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Feriti gravi sulle strade europee: l’emergenza dimenticata

di Marco Triulzi - 01/04/2025

Nel nuovo rapporto dell’European Transport Safety Council (ETSC), che analizza gli ultimi dati completi disponibili, emerge un quadro preoccupante: nel 2023 più di 20.400 persone hanno perso la vita in incidenti stradali nell’Unione Europea. A questa cifra già drammatica si aggiungono 1,29 milioni di feriti, tra cui 141.000 con lesioni gravi.

Eppure, mentre i decessi sono monitorati con attenzione e al centro dell’azione politica, le ferite gravi restano in gran parte sottovalutate, nascoste dietro a dati incompleti e sistemi di rilevamento disomogenei.

Secondo il rapporto, i feriti gravi rappresentano un’emergenza silenziosa: persone che sopravvivono, ma con danni permanenti, disabilità, dolori cronici e costi sociali elevatissimi. Il problema è che molti di loro non vengono nemmeno conteggiati.

I dati ufficiali non bastano: feriti reali molti di più

I numeri raccolti dalla polizia danno una prima idea dell’impatto, ma in molti Paesi la realtà è molto peggiore. In Danimarca, ad esempio, mentre le statistiche ufficiali indicano 550 feriti per milione di abitanti, uno studio ha stimato il vero numero in oltre 14.600. In Francia, l’osservatorio nazionale ONISR ha calcolato che 170.000 feriti non risultano nei dati ufficiali. In Norvegia, meno del 40% dei feriti gravi compare nei registri delle forze dell’ordine.

Credit: ETSC. Il 57% delle persone gravemente ferite sono utenti vulnerabili della strada. I ciclisti rappresentano la quota più alta tra tutti i feriti gravi

La capacità dei vari paesi di rilevare i feriti gravi è estremamente disomogenea. In Grecia, si registra un ferito grave ogni morto. In Germania, il rapporto è di 21 a 1; in Svezia e Malta 20 a 1; in Austria e Paesi Bassi 19 a 1.

E in Italia? Secondo i dati ufficiali raccolti tramite metodologia MAIS3+, nel 2023 sono stati registrati 16.989 feriti gravi​. Il rapporto tra feriti gravi e morti è di circa 5,6 a 1, considerando che nello stesso anno si sono contati 3.039 decessi​. Inoltre, si contano 281 feriti gravi ogni milione di abitanti, un dato in linea con la media europea, ma che potrebbe comunque rappresentare una sottostima, in assenza di un sistema completamente integrato tra polizia e ospedali​.

Gli utenti vulnerabili

Quali sono gli utenti più vulnerabili della strada? I ciclisti rappresentano il 25% dei feriti gravi, pur essendo coinvolti solo nel 10% dei decessi. È un dato che racconta molto: spostarsi in bici, a piedi o con un monopattino comporta oggi un rischio sproporzionato rispetto alla visibilità politica del problema.

I numeri italiani elaborati da Aci-Istat (QUI il report dettagliato) confermano questa fragilità. Nel 2023 si sono registrati 15.118 incidenti che hanno coinvolto biciclette tradizionali, con 14.665 ciclisti feriti. A questi si aggiungono 1.391 incidenti con biciclette elettriche (spesso utilizzate dai rider per le consegne), che hanno provocato 1.367 feriti, in netta crescita rispetto all’anno precedente (+25%). Quanto ai monopattini elettrici, gli incidenti sono saliti a 3.365, con 3.195 feriti complessivi, anche qui in aumento rispetto ai casi del 2022. .

Anche il fattore età conta: i giovani tra i 10 e i 19 anni costituiscono il 12% dei feriti gravi tra i maschi e l’11% tra le femmine, quasi il doppio della loro incidenza nei decessi. Complessivamente, il 66% dei feriti gravi sono uomini.

Definizioni, codici, ospedali: un’Europa ancora disallineata

Per cercare di uniformare i dati, l’Unione Europea ha introdotto la definizione di ferito grave basata sul livello MAIS3+, una classificazione medica standard. Ma solo 14 Paesi e Israele sono oggi in grado di fornire dati secondo questo criterio.

Le cause di questo scarto vanno dalla mancanza di obbligo per gli ospedali di condividere i dati, fino alle difficoltà di conversione dai codici ICD (usati nei registri sanitari) alla classificazione MAIS. In alcuni Paesi, come la Svezia e l’Olanda, il collegamento sistematico tra dati della polizia e ospedalieri esiste già da anni, offrendo un modello replicabile.

Il target 2030 è in ritardo: solo -13% in dieci anni

Nel 2020, l’Unione Europea ha fissato l’obiettivo di dimezzare le lesioni gravi entro il 2030. Ma tra il 2013 e il 2023 il calo è stato solo del 13%. Le morti stradali sono diminuite del 16%, mentre le ferite lievi hanno avuto una riduzione ancora più modesta. È chiaro che l’Europa non sta avanzando al ritmo necessario, e che servono misure più incisive, rapide e coordinate.

Il rapporto dell’ETSC lancia un appello: senza una raccolta dati armonizzata, senza definizioni comuni e senza una reale attenzione ai feriti gravi, le politiche stradali restano cieche. Ogni ferita non registrata è un rischio non previsto, un tratto di strada non messo in sicurezza, una lezione non appresa. Le vite salvate passano anche da qui: riconoscere chi sopravvive, ma resta segnato per sempre.

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