Testo di Mattia Eccheli
Nel 2024, al dodicesimo assalto, Thierry Neuville ha vinto il titolo mondiale di rally. Dal suo debutto nella classe regina del World Rally Championship, avvenuto nel 2013 con la Ford Fiesta della scuderia del Qatar e proseguito dall’anno successivo con la Hyundai, il belga ha collezionato 5 secondi e 3 terzi posti mentre vincevano allori Sébastien Ogier (8 allori), Kalle Rovanperä (2) e Ott Tänak (1), sempre con macchine diverse, ossia Volkswagen Polo, Ford Fiesta e Toyota Yaris.
All’età di 36 anni l’eterno piazzato, che è un pilota che conta molto all’interno della squadra coreana, ha coronato finalmente il proprio sogno. Con 242 punti, ottenuti con il nuovo sistema di attribuzione che, tra le altre cose, permette al secondo di ottenerne più del primo (è successo proprio nell’ultima gara a Ogier, che ne ha raccolti più del vincitore, il compagno di squadra Elfyn Evans), oltre che dividere la gara in due (18 fino a sabato e altri 7 per la giornata conclusiva, assegnati solo a chi arriva in fondo), si è aggiudicato un titolo che nessun belga aveva mai vinto prima.
Neuville rappresenta così la nona nazione in un albo d’oro in cui spiccano Francia (3 campioni, ma 18 successi) e Finlandia (7 vincitori per un totale di 11 affermazioni). Il belga si è imposto con appena due rally vinti: solo Ogier, nel 2020, quando però per via della pandemia il calendario era stato rimaneggiato e ridotto a 7 gare (13 nel 2024, che diventeranno 14 nel 2025) aveva conquistato il mondiale vincendo cosi pochi rally.
Chi arriva primo ha sempre ragione, ma Neuville ha indubbiamente beneficiato dell’assenza di due campioni del mondo su tre, impegnati solo a tempo parziale, che però hanno vinto 7 gare su 13: alle 3 di Ogier (che ha corso 10 rally) vanno sommate le 4 di Rovanperä (in 7 prove), il più giovane iridato del rally della storia (a 21 anni e un giorno), che l’anno prossimo rientrerà a tempo pieno.
Il terzo, Tänak, è e sarà il suo compagno di squadra, che era tra l’altro al comando del Rally del Giappone dove Hyundai avrebbe potuto conquistare anche il titolo costruttori, ma è finito fuori strada nella giornata conclusiva (il terzo pilota al via, Andreas Mikkelsen, era già andato a sbattere in precedenza) spianando la strada alla quarta affermazione consecutiva di Toyota (8 successi su 13 prove).
Per l’Italia, che non ha macchine né piloti nella classe regina (fatta eccezione per le sporadiche apparizioni di Lorenzo Bertelli), c’è la soddisfazione del contributo di Brembo, che ad accezione di pastiglie e pedaliere, fornisce l’impianto frenante alla Hyundai. Il costruttore coreano conquista per la prima volta i titoli individuali di rally (Martijn Wydaeghe fra i navigatori). Sul podio iridato resta Elfyn Evans, per la terza volta secondo con la Toyota GR Yaris con 210 punti, e ci ritorna lo stesso Tänak (200).
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