
Testo di Mattia Eccheli
Una cesura, anche se il giro di parole impiegato da Hildegard Müller, presidente della VDA, l’associazione che rappresenta la filiera tedesca dell’industria automobilistica dell’auto, per definire i dazi imposti da Donald Trump nel cosiddetto “giorno della liberazione” è un altro: “Le misure annunciate rappresentano anche un onere enorme e una sfida sia per le aziende sia per le catene di fornitura globali dell’industria automobilistica”, ha dichiarato.
Le nuove imposizioni – al 20% per l’Unione Europea e al 25% per le auto non prodotte negli Stati Uniti (quindi anche quelle che i costruttori nazionali assemblano fuori dai confini nazionali) – “segnano un cambiamento fondamentale nella politica commerciale”, ha insistito Hildegard Müller. Secondo la quale “è chiaro già adesso che gli sviluppi avranno ripercussioni negative sulla crescita economica a livello globale”. “Ci saranno conseguenza anche sull’occupazione”, ha ammonito. La sollecitazione dell’associazione tedesca a livello comunitario è triplice: l’Unione deve presentarsi unita, essere disponibile al dialogo e sostenere il commercio globale libero e equo. Più di altri paesi, la Germania è preoccupata per l’industria dell’auto perché gli Stati Uniti sono il principale mercato di destinazione dell’export nazionale con 450.000 unità vendute nel 2024 sull’altra sponda dell’Atlantico, dove Porsche consegna quasi una vettura su quattro.
Secondo Trump, che ha spiegato al mondo come gli Stati Uniti siano stati “derubati” anche dai paesi amici, inclusi quelli dell’Unione Europea, che si sarebbero arricchiti alle spalle degli americani (l’economia statunitense vale il 25% di quella mondiale, mentre la popolazione supera di poco il 4%: il problema è pertanto soprattutto la distribuzione della ricchezza negli USA), i dazi costringeranno tutti a tornare a produrre in America.
Gli esperti hanno già messo in guardia circa i rischi sull’inflazione, perché, almeno per quanto riguarda le auto, due sole case (Rivian e Tesla) fabbricano sul territorio nazionale tutte le vetture che vendono sul mercato domestico.

Ford ha deciso di approfittare della situazione, dopo che in marzo il mercato ha subito un’impennata proprio in vista degli annunci sui dazi e i temuti aumenti dei prezzi, stimati fra i 4 e i 10.000 dollari per veicolo. Con il piano “From America for America” e grazie a scorte superiori alla media, l’Ovale Blu ha varato una promozione con sconti per i clienti parificati a quelli per i dipendenti su gran parte della propria gamma, come ha riportato l’agenza Reuters. Gli acquisti incentivati valgono fino al 2 giugno. Ford produce negli Stati Uniti circa il 77% delle auto che vende, la percentuale maggiore fra i marchi “generalisti”.
Poi ci sono Honda (65%), Stellantis (57%), Subaru (56%), Nissan (52%) e General Motors (52%). Hyundai (33%) aveva già anticipato un piano da 21 miliardi di dollari (assieme a Kia) per fabbricare oltreoceano.
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