Testo: Saverio Villa
Da domani, giovedì 14 dicembre, sarà nelle sale cinematografiche il film “Ferrari”, dedicato al Drake di Maranello e diretto dal regista statunitense Michael Mann, con alle spalle quattro candidature agli Oscar e apprezzatissimo per pellicole come “La Fortezza” (1983) “Heat- La sfida (1995), Alì (2001), Collateral (2004) e molti altri.

Realizzare un film di ambientazione automobilistica, sportiva e non, non è facile. Il rischio è che se si privilegia la fedeltà storica o l’aspetto documentale ne può uscire una pellicola entusiasmante per gli appassionati ma noiosa per il pubblico generalista (l’esempio più lampante è quello de “La 24 Ore di Le Mans” del 1971), mentre se si romanza la trama per toccare le corde di quanti più spettatori possibili c’è il pericolo di scandalizzare gli esperti. Ne è un esempio “Lamborghini – The Man Behind the Legend” dell’anno scorso. Ma se ne potrebbero citare tanti altri.
Il film “Ferrari” sta nel mezzo. Mischiando storia, effetti speciali e finzione cinematografica in modo abbastanza equilibrato. Così come avevano già fatto in precedenza “Le Mans ’66 – La grande sfida” del 2019 e, tutto sommato, anche “Rush” del 2013.

L’opera di Mann non è imperniata sulla vita di Enzo Ferrari ma su un periodo limitato della sua carriera, che il copione concentra intorno al 1957 e, soprattutto, sulla 1000 Miglia di quell’anno, l’ultima disputata all’insegna della velocità pura a causa del terribile incidente di Guidizzolo (MN). In quella circostanza la Ferrari 355 S del marchese Alfonso De Portago volò in mezzo alla folla causando la morte di nove persone (tra cui cinque bambini), oltre che del pilota e del suo navigatore Ed Nelson. Quella gara fu comunque vinta dalla Ferrari 315 S di Piero Taruffi (impersonato nel film da un somigliantissimo Partick Dempsey debitamente incanutito).
A vestire i panni di Enzo Ferrari è l’americano Adam Driver (tre episodi di “Star Wars” come Kylo Ren e “House of Gucci” dove era proprio Maurizio Gucci), mentre a interpretare la moglie Laura Garello è la bravissima Penélope Cruz.
La vicenda tratta sia delle difficoltà aziendali della Ferrari di quei tempi, sia di quelle familiari di Enzo. Nel primo caso, per la verità, c’è un evidente adeguamento della realtà al copione, perché le trattative per la cessione dell’Azienda (a Ford prima e a Fiat poi) risalgono in realtà al 1963, mentre il film mostra un primo colloquio tra il Drake e l’Avvocato Gianni Agnelli proprio durante la 1000 Miglia del 1957.

Il Ferrari uomo è invece tratteggiato in modo obiettivo: il dolore straziante per la morte del figlio Dino, la dissoluzione del suo matrimonio, la relazione extra coniugale (prima segreta e poi ufficiale) con Lina Lardi, madre di Piero, oggi vice presidente, nonché proprietario del 10% della Casa di Maranello. E ne esce il ritratto, a volte anche impietoso, di un uomo che anteponeva ai sentimenti e ai doveri familiari, gli interessi dell’Azienda e soprattutto della squadra corse.
Le scene dinamiche sono molto ben girate con fedeltà nei confronti delle auto e delle loro sonorità. Questo vale sia per quanto riguarda la scena dell’incidente fatale a Castellotti, sia per il resoconto della 1000 Miglia, anche se in questa parte, per privilegiare la spettacolarità, vengono mostrati duelli ravvicinati e prolungati tra più vetture che non facevano parte degli scenari di una gara a cronometro di 1600 km.

Tra le curiosità: Enzo Ferrari amava le Peugeot e per tutto il film si muove a bordo di una 403 verde acqua. Un cameo: pochi secondi di Marc Gené, collaudatore della Scuderia Ferrari e commentatore TV della Formula 1 per Sky Sport. Una raccomandazione: se siete sensibili, chiudete gli occhi quando le “cineprese” indugiano sulle conseguenze dell’incidente di Guidizzolo.
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