
Se si guarda indietro di vent’anni, la fotografia delle strade italiane è profondamente diversa da quella di oggi: il numero di vittime è crollato di oltre il 60%, segno che normative, controlli e tecnologie di bordo hanno inciso in modo significativo sulla sicurezza. Tuttavia, negli ultimi anni questa discesa si è fatta più lenta, quasi esitante. Il confronto con il 2019 — l’anno scelto dall’Unione Europea come base per gli obiettivi di dimezzamento dei morti entro il 2030 — evidenzia infatti solo lievi miglioramenti sul fronte del numero di incidenti (-1,5%) e dei feriti (-5%), mentre la riduzione delle vittime è più marcata (-14,6%) ma ancora distante da quanto richiesto per rispettare la tabella di marcia europea.
In questo contesto, i dati diffusi da ACI e Istat sul primo semestre 2025 offrono un elemento di fiducia: da gennaio a giugno si contano 82.344 incidenti con lesioni, in leggero calo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (-1,3%). Le persone decedute entro 30 giorni dall’evento scendono a 1.310, con una diminuzione del 6,8%, mentre i feriti si attestano a 111.090 (-1,2%).Numeri che, letti nella loro quotidianità, equivalgono a 455 sinistri e oltre sette vittime al giorno: ancora troppo, ma meno di dodici mesi fa.
La dinamica cambia se si osservano le diverse tipologie di strada. Le tratte urbane e extraurbane registrano un buon miglioramento, con cali rispettivamente dell’8,4% e del 7,1% nelle vittime. La tendenza si ribalta invece in autostrada, dove si segnala un incremento del 4,4%. Un’anomalia, soprattutto considerando che il traffico sulla rete principale è rimasto praticamente stabile nei primi mesi dell’anno, con una variazione complessiva dello 0,3%.
La frenata dei progressi nella sicurezza stradale non è un fenomeno solo italiano, ma nel nostro Paese assume contorni particolari. Dopo un lungo periodo di miglioramenti costanti, la curva si è appiattita: i comportamenti alla guida restano critici — distrazione, velocità, mancato rispetto delle precedenze — mentre l’evoluzione delle infrastrutture procede con tempi spesso più lenti rispetto alle esigenze reali.
Il dato relativo alle autostrade, in particolare, impone una riflessione. Sebbene siano considerate tra le arterie più sicure, l’aumento delle vittime nel 2025 suggerisce che distrazione, velocità elevate e cantieri possano aver inciso più di quanto non faccia la quantità di traffico. Al contrario, in contesti urbani, dove gli incidenti rimangono numerosi ma mediamente meno gravi, gli interventi degli ultimi anni — zone 30, moderazione del traffico, nuovi percorsi protetti per pedoni e ciclisti — sembrano mostrare i primi effetti concreti.
Il risultato complessivo del semestre non basta, da solo, a rimettere l’Italia sulla traiettoria europea verso il dimezzamento dei morti entro il 2030. Ma rappresenta comunque un punto di ripartenza: un’indicazione che, con politiche mirate e investimenti costanti, la sicurezza può tornare a migliorare in modo più deciso.
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