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Testo di Mattia Eccheli
I test vanno avanti da tempo e vengono condotti non solo in Germania, ma anche in Giappone e negli Stati Uniti. Sono quelli con i quali la Bosch Engineering sperimenta il Track Performance Assist. Un software che si “prende cura” di chi sta al volante e che dovrà consentire di guidare in sicurezza anche in pista, raggiungendo le migliori prestazioni possibili. È una sorta di “tutor digitale” che sfrutta i sistemi di assistenza già presenti sulle auto, combinando i loro dati con un algoritmo sviluppato tramite intelligenza artificiale.
Il risultato è, o dovrebbe essere, la traiettoria ideale, come se al volante ci fosse il più abile dei piloti di Formula 1. Nelle traiettorie suggerite sono esclusi i cordoli, anche se gli ingegneri fanno sapere che in futuro potrebbero essere integrati.
Sul circuito di Boxberg, poco più di un’ora da Stoccarda, si può girare con una Mercedes AMG GT 63 S da 639 cv e 900 Nm e con una Aston Martin DB12 Coupé da 680 cv e 800 Nm. Sulla prima il sistema offre quattro livelli, sulla seconda sette: più alto è il livello e meno invasivi diventano gli interventi. Con la tecnologia è possibile continuare a girare con il pedale dell’acceleratore sempre premuto: il sistema frena e accelera in autonomia in base all’algoritmo, mentre chi guida può concentrarsi sulle traiettorie.
È una scelta poco efficiente, ma serve a mostrare le potenzialità del TPA. Per ora le traiettorie vengono indicate da frecce su uno schermo molto grande, montato però troppo in basso rispetto al campo visivo del pilota. Il Track Performance Assist funziona bene nelle fasi di frenata e rilascio: la sicurezza si percepisce, ma serve comunque l’impegno del conducente per migliorare. Bosch Engineering non ha anticipato su quali modelli verrà montato e neppure i tempi di arrivo sulle auto di serie, stimati comunque non prima di due o tre anni.
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