Testo e fotografie di Carlo Di Giusto
Questo è il triste destino di certe utilitarie. Vengono acquistate per necessità, utilizzate senza troppi riguardi e, alla fine, se non vengono vendute o, peggio, rottamate, finiscono nel dimenticatoio, di solito all’aperto, abbandonate nella sterpaglia o, quando va bene, negli angoli più bui di garage e capannoni, dove riposano in pace per anni, decenni talvolta. Quante volte abbiamo visto queste scene?
Ho in mano la fotografia di questa Fiat 127 Rustica parcheggiata in un deposito di mezzi agricoli di una fattoria di Codogno, in provincia di Lodi. Ha le gomme sgonfie ed è tutta ricoperta da un misto di fango, paglia, polvere e guano. Soprattutto guano. I finestrini sono così sporchi che è impossibile osservare l’interno.
In un’altra fotografia c’è un enorme trattore probabilmente utilizzato per tirare fuori la 127 dall’antro in cui era stata parcheggiata, in un’altra ancora la si vede su un carro attrezzi di Aci Global Servizi. La Rustica arriva a Bergamo alla fine di febbraio del 2020, acquistata insieme a un’Alfa Romeo Giulia, con la quale probabilmente aveva condiviso la sorte.
È qui che, nei primissimi giorni di marzo, alla viglia del primo lockdown, Marco Leva, imprenditore, collezionista e oggi presidente del Club Milanese Automotoveicoli d’Epoca, la vede, ancora tutta imbrattata dai decenni di oblio. “Era ferma dal 1995”, mi spiega Marco, “ma aveva ancora tutti i suoi pezzi originali e il motore non era bloccato”. Il resto l’ha fatto la nostalgia.
“Ne ho avuta una uguale tra l’ultimo anno di università e la fine del servizio militare”, ricorda Marco, spiegandomi cosa l’ha spinto a staccare l’assegno per una 127 in quello stato. In realtà, alla Rustica, al di là di un accurato lavaggio dentro e fuori e di un parziale rifacimento di alcuni punti della carrozzeria ammalorati, sono bastati il cambio gomme e un tagliandone per rimetterla su strada, dimostrando come certe Fiat siano incredibilmente resilienti, a dispetto del canzonatorio Fix It Again, Tony (e di tutte le chiacchiere da bar o da social network, che poi è lo stesso).
Va detto che la reputazione della 127 Rustica è stata riabilitata solo in tempi recenti: al di là di qualche sporadico, illuminato visionario, quasi nessuno in tempi passati avrebbe scommesso sul futuro collezionistico di una macchina come questa. Oggi è quasi introvabile e le richieste per i rari esemplari in vendita superano di slancio il muro dei 10.000 euro, lambendo persino le quotazioni di certe sportive Alfa Romeo. Sebbene non sappiamo a quali cifre reali vengano effettivamente scambiate, pare evidente che ci sia un risveglio d’interesse per questo tipo di macchine dal look avventuroso. E dunque anche per la Fiat 127 Rustica.
Perché l’abbiano chiamata Rustica non è dato saperlo con certezza, se non spiegandolo con la destinazione d’uso specifica, ma ho una mia personalissima teoria. Quel nome girava in Fiat già dagli anni 70, esattamente da quando l’Ital Design (allora si scriveva staccato) di Giorgetto Giugiaro e Aldo Mantovani aveva presentato ai vertici del Lingotto il progetto di un’utilitaria. Poteva essere il 1977 o giù di lì, quando con un dettagliato documento venivano illustrate le caratteristiche della Fiat Rustica, una vettura spartana, solida e robusta (per utilizzare gli stessi aggettivi) che in seguito avremmo conosciuto come Panda.
Qualcuno, un paio d’anni dopo, potrebbe essersi ricordato di questa denominazione e averla riproposta proprio per la 127. Chissà! L’idea della 127 Rustica pare l’abbia avuta l’ingegner Giulio Alfieri, che negli anni 50 ebbe un ruolo decisivo nello sviluppo delle Maserati stradali e che dalla metà degli anni 70 era passato in Lamborghini, fino a ricoprire il ruolo di direttore generale.
Alla viglia degli anni 80, a Sant’Agata l’aria è pesantissima e Alfieri si fa mandare dal Brasile le scocche Beige 841 della Fiat 147 (una 127 irrobustita, in pratica) e le allestisce con sedili minimalisti, paraurti tubolari e griglie protettive sui fanali. L’obiettivo è di produrne (e venderne, soprattutto) circa 5000 esemplari, ma nonostante gli sforzi, le cose vanno diversamente e la 127 Rustica ha più successo nelle barzellette che sul mercato. Era semplicemente arrivata con quarant’anni di anticipo, troppi anche per definirla una caposcuola.
Oggi, infatti, la guardiamo con occhi diversi un po’ perché la storia le ha restituito dignità, un po’ perché viviamo tempi in cui la personale libertà di movimento, così compromessa all’inizio di questo decennio, è diventata un valore preziosissimo. E di conseguenza apprezziamo di più le auto che ci danno anche solo la sensazione di poter andare dappertutto.
Da un punto di vista tecnico, la 127 Rustica è tutt’altro che un’auto di serie B. Sotto il cofano, per dire, c’era il quattro cilindri di 1049 cm3 che ai tempi equipaggiava la 128 e anche la nuovissima Ritmo, un moderno motore con albero a camme in testa e distribuzione a cinghia dentata progettato da Aurelio Lampredi, che si distingueva soprattutto per affidabilità e robustezza.
Che poi sono le principali prerogative della Fiat 147 dalla quale la 127 Rustica deriva. Una scocca rinforzata, sospensioni irrobustite più un allestimento specifico pensato per gli utilizzi più gravosi, che comprende anche i paraspruzzi e le protezioni del fondo. A richiesta, solo un enorme portapacchi, oggi pressoché introvabile e che all’epoca veniva offerto a 100.000 lire.
L’abitacolo è quanto di più essenziale si possa immaginare e senza neppure arrivare alla genialità dell’interno della coeva Panda. Sedili, strumentazione, accessori: qui è tutto ridotto al minimo, anche il materiale fonoassorbente. In marcia, la 127 Rustica è assai rumorosa, soprattutto agli alti regimi di rotazione, cioè molto spesso, visto che il cambio a quattro marce ha i rapporti piuttosto corti.
Essenziale e frugale, l’interno della Fiat 127 Rustica è quanto di più spartano si sia visto negli anni 80: pannelli porta totalmente lisci, cruscotto di plastica dura e sedili minimalisti ispirati a quelli della Panda. La strumentazione comprendeva però il termometro del liquido di raffreddamento e la spia dell’olio ti. Il che spiega la quasi sorprendente brillantezza in ripresa e accelerazione.
Non ti aspettare chissà quali prestazioni, eh: in teoria, la 127 Rustica potrebbe superare i 130 km/h, ma appena si superano i 100/110 orari il frastuono è tale da suggerire andature più lente, anche perché il consumo sale vertiginosamente. Le gomme tassellate, inoltre, se da un lato contribuiscono – insieme alle sospensioni a ruote indipendenti – a ottenere una buona capacità di assorbimento anche sullo sterrato, dall’altro sull’asfalto allungano gli spazi di frenata e non riescono a contrastare la naturale tendenza al sottosterzo caratteristica delle trazioni anteriori. In compenso, ti può portare quasi dappertutto. Quasi.
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