
Testo di Mattia Eccheli
Il Land della Bassa Sassonia guadagna ancora soldi con il dieselgate. Continental, il fornitore tedesco che non si occupa solo pneumatici e che nel 2023 ha contabilizzato un fatturato di 41,4 miliardi (+5,1%) e un utile netto schizzato dai 67 milioni del 2022 ai 1.200 dell’ultimo esercizio, +1.635%), ha accettato di pagare la multa di 100 milioni di euro.
Tale muta è stata inflitta dalla Procura di Braunschweig nell’ambito del caso della manipolazione dei sistemi di abbattimento dei gas di scarico emerso nell’autunno del 2015. La ragione è la stessa con la quale erano state fissate altre sanzioni: negligenza nell’obbligo di vigilanza.
Il gruppo Volkswagen, di cui il Land della Bassa Sassonia è azionista tanto da sedere nel Consiglio di Sorveglianza (un “curioso” fenomeno di controllante che non controlla il controllato e che “guadagna” dal mancato controllo), aveva versato quasi un miliardo, mentre in altre regioni erano stati raccolti quasi ulteriori 2,3 miliardi. Audi ne aveva pagati 800 in Baviera, Mercedes-Benz (870), Porsche (535) e Bosch (90) i restanti nel Baden-Württenberg.
Esattamente come le altre aziende, anche Continental ha rinunciato a fare ricorso, anche perché è nell’interesse della società, quotata in Borsa e con sede ad Hannover, chiudere il caso il prima possibile. Con il pagamento della sanzione non vengono invece archiviati i procedimenti contro i singoli dipendenti del gruppo.
La vicenda non dovrebbe avere particolari ripercussioni sull’esercizio in corso per via degli accantonamenti già deliberati. Continental ha 6 settimane di tempo per versare la somma. Per la violazione delle norme la sanzione è di 5 milioni: gli altri 95 sono per gli indebiti vantaggi ottenuti sul mercato. Nello stabilire l’importo della multa la Procura ha tenuto in considerazione la collaborazione della società.
Secondo gli inquirenti, anche attraverso una sussidiaria, Continental avrebbe fornito i dispositivi di abbattimento dei gas di scarico o i relativi software per i motori a gasolio a diversi costruttori, nazionali e non. I sistemi di gestione, in particolare, avrebbero almeno in parte impiegato soluzioni proibite portando a emissioni di ossidi di azoto superiori a quelle dichiarate e omologate.
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