
Testo di Mattia Eccheli
La pandemia è alle spalle, ma il mercato tedesco dell’auto non si è ancora ripreso. La KBA, l’ufficio federale dei trasporti di Flensburg, ha contabilizzato un calo delle immatricolazioni del 7,1% in dicembre con un consolidato per il 2024 sceso dell’1%, seppur attorno a quota 2,8 milioni di unità targate. Tra il 2016 e il 2019, prima del Covid, la media annuale oscillava attorno ai 3,4 milioni di esemplari. Con le immatricolazioni che restano di quasi il 19% sotto i livelli medi che hanno preceduto la pandemia. La Germania, insomma, viaggia ancora a quasi un quinto di registrazioni in meno.
Il bilancio ambientale tedesco delle auto di nuova immatricolazione si è appesantito: le emissioni medie di CO2 sono cresciute del 4,2% attestandosi a 119,8 g/km giusto alla vigilia dell’anno in cui entrano in vigore i nuovi e più restrittivi parametri circa i quali i costruttori hanno sollevato ripetute perplessità, per fare ricorso a un eufemismo. Sul dato, negativo, ha inciso l’andamento del mercato delle elettriche, le cui sovvenzioni erano state annullate dal governo, ormai decaduto, a fine 2023. I volumi dei modelli a batteria hanno subito una flessione del 27,4% (380.600 unità), e valgono il 13,5% del totale. Le registrazioni delle elettrificate sono così rimaste sotto il 50%, perché quelle di auto a benzina (35,2%) e diesel (17,2%) hanno totalizzato oltre il 52%.
Il mercato è stato sostenuto dalle ibride con quasi 950.000 targhe, pari ad una crescita del 12,7% (i soli volumi delle plug-in sono aumentati del 9,2%). La penetrazione di questa tecnologia è stata complessivamente del 33,6%: 26,8% di ibride e 6,8% di ibride ricaricabili. Questo risultato ha avuto ripercussioni evidenti sui bilanci dai vari marchi. Quelli totalmente elettrici hanno scontato il calo delle immatricolazioni, a cominciare da Tesla che ha commercializzato 37.574 auto, il 41% in meno rispetto al 2023. Male anche altri costruttori a zero emissioni: -30% per BYD, che pure aveva sponsorizzato gli europei di calcio tedeschi, Ineos (-49,8%), Nio (-68,5%) e Smart (-28,4%).
Più in generale hanno faticato le case automobilistiche cinesi, tipo Great Wall (-35,6%) o MG, che ha peraltro limitato i danni chiudendo quasi in linea con il mercato (-1,2%). Ma anche due dei brand della Geely, cioè Lynk&Co (-97%) e Polestar (-49,4%), contrariamente a Volvo (+39,3%). Il know-how ibrido ha premiato diversi marchi, soprattutto giapponesi. A cominciare da Lexus (+75,3%) e Toyota (+27% con una penetrazione del 3,4%), per proseguire con Mitsubishi (+50,8%).
Risultati incoraggianti per i brand francesi del gruppo Stellantis: +50,1% DS, +44% Peugeot e +32,9% per Citroen. Male, invece, Fiat e Maserati: -24,8% e -48,3%. La maggior crescita percentuale in assoluto è stata peraltro contabilizzata dalla Lucid Motors, il rivale americano di Tesla che può contare sui fondi sauditi: +296%. Il dato va tuttavia contestualizzato perché le immatricolazioni sono state solo 392 e la quota di mercato non raggiunge il punto percentuale. Marchi esclusivi come Ferrari e Lamborghini hanno venduto molto di più, rispettivamente 1.827 (+10,6%) e 1.114 modelli (+17,4%). Un solo costruttore, Volkswagen, ha una penetrazione in doppia cifra, 19,1% (+3,4%). Il podio è tutto tedesco: Mercedes è seconda con il 9,2% (-7%) e BMW terza con l’8,3% (-0,1%). Il primo costruttore straniero è Skoda con una quota del 7,3% (+22%), che gli vale la quarta posizione assoluta, davanti anche a Audi (7,2%, -18,1%).
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