Testo Federico Lanfranchi, fotografie Danilo Orsi
Mi scuserai se leggendo questo articolo ti sembrerò troppo di parte, ma quella che vedi qui fotografata è un’auto della quale mi sono innamorato appena l’ho vista e per la quale, nel 2008, sono corso in concessionaria a staccare un assegno di quasi 14 mila euro. Da allora, la Fiat Panda 100 HP, e intendo proprio questa Fiat Panda 100 HP, non ha più lasciato il mio box. Il suo contachilometri segna oggi più di 180 mila km. Ha effettivamente bisogno di qualche ritocchino estetico e meccanico (lo so che te ne sei già accorto), ma è un giocattolino che funziona ancora a meraviglia.
Piccolo passo indietro, per contestualizzare: la versione 100 HP della Panda serie 169 spuntò quasi a sorpresa al Salone dell’Auto di Parigi del 2006, coi francesi che avrebbero dovuto e voluto farla da padroni nel settore delle citycar pepate, presentando al mondo quella piccola peste della Renault Twingo RS.
Non avevano fatto i conti con un altro marchio che con le utilitarie arrabbiate ci ha sempre saputo fare: la Fiat, appunto. Sarebbe stato divertente vedere le facce dei cugini d’Oltralpe quando videro arrivare in fiera un Ducato, kittato come un pickup dei Transformers, su cui se ne stava adagiata questa Panda anabolizzata, con il vestito da ragazza cattiva e 100 cavalli sotto al cofano. Au revoir Twingo RS: gli sguardi del pubblico vennero tutti calamitati dalla piccola protagonista dello stand torinese.
Una mossa, quella di Fiat, che oltretutto sapeva tanto di ripicca, perché l’erede della prima Panda avrebbe dovuto chiamarsi Gingo. Appena sentita la notizia, però, quelli di Renault sguinzagliarono i loro più agguerriti avvocati per diffidare Fiat dall’utilizzo di un nome troppo simile al loro Twingo. Quindi, per evitare interminabili querelle, alla fine in Fiat si decise di restare sul meno controverso Panda.
A guardarla, la Panda 100 HP rievoca la memoria di alcune piccole auto che negli anni 70 e 80 avevano fatto divertire tanto i ragazzi (e non solo loro): Innocenti Mini De Tomaso, Autobianchi A112 Abarth e Fiat Uno Turbo. Avevano linee del tutto simili a quelle delle rispettive versioni regolari, ma erano impreziosite da dettagli sportivi e, sotto il cofano, da un motore potente. Praticamente la ricetta della felicità per un giovane appassionato di auto.
La matita di Bertone è stata utilizzata anche per tracciare le linee sportive della sua Panda serie 169, alla quale ha aggiunto due griglie a nido d’ape sui paraurti, codolini e minigonne per allargare la carreggiata e uno spoiler sul lunotto posteriore: come direbbero Oltralpe, les jeux sont faits. Sulla mia 100 HP ho aggiunto anche il kit Pandemonio, che è composto da pinze dei freni rosse, cerchi e specchietti color titanio e una striscia argento che corre sotto la linea dei finestrini. Secondo me sottolinea il carattere sportivo di questa Panda.
Come colore ho scelto il Grigio Sfrenato, secondo il catalogo, perché le altre quattro tinte disponibili (bianca, nera, rossa e blu) non mi sembravano consone alle linee spigolose della Panda. Credo che anche gli uomini Fiat, nonché la maggior parte dei clienti, l’abbiano pensata così. Clienti matti come me, diciamocelo: perché se vuoi comprare un’utilitaria, difficilmente ti salta in testa di prenderne una rigida, nervosa e assetata di benzina.
In effetti, nei quattro anni di permanenza a listino, di Panda 100 HP ne sono state vendute pochine. Purtroppo. O per fortuna, perché oggi chi ne possiede una si trova tra le mani un modello destinato a rivalutazione sicura. È anche vero che di esemplari belli, e di colore diverso dal grigio (ti sfido a trovarne una rossa), in giro ne troverai davvero pochi.
Ma veniamo al succo: com’è la Panda 100 HP da usare? Una sola parola: goduria (ok, d’accordo, io sono di parte, ma l’ho dichiarato subito). La usi in città e salti per aria a ogni tombino che incontri, complici l’assetto duro come la pietra e le gomme da 15” ultraribassate. Se però esci dal circuito urbano e ti imbatti in una di quelle stradine tutte curve e controcurve, beh lì capisci il perché del mio piacere.
La macchina è incollata all’asfalto come una gomma americana si attacca a una suola. E fa proprio quello che vuoi, tipo kart; unica “pecca”, per chi come me è amante della prestazione pura, è il motore, nel senso che questo bel telaio potrebbe sopportare sollecitazioni maggiori. Diciamo che, se questa Panda si fosse chiamata “130 HP”, sarebbe davvero stata la quadratura del cerchio.
A renderla bella da usare è anche il cambio, che ha sei marce correttamente distanziate e la leva posizionata a una spanna dal volante, cioè proprio il posto giusto. Per questo gli inserimenti di marcia sono fulminei e devi anche rassegnarti a usarla spesso, questa leva, se vuoi andare allegro, perché il motore 1368 cm³ a 16 valvole ama tirare in alto, come un vero purosangue da pista. E anche per questo non è parco nei consumi come l’umile 1.1 Fire della versione base (si parla comunque di quasi 16 km/l).
All’interno, di richiami sportivi non ce ne sono troppi, ma quelli giusti sì: il volante rivestito in pelle, i sedili con un contenimento laterale appena accennato e il tasto Sport in plancia. Se sulla versione base, premendo il bottone City lo sterzo si ammorbidisce, sulla 100 HP schiacci lo Sport e succede l’opposto: volante duro e pedale del gas molto più reattivo. Per il resto, negli anni è stata criticata per la posizione di guida troppo alta da terra: è vero, ma non dimenticarti che tutta la componentistica e l’architettura dell’interno sono identiche a quelle delle altre Panda.
Cioè si tratta di una citycar che accoglie comodamente quattro persone e si rivela discreta persino nella capienza del bagagliaio. Cioè la 100 HP non sacrifica nulla della praticità della Panda e questo non è scontato. Insomma, se vuoi un’auto con personalità, fuori dal coro e che ti faccia divertire con poco, considera seriamente una di queste nanerottole e fammi sapere se sono stato troppo fazioso o se la 100 HP è stata capace di conquistare anche il tuo cuore.
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