
Testo a cura di Mattia Eccheli
Il giro di vite europeo sulle emissioni di CO2 era inevitabile: nel 2019, ultimo anno di riferimento prima della pandemia che ha cambiato mercato e abitudini (ma non impedito l’aumento delle RcAuto, almeno in Italia), nel Vecchio Continente oltre il 70% dipendeva dal trasporto su strada. E alle sole auto erano ascrivibili quasi due terzi.
La sforbiciata imposta alle case automobilistiche è stata accompagnata da sanzioni economiche, che i costruttori sono riusciti almeno parzialmente a contenere raggiungendo accordi per inserire nelle flotte di nuova immatricolazioni anche le emissioni di marchi più “ecologici”. A livelo globale, l’operazione è stata estremamente redditizia per Tesla, che per il solo esercizio 2023 ha potuto mettere a bilancio entrate legate ai “supercrediti” per quasi 1,8 miliardi di euro.
In Europa, la casa americana aveva un’intesa con Honda e Jaguar Land Rover. L’accordo è scaduto e già per l’anno in corso non è più valido. La “condivisione delle emissioni” è stata archiviata anche da altri costruttori, che evidentemente sono certi di non incorrere nelle multe comunitarie grazie alla riduzione dell’impatto ambientale delle proprie nuove auto. Hanno chiuso questa fase i coreani di Kia, i cinesi di Great Wall Motors assieme a Fisker e alla KG Mobility, le giapponesi Toyota, Mazda, Subaru e Suzuki che condividono anche una compartecipazione azionaria, e i soci dell’Alleanza franco nipponica Renault, Nissan, Mitsubishi e Alpine.
Fino a fine anno restano invece in piedi le cooperazioni interne al gruppo Bmw tra il marchio dell’Elica, la sua divisione M e Rolls-Royce e le sinergie ambientali delle multinazonali Stellantis (Peugeot, Citroen, Opel, Alfa Romeo, Fiat, Chrysler e Jeep) e Volkswagen (Audi, Lamborghini, Porsche, Bentley, VW, Seat e Skoda). Il colosso tedesco aveva esordito nel 2020 includendo anche la cinese SAIC e, l’anno dopo, altri costruttori della Repubblica Popolare come Nio, Xpeng e Link & Co.
Si sono invece tenute ancora le porte aperte sia Ford (con la CNG Technik) sia Mercedes-Benz, tra la stessa casa con la Stella, la divisione AMG e smart, la joint-venture paritetica elettrica sino tedesca con Geely. L’Ovale Blu ha un accordo in vigore per tutto il prossimo anno, mentre il gruppo di Stoccarda sembra intenzionato ad andare avanti fino al 2027.
La progressiva fine delle intese è dovuta alla parziale elettrificazione della gamma (Toyota, ad esempio, ha beneficiato parecchio della pionieristica adozione della tecnologia ibrida) che ha contribuito all’abbattimento delle emissioni clima alteranti. Il segnale è incoraggiante, anche se resta aperto il tema delle plug-in – premiate per il loro contributo potenziale, che tuttavia dipende solo dal tipo di impiego su strada (e i dati dicono che gli automobilisti guidano assai poco in elettrico questi veicoli) – soprattutto perché con l’anno prossimo cambieranno i parametri della sanzioni.
Fino alla fine del 2024 vale ancora una media di 95 grammi di CO2 per chilometro, che da gennaio scenderà a 93,6 e che dal 2030 verrà ridotta a 49,5 per venire completamente azzerata dal 2035. La multa è di 95 euro per ogni grammo oltre la soglia per ciascun veicolo targato.
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