenza cinese, con le Case del Dragone che stanno conquistando sempre più terreno, dall’altra deve ritrovare l’estro perduto, mascherando così il gap tecnologico che la separa da Pechino. Il pericolo è concreto: perdita di identità industriale e dipendenza strategica.
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