
Testo di Laura Carcano
Una citycar color pastello, magari parcheggiata a fatica, oppure un suv compatto pieno di seggiolini sul sedile posteriore: sono ancora queste, per qualcuno, le “auto da donna”. Immagini vecchie, scolorite come un adesivo sbiadito sul lunotto. Perché la verità è semplice: le auto da donna non esistono. Le automobili sono progettate per rispondere alle esigenze delle persone, non a quelle di un genere.
Alte o basse, single o con famiglia, appassionate di sportività o attente all’ambiente: le automobiliste oggi cercano nei modelli ciò che chiunque desidera in un mezzo moderno – efficienza, sicurezza, comfort, tecnologia, design. E i numeri lo confermano: nel 2024 il 41,7% delle nuove immatricolazioni in Italia è intestato a donne.
Per decenni il cosiddetto gender marketing ha cercato di incasellare le donne in target predefiniti, proponendo modelli semplificati e, spesso, paternalistici. Ma oggi il cliché fa fatica a stare al passo. Le clienti – sempre più competenti e consapevoli – leggono schede tecniche, confrontano consumi ed emissioni e valutano il valore residuo. Il colore preferito? Il grigio, secondo una recente indagine.
Ci sono costruttori che hanno saputo cogliere questa evoluzione, trasformandola in una visione concreta. È il caso di Volvo Cars, recentemente premiata come brand automobilistico più attento alle donne dal WWCOTY – Women’s Worldwide Car Of The Year, il prestigioso riconoscimento assegnato da una giuria internazionale composta da 82 giornaliste del settore provenienti da 55 Paesi.
Il premio speciale, intitolato a Sandy Myhre – pioniera del giornalismo automotive, la prima donna accreditata nelle redazioni di settore – sottolinea l’impegno di Volvo sul fronte dell’inclusione e dell’equità. E non si tratta solo di dichiarazioni di principio.

Già nel 1995, Volvo fu la prima Casa a utilizzare manichini femminili nei crash test, tenendo conto di corporature diverse da quella maschile standard. Ha sviluppato soluzioni innovative come gli airbag laterali SIPS, gli inflatable curtain, i sistemi anti-colpo di frusta e i seggiolini integrati per bambini. Molti di questi dispositivi sono nati grazie al lavoro di Lotta Jakobsson, Senior Technical Specialist del Volvo Safety Centre, figura chiave nella ricerca sulla sicurezza reale, fondata sull’analisi degli incidenti stradali.
Jakobsson non rappresenta “una donna di successo nel mondo dei motori”. Rappresenta, più semplicemente, un’eccellenza tecnica nel settore automotive.

Accanto a lei, una nuova generazione si sta facendo strada. Come Katharina Sachs, giovane designer della nuova Volvo EX30. A soli 28 anni, ha firmato il modello elettrico più compatto della Casa svedese. «Quando vedo una EX30 per strada, mi emoziono. In Volvo ho trovato fiducia e possibilità di crescita. E quando ti senti supportato, puoi davvero dare il meglio», racconta.

E se qualcuno pensa che si tratti solo di belle parole, bastano i dati di Volvo:
Numeri che in Italia fanno notizia, dove una donna su tre non ha nemmeno un conto corrente intestato e il gap salariale medio sfiora ancora il 30%. Per questo, Volvo ha fissato due obiettivi concreti: raggiungere il 34% di donne in in posizione di leadership entro il 2030 e garantire la parità retributiva entro il 2027.
Il premio del WWCOTY ha motivato così la scelta: «Volvo Cars ha dimostrato da tempo il suo impegno nei confronti delle donne. Ha un’ampia rappresentanza femminile nella forza lavoro, mentre per la sicurezza utilizza dummies di donne incinte dal 1995. Ha collaborato con Girls Who Code, un’organizzazione che si impegna per colmare il divario di genere nella tecnologia».
La parità di genere passa anche dal linguaggio. Ci impegniamo a cancellare “macchina da donna” dal nostro vocabolario.
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