
Testo di Roberto Sposini
Adess ghe capissaremm on quaicoss: andemm a guardagh denter”. Traduciamo per i non milanesi: “Adesso ci capiremo qualcosa: andiamo a guardarci dentro”. Suonava così il motto, in dialetto milanese, dell’ingegnere Luigi Emanueli, inventore per Pirelli del cavo a olio fluido e, nel 1951, del celebre pneumatico Cinturato. Perché citarlo? Perché è quello che abbiamo fatto anche noi: “Guardarci dentro”.
Per esempio, per capire cosa nasconde il Cyber Tyre e come un pneumatico, connesso a un sofisticato sistema di monitoraggio, può rilevare in tempo reale le condizioni dell’asfalto, l’umidità, il ghiaccio, le buche. Pneumatici intelligenti capaci, già adesso, di ridurre i rischi di incidente. Per capire, ancora, come applicando sistemi di intelligenza artificiale, sia possibile comprendere meglio le dinamiche legate al funzionamento del pneumatico, accelerandone l’evoluzione grazie a test virtuali che riducono tempi e risorse necessarie per lo sviluppo.
“Andemm a guardagh denter”, ci siamo detti, e per farlo cosa di meglio che passare una giornata in Pirelli, in quell’headquarter di Milano, situato nel quartiere Bicocca, dove convivono passato (la villa nobiliare della Bicocca degli Arcimboldi, costruita nel XV secolo e oggi sede di rappresentanza del gruppo) con la modernità firmata dallo studio Gregotti del Centro tecnologico polifunzionale, con la ex torre di raffreddamento, 46 metri di cemento armato “avvolti” da un cubo di vetro e acciaio alto 10 piani che ospita un auditorium, sale riunione, uffici e – dulcis in fundo – un eliporto all’ultimo piano.
Pronti? Seguiteci. Il nostro viaggio parte da Pirelli P Zero, il pneumatico simbolo della sportività che nel gennaio scorso ha compiuto 40 anni. Perché da qui? Perché è l’esempio di come un prodotto nato dall’innovazione (spalla interna intagliata, spalla esterna “simil slick” e parte centrale come punto di equilibrio tra le due aree), ha saputo evolversi fino alle versioni Elect, pensate per intercettare i nuovi bisogni della transizione elettrica dell’auto (vedi coppia, accelerazione, autonomia, silenziosità, ma anche maggior peso) fino alla versione E, realizzata con il 55 % di materiale di origine biologica o riciclato.

Insomma, P Zero era e resta il “pneumatico iconico della Bicocca”, come lo chiamano in Pirelli. E oggi, giunto alla sua 5a generazione, ci dà lo spunto di riagganciarci alla ragione della nostra visita in Pirelli. Perché il P Zero di oggi nasce proprio da quell’intelligenza artificiale che citavamo all’inizio, che grazie a complessi algoritmi e ai test virtuali, ha permesso di sviluppare in tempi più rapidi una gamma che va dalla strada alla F1.
Ma cosa si nasconde dietro lo sviluppo di un pneumatico? Cosa ne dite di misteriosi laboratori sotterranei dove si effettuano giorno e notte test fino a 500 km/h? O di una stanza completamente insonorizzata, alla quale si accede da una porta che ricorda quella di un caveau, dove si verifica il rumore di rotolamento ricreando le condizioni di acustica più disparate. O, ancora, di un simulatore dove, a bordo di una Porsche 911 adattata allo scopo, i collaudatori possono simulare virtualmente le condizioni più estreme senza dover ricorrere a prove in pista, con evidenti vantaggi economici e ambientali.

Insomma, benvenuti nell’era della trasformazione digitale nel settore dei pneumatici. Un’era in cui le “gomme” che equipaggiano già oggi la nostra auto nascono dall’integrazione dell’intelligenza artificiale, del machine learning, che non sono solo nei processi produttivi, ma integrati nel prodotto stesso, dove sensori collegati al cloud raccolgono e inviano dati su pressione, temperatura, usura e condizioni stradali. Una nuova generazione di pneumatici che da un canto comunicano con l’auto e con i suoi adas e dall’altro si interfacciano con l’ambiente circostante – pronti a un ruolo da protagonisti nella mobilità di domani, a bordo di quell’auto autonoma che ci attende nelle smart city del futuro.

Ma, come diceva lo scrittore Primo Levi: “Non c’è futuro senza passato”, dunque un consiglio: andate anche voi in Bicocca e, come noi, visitate l’archivio storico: quattro chilometri di fotografie, manifesti, audiovisivi, bozzetti… Siamo certi che tutto questo, vi aiuterebbe a capire come siamo giunti fin qui.

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