Testo Marco Visani, fotografie Wolfango
Tutte queste cose insieme, e molto di più. Oggi sono oramai in pochi a ricordarla. Destino quasi inevitabile, per un’azienda che ha chiuso i battenti nel 1970. Eppure la Società Italiana Applicazioni Tecniche Auto-Aviatorie, questo significava l’acronimo, fu una presenza singolare e capillare nel mondo della meccanica del nostro Paese a partire dalla fondazione, avvenuta a Torino nel 1926.
L’indizio è già nel nome. Lavorava a tutto campo in qualunque settore richiedesse la presenza di creatività e competenza applicate ai trasporti. In verità quella faccenda degli aerei fu solo un’aspirazione, mortificata da una realtà commerciale che impose all’azienda di concentrarsi piuttosto sull’altra “A”, quella automobilistica. Privilegiando un ambito di specializzazione che, in un mercato dalla struttura molto semplice, era meno di nicchia di quanto possa sembrare visto oggi: l’elaborazione dei motori Fiat. Per lo più trasformando blocchi a valvole laterali in valvole in testa, oppure sovralimentandoli mediante compressori Roots.
Ai tempi della Balilla, la Supertesta Siata è un autentico must have, perché fa andare forte ed è preceduta da una fama di grande affidabilità. In pratica è come se quel nome significasse “Abarth”, prima della nascita dell’Abarth stessa. Ma Siata inizia presto anche a progettare carrozzerie autonome rispetto ai tipi Fiat, dai quali pure le sue vetture continuano a derivare meccanicamente.
Arrivano, così, le due generazioni dell’Amica, una deliziosa piccola cabriolet su base Topolino. Le restrizioni dell’immediato dopoguerra consigliano poi all’azienda di sfruttare il business della mobilità a basso costo con il Cucciolo, micromotore (un cinquantino, però a quattro tempi!) da applicare alla bicicletta, in seguito industrializzato dalla Ducati.
Ma le auto “speciali” non vengono mai messe da parte. Quando, nel 1953, la Fiat lancia la 1100/103, per la prima volta le sviluppa intorno una vera e propria gamma: berlina normale in due livelli di allestimento, berlina sportiva (la TV, Turismo Veloce), Familiare, spider. Si “dimentica” giusto della coupé. Alla quale, non a caso, provvede la Siata. E qui si crea uno straordinario intreccio di competenze. Perché la sua 1100 GT è un disegno realizzato, per conto della Carrozzeria Vignale (che la costruisce materialmente) da Giovanni Michelotti.
Il suo bel profilo è straordinariamente moderno nell’autunno 1953, quando viene presentata. C’è un dettaglio, nella vista laterale, che molti anni più tardi avremmo visto su numerose Bmw. Ovvero la base del finestrino laterale che si rialza verso il fondo, dando più corpo al montante. Quell’elemento, conosciuto come “il gomito di Hofmeister”, è in realtà… il gomito di Michelotti.
Da brava fuoriserie, la 1100 GT può essere personalizzata su richiesta del cliente e viene realizzata in una moltitudine di varianti, inversamente proporzionale ai bassi volumi produttivi. Viene allestita sia sulla meccanica della 103 normale con 36 cavalli (raggiungendo, grazie alla migliore profilatura, i 120 km/h invece dei 116 della berlina) sia su quella della TV, che di cavalli ne ha invece 50 (per 135 km/h).
Per entrambe la verniciatura può essere monocromatica o bicolore, con sfumature e tagli della tinta che variano su ogni esemplare o quasi. Inoltre, mentre la GT “base” ha un allestimento più turistico (sedile anteriore a panchetta, cambio al volante), la GT TV sfoggia poltroncine separate, leva al pavimento – che la Siata peraltro vende anche come accessorio per le 1100 di normale produzione, e un fendinebbia centrale in mezzo alla griglia anteriore.
A questa “sottoserie” appartiene la protagonista del nostro servizio fotografico: in questa specifica configurazione pare ne siano state costruite solo quattro unità. La formula dubitativa è d’obbligo, per un costruttore di cui sono andati purtroppo perduti gli archivi di produzione.
Messa in strada per la prima volta a Roma nel 1954 e reimmatricolata in provincia di Varese a marzo 1959, è da giugno 2015 nella collezione The Box della famiglia Milini a Origgio, che per una felice coincidenza del destino è giusto in provincia di Varese. Acquistata in condizioni appena meno che eccellenti, è stata semplicemente revisionata (taratura del carburatore, manicotti, freni, le solite minuzie da “tagliando classico”) per prendere la strada in tutta sicurezza, come ha fatto in occasione del nostro servizio.
Le ruote a raggi montate su questo esemplare sono verosimilmente una delle tante personalizzazioni che la modalità di lavoro della Siata rendeva possibili. La cosa curiosa è che, all’acquisto, la vettura è stata fornita all’attuale proprietario anche con le sue normali ruote in lamiera.
La “nostra” GT TV fu, peraltro, una delle ultime 1100 coupé Siata con la carrozzeria prima maniera, che rispettava il disegno originale di Michelotti. Nel 1955, per accompagnarne la carriera sportiva che pareva promettente, la Siata pensò di dotarla di una più leggera scocca in alluminio al posto dell’acciaio.
Non avendo però grandi conoscenze in materia, ne appaltò la costruzione a Zagato. Le 1100 GT costruite a Milano hanno una coda leggermente più affilata e due fendinebbia inseriti ai lati di un’elaborata mascherina i cui motivi centrali formano una spessa ”H” cromata. Nel frattempo, la divisione motori aumentò la cilindrata a 1247 cm³ per sfruttare i limiti dei regolamenti di gara, “tirando” sia l’alesaggio (da 68 a 70 mm) sia la corsa (da 75 a 81 mm).
La compressione crebbe da 7,6:1 a 8:1 e la potenza arrivò a 65 cavalli. La vettura era ambiziosa, forse troppo. Piegata dalle difficoltà di sostenere i ritmi elevati imposti dalla 1000 Miglia del 1955, mostrò i limiti di un’elaborazione estrema. Delle sei 1250 GT iscritte, due sole arrivarono in fondo. Il motore delle altre quattro cedette. Fu l’inizio della fine della Siata, quantomeno nelle elaborazioni.
L’attività sarebbe continuata sino all’alba degli anni 70, chiudendo la parabola produttiva con la nota Spring, una cabriolet di gusto rétro su gruppi meccanici Fiat 850. Quasi un lapsus freudiano per indicare che, da lì in poi, questa curiosa azienda al servizio dell’industria dei motori sarebbe diventata solo un dossier – e che dossier – per amanti della storia.
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