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La storia della Guida Michelin

di Redazione - 18/11/2025

guida michelin

Testo di Maurizio Bertera

Leggenda o verità, la storia della Guida Michelin inizia grazie a un anonimo gommista francese che fece arrabbiare André Michelin, ingegnere parigino e pioniere dell’automotive. Riavvolgiamo il nastro: undici anni dopo la fondazione dell’azienda di Clermont-Ferrand nel 1889, André ed Eduard Michelin intuiscono il potenziale nascente del mercato automobilistico e decidono di stampare un piccolo volume dalla copertina rossa.

Contiene mappe, istruzioni per cambiare una ruota, l’elenco delle stazioni di servizio e una selezione di ristoranti e alberghi francesi. Per vent’anni, la guida viene distribuita gratuitamente – mentre chi desidera apparire sulle sue pagine deve pagare una quota. Finché un giorno André entra in un negozio di pneumatici, vede il suo prezioso volumetto usato come supporto per un banco di lavoro e si infuria al punto da cambiare completamente strategia. Quell’episodio diventa la sua intuizione vincente.

La svolta: «L’uomo rispetta solo ciò che paga»

Se la Guida Michelin è, ancora oggi, un riferimento assoluto per viaggiatori, gourmet e soprattutto cuochi, lo si deve proprio a quel momento. Uscendo da quel negozio, Michelin decide di rendere la guida un prodotto da acquistare: la vende a 7 franchi e rimuove ogni inserzione pubblicitaria.
Per la prima volta, la nuova edizione include una lista di alberghi parigini e una selezione di ristoranti organizzata per categorie, riconoscendo il crescente interesse verso la buona tavola. Inizia così un’evoluzione costante: l’arrivo degli ispettori anonimi, già temuti dagli chef; l’introduzione delle prime stelle nel 1926; e dal 1931 la definizione di 1, 2 e 3 stelle, un sistema rimasto invariato fino a oggi.

La Rossa si evolve: diventa app, stringe accordi con piattaforme come TripAdvisor e si espande ben oltre la Francia. Oggi recensisce ristoranti e hotel in circa cinquanta Paesi, dai Baltici alla Corea del Sud fino agli Emirati Arabi Uniti. Le stelle nell’edizione 2025 sono 3.680 in tutto il mondo.

L’Italia nella Guida Michelin: dalla prima pubblicazione alla corsa alle stelle

La prima Guida Michelin italiana vede la luce nel 1956 con il titolo “Dalle Alpi a Siena”. Solo trent’anni dopo quella francese, la casa madre riconosce ufficialmente la qualità della cucina italiana – un ritardo che ha alimentato, nel tempo, un certo senso di snobismo.
Il vero debutto arriva nel 1959, quando l’Italia ottiene per la prima volta le sue stelle: ben 89 ristoranti vengono premiati. Da allora, l’ascesa è continua. Oggi il confronto con la Francia resta simbolico: 614 stelle contro le nostre 387, secondo l’ultima edizione. Il 19 novembre, al Teatro Regio di Parma, si scoprirà se il bilancio migliorerà rispetto all’anno precedente: 14 Tre Stelle, 38 Due Stelle e 355 Stelle.

Bibendum: la mascotte oraziana che è diventata un’icona mondiale

Simbolo indiscusso della guida è Bibendum, creato nel 1898: l’omino composto da camere d’aria, mascotte dell’azienda francese. Dietro il suo aspetto bonario si cela un’origine colta: il nome deriva dalla locuzione oraziana “Nunc est bibendum”, ovvero “Ora bisogna bere”.

Dal 1997, la stilizzazione del suo volto identifica i locali selezionati come Bib Gourmand: ristoranti informali capaci di offrire una buona esperienza gastronomica a prezzi accessibili. Una categoria oggi sempre più apprezzata. Con le nuove assegnazioni di novembre, in Italia i locali Bib sono arrivati a 255: una scelta sicura per chi viaggia spesso e non cerca necessariamente gli stellati.
Sono proprio queste persone – viaggiatori curiosi, automobilisti instancabili – che i fratelli Michelin immaginarono oltre un secolo fa. E sono ancora loro a custodire la “Rossa” nel vano portaoggetti, come allora.

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