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Cina, addio incentivi: la nuova strategia per l’auto elettrica

di Redazione - 31/10/2025

Testo di Fabio Madaro

Cina, la grande svolta

Il governo cinese ha deciso: nel Piano Quinquennale 2026-2030, le cosiddette NEV (new energy vehicles, ossia auto elettriche, ibride plug-in e con celle a combustibile) non saranno incluse tra le industrie strategiche del Paese.

Questa scelta “storica” segna la rottura con una tradizione inaugurata nel 2010, attraverso cui Pechino aveva erogato sovvenzioni ai produttori e incentivi ai consumatori, accumulando circa 220 miliardi di dollari di sostegni tra il 2010 e il 2023.

Con l’esclusione delle NEV dalla lista dei settori strategici, lo Stato “stacca la spina”: niente più sussidi generali né incentivi a pioggia. Il ragionamento ufficiale è che il mercato abbia ormai raggiunto una certa maturità e che non sia più necessaria un’azione pubblica massiva.

Cina: le ragioni della decisione

Secondo gli analisti, la Cina considera il comparto delle auto a nuova energia diventato abbastanza solido da sopravvivere senza stimoli esterni. Le auto elettriche non hanno più bisogno di politiche di sostegno secondo l’opinione del governo cinese. In altre parole: il mercato deve dimostrare di poter premiare non chi riceve aiuti, ma chi offre un prodotto competitivo in termini di tecnologia, prezzo e qualità.

Sovrabbondanza produttiva

Una delle motivazioni più citate è la presenza di una sovraccapacità produttiva nel settore auto elettrico: troppi marchi, troppi modelli, spesso con quote minime sul mercato. Per evitare che gli stabilimenti corrano alla disperata ricerca di vendite con sconti, Pechino intende ridimensionare la competizione “a colpi di incentivi” e stimolare un riequilibrio naturale.

Contestualmente, il nuovo piano quinquennale indica che lo Stato sposterà l’attenzione verso settori emergenti come tecnologia quantistica, bio-produzione, idrogeno e fusione nucleare. Il ragionamento è che, se un’industria è pronta a marciare da sola, è bene che le risorse pubbliche siano impiegate altrove.

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Una prova dura per le aziende

I 129 marchi cinesi entrati nel business delle NEV dovranno ora “difendersi da soli”. Si preannuncia una fase di selezione darwiniana, che favorirà i gruppi più solidi, con tecnologie competitive, filiere integrate e capacità di esportare in modo aggressivo. Le realtà meno competitive potrebbero essere costrette a fondersi, fallire o uscire dal mercato.

I consumatori: incentivi in esaurimento

In realtà, la discesa dei sostegni era già in corso. Gli incentivi all’acquisto nazionale sono stati aboliti nel 2022, e gli sgravi fiscali per chi compra erano destinati a essere eliminati entro il 2027.

In alcune aree – ad esempio in distretti di Xi’an – i sussidi per le auto elettriche e le plug-in sono già stati interrotti prima del previsto nel 2025.

Se le grandi case cinesi reagiranno abbassando i prezzi e alzando la qualità per competere internamente senza incentivi statali, questa pressione arriverà anche sui mercati esteri, compresa l’Europa. Tradizionalmente forti nella produzione a basso costo, le aziende cinesi potrebbero vincolare le concorrenti occidentali alla rincorsa tecnologica o commerciale.
D’altra parte, l’Unione europea ha già applicato dazi sulle auto elettriche cinesi, considerate “dopate” dai sussidi statali, fino al 35%.

Cina: il rischio dell’auto senza rete

Nonostante l’annuncio epocale, va ricordato che una transizione “da sola” non è indolore. Nel presente quadro, le imprese minori rischiano di soffrire un’esplosione di competitor che producono a costi stracciati, utilizzano economie di scala e vendono a margini ridotti.

Inoltre, la qualità dovrà guadagnarsi la fiducia del mercato: non basta essere “green” sulla carta. Le auto cinesi dovranno dimostrare affidabilità, efficienza, rete di assistenza, infrastrutture di ricarica e vantaggi tangibili per continuare ad attrarre compratori senza leve finanziarie pubbliche.

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La Cina ha deciso che non farà più da “baby-sitter” al proprio settore elettrico: l’auto a batteria e le plug-in dovranno camminare con le proprie gambe. Ma questa scelta non segna l’uscita dal gioco dell’elettrificazione.

Benché il comunicato ufficiale sostenga che l’industria è ormai matura, la mossa imporrà una forte competizione interna e internazionale. Le realtà più attrezzate – quelle in grado di innovare, integrarsi e esportare – sopravviveranno. Le altre subiranno la legge del mercato.

In altre parole: smettere di gettare soldi dal cielo non significa che il cielo dell’elettrico stia cadendo. Significa che chi vuole restare in volo dovrà dimostrare di saperlo fare da sé.

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