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Wayne Griffiths (Cupra) all’attacco dei dazi

di Redazione - 10/02/2025

Testo di Mattia Eccheli

Nella manovra “a tenaglia” dei costruttori europei a difesa dell’industria dell’auto, il numero uno di Seat e Cupra, Wayne Griffiths, evoca tagli al personale senza interventi della Commissione Europea sui dazi alle importazioni di auto elettriche cinesi. La disputa è sulla Cupra Tavascan (immagine sopra), il Suv a zero emissioni che il marchio spagnolo produce nello stabilimento Volkswagen della Repubblica Popolare di Anhui nell’ambito della joint venture con la JAC Motors.

“Se il nostro marchio redditizio rischia, rischia anche Seat”

Cupra – ha spiegato all’agenzia Reuters il manager britannico con cittadinanza anche tedesca – costituisce la nostra svolta ed è il marchio che ha reso redditizia la nostra società. Se Cupra è a rischio, allora anche Seat è a rischio”. Griffiths aveva già attaccato i dazi alla vigilia della loro introduzione, rivendicando la “europeità” della vettura soggetta all’imposizione addizionale del 20,7% che si comma al 10% iniziale.

Un balzello eccessivo per riuscire a garantire la marginalità che si intreccia con la necessità di ridurre le emissioni di CO2 per non incorrere nelle multe che scatteranno a fine 2025 in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi, peraltro almeno finora più restrittivi, anche se resta da capire cosa cambierà con il piano annunciato per il prossimo 5 marzo.

Per il Ceo è necessaria una soluzione entro il primo trimestre

Il ragionamento del Ceo dei marchi spagnoli del gruppo Volkswagen è semplice. Il dazio applicato all’elettrica da circa 52.000 euro ha impedito che Seat SA, la capofila che controlla i due brand catalani Seat e Cupra, centrasse gli obiettivi finanziari nel 2024 e, riferisce la Reuters, costerà ancora centinaia di milioni quest’anno con il rischio di venire esclusa dalla gamma e di far pertanto aumentare le emissioni medie della flotta di nuova immatricolazione. “Non abbiamo molto tempo. È necessario che si trovi una soluzione entro il primo trimestre”, avverte Griffiths, preoccupato per le soglie alle CO2. “Non è un problema che si possa risolvere da un giorno all’altro – argomenta – e allora non ci resta che ridurre la potenza del motore a combustione e iniziare a licenziare le persone”. “Questo è ciò che accadrà se non riusciamo a trovare una soluzione”, conclude. A rischio ci sarebbero circa 1.500 posti in Spagna.

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