Il successo delle vetture di William Lyons, una sorta di Enzo Ferrari all’inglese che aveva “assaggiato” il mondo delle auto ad alte prestazioni nell’anteguerra ma creato la “sua” Jaguar solo dopo il conflitto, è stato frutto della sua profonda competenza meccanica e della sua capacità nella visione del design della carrozzeria. Due vittorie alla 24 Ore di Le Mans con la C-Type nel 1953 e 1955, ottima nella meccanica ma convenzionale nel telaio e nello stile, lo spinse a “inventare” la cosiddetta, auto da corsa all’inglese. In altre parole, a cercare il meglio in ogni parte della vettura in modo da compensare possibili debolezze con la qualità dell’insieme. E le debolezze della C-Type erano nel telaio e nell’aerodinamica.
Realizzò, coi suoi tecnici e col supporto del collaudatore e pilota Norman Dewis, un telaio formato da una parte centrale di tipo monoscocca cui si fissavano longheroni che portavano motore e sospensioni anteriori. Questo chassis “misto” molto innovativo per l’epoca, aveva anche il vantaggio di favorire una forma della carrozzeria dall’alto valore di penetrazione. Nacque così la Jaguar D-Type che aveva come primo obiettivo il successo a Le Mans.
La macchina, dotata di freni a disco, novità introdotta da Jaguar già sul modello C-Type, apparve subito magnifica quando fu schierata a Le Mans nel 1954: la carrozzeria perfettamente modellata e fluida col caratteristico poggiatesta dotato di un’enorme “pinna”, mostrò il suo contributo alla velocità massima sul rettilineo dell’Hunaudières, portando la D-Type al secondo posto assoluto al debutto. Questa prima esperienza, indicò le modifiche necessarie per la versione che tutti chiamano “long nose” perchè allungata e ulteriormente affusolata. Le premesse ebbero immediata conferma col successo per tre anni consecutivi alla 24 ore francese: 1955, ’56 e ’57.
La D-Type è stata prodotta “in serie” pronto corsa su una specifica linea di montaggio e numerosissimi team privati europei e americani l’hanno usata vincendo. Ne furono prodotte la bellezza di 71 (cinque delle quali bruciate nel tremendo incendio che devastò la fabbrica nel 1957). Oggi, nella configurazione ufficiale di colore verde inglese o blu Scozia con strisce bianche dell’Ecurie Ecosse, vincitrici a Le Mans nel 1956 e ’57, sono vetture ambitissime nelle grandi collezioni mondiali.
Formula 1 2026: addio DRS e potenza elettrica al 50%: analisi tecnica delle monoposto più leggere, strette e dotate di aerodinamica attiva
In edicola il nuovo Youngclassic di dicembre-gennaio con in copertina tre Alfa rosse dotate del mitico V6 Busso