
A metà anni Settanta la Lancia Stratos si appresta a diventare la “bête à gagner” (la belva da vittoria) secondo il soprannome che le daranno i francesi, gente che di Rally ne sa parecchio. La macchina ha avuto una genesi complessa: nata come esercizio di stile di una Lancia futuribile, disegnata da Marcello Gandini per Bertone. Cesare Fiorio la vede al Salone di Torino del 72 e ne resta folgorato: avrebbe bisogno una nuova macchina per sostituire nei Rally l’attempata Fulvia coupé. Ma nella gamma Lancia non c’è una vettura a motore centrale, l’unica soluzione tecnica in grado di tenere testa alle Alpine-Renault e alle Porsche!
La Strato’s di Bertone sembra più un’astronave che un’automobile, ma ha il motore centrale (della Fulvia), il marchio Lancia ed è funzionante. Fiorio si lancia in un’impresa che sembra impossibile, ma nel giro di circa un anno da quell’esercizio di stile nasce, tramite mille peripezie, una berlinetta con motore Dino-Ferrari V6, 2.4 da 270 cavalli in versione gara.
La genesi della vettura, che oltretutto deve essere prodotta in 500 esemplari pressoché invendibili al pubblico normale, è quanto di più complicato e contorto, ma alla fine si riesce a omologarla e svilupparla, rendendola vincente. Grazie a una squadra di tecnici e meccanici coi fiocchi, a partire da Giampaolo Dallara, Gianni Tonti e Mike Parkes, fino all’ultimo dei meccanici.

Nel reparto corse Lancia in quel periodo si lavora senza orari, spinti dalla passione, dal pungolo continuo di Fiorio e dalla rivalità con la Fiat, che ha appena assorbito la Lancia stessa, ritrovandosi in casa il principale rivale nei Rally. Già a fine 1973 arriva la prima vittoria, al Rally Firestone in Spagna; quasi non si è ancora partiti con gli sterrati, che già si pensa a una Strato’s per la Velocità, alla Targa Florio e alla versione turbo Gruppo 5: per mantenere in vita il programma, bisogna dimostrare a Fiat di valere la spese. Serve però una vittoria di prestigio, per mettere a tacere i mugugni nei corridoi del Lingotto.
E quella vittoria arriva al Rally più prestigioso di tutti: il Monte-Carlo, che si disputa dal 15 al 23 gennaio 1975. Munari/Mannucci hanno il numero 14 della leggendaria vittoria del 72 con la Fulvia; su Stratos ci sono anche Andruet/Jouanny e Pinto/Bernacchini; principali rivali, le Fiat 124 di Mikkola/Todt, Darniche/Mahé, Alen/Kivimaki e Bacchelli/Scabini: uno squadrone, anche come assistenza. Ma Lancia non è da meno: Fiorio è all’avanguardia su tutto e ha addirittura un medico sportivo, primo caso in assoluto; l’idea gli era venuta dopo che Munari aveva accusato un malore l’anno prima, in Inghilterra, mentre era in testa al RAC Rally. Il medico si chiama Enzo Pretolani, è di Bologna e fa bere ai piloti la teina, che ha gli effetti positivo della caffeina ma al contrario di quest’ultima viene eliminata per le vie urinarie. Le Stratos sono bianche e verdi, i colori del nuovo sponsor Alitalia, che ha sostituito la Marlboro. Tra i rivali, da non dimenticare le Alpine 110, anziane ma con piloti di primissimo livello: Ragnotti, Nicolas e Thèrier, tra gli altri.

Munari va subito in testa per poi gestire con calma, come suo costume, forte di suo e forte di un’organizzazione da manuale della squadra Lancia, che contempla per la prima volta anche l’uso massiccio di radio ricetrasmittenti, per tenere collegati Fiorio, i piloti, il direttore sportivo Daniele Audetto, meccanici e ricognitori; e addirittura fotocellule sulle speciali per conoscere in anticipo i tempi intermedi.
Munari gestisce e resta in testa per tutti i 472 km cronometrati, divisi in 22 prove speciali, di cui 8 vinte. La vittoria del duo italiano non è mai in discussione, dall’alto di una superiorità tecnica e organizzativa schiacciante. Gli uomini Lancia tornano a Torino in trionfo: la Stratos ha fatto invecchiare di colpo la Fiat 124 e il programma del reparto corse di Borgo San Paolo ha ottenuto l’imprimatur definitivo.

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