
Testo di Fabio Madaro
Al Salone di Ginevra del 2005, insieme alla coupé Brera, faceva il suo debutto una berlina destinata a far parlare di sé: la Alfa Romeo 159. Il compito era delicato: sostituire la 156, un modello che aveva venduto oltre 680.000 unità dal 1997 e riportato il marchio al centro della scena.
Per caricarla di storia e prestigio venne scelto il nome 159, omaggio alla Alfa Romeo 159 Alfetta di Formula 1, con cui Juan Manuel Fangio conquistò il suo primo titolo mondiale nel 1951. Un nome importante per un’auto che doveva incarnare il rilancio del Biscione.
Il design della nuova 159 era opera di un mostro sacro, Giorgetto Giugiaro, e del centro stile Alfa: cofano lungo, proporzioni equilibrate, fari tripartiti, coda compatta e muscolosa. Era un’auto imponente e affascinante, più “adulta” della 156, con uno stile che ancora oggi colpisce per eleganza e aggressività.
Rispetto alla 156, la 159 segnava un deciso salto di categoria: 466 cm di lunghezza, 183 di larghezza e 142 di altezza, con un passo di 270 cm. Il pianale “Premium”, sviluppato inizialmente con General Motors ma poi gestito autonomamente, era sofisticato e rigido e dalla berlina nacque un anno più tardi l’affascinante familiare Sportwagon.

Il peso però era considerevole, spesso oltre i 1600 kg: un aspetto che penalizzò prestazioni e consumi, ma che in compenso le permise di essere una delle berline più sicure del suo tempo. Nel corso 2006 arrivò infatti il massimo riconoscimento Euro NCAP con cinque stelle nei crash test, un risultato ottenuto anche grazie alla presenza di sette airbag nella dotazione e che rafforzò l’immagine di solidità.
Le sospensioni erano un’altra delle sue armi: quadrilatero alto all’anteriore e multilink al posteriore, soluzione raffinata che garantiva precisione e stabilità anche a velocità elevate. Nel pacchetto non mancava anche la 159 a trazione integrale Q4 con differenziale Torsen C, che ripartiva automaticamente la coppia tra avantreno e retrotreno migliorando motricità e sicurezza.
La gamma motori era ampia e andava incontro a clienti diversi. All’esordio la 159 venne associata ai JTS benzina di 1, 9 litri da 160 cv, 2.2 da 185 cv e 3.2 V6 da 260 cv, quest’ultimo abbinabile alla trazione integrale Q4. A listino c’erano anche i diesel Multijet: 1.9 da 120 o 150 cv, 2.4 a cinque cilindri da 200 cv (poi portato a 210). La 159 toccava velocità comprese tra i 195 km/h della 1.9 diesel base fino ai 240 km/h della 3.2 V6.

Durante il 2009 debuttò il 1750 TBi, un 4 cilindri turbo benzina da 200 cv e 320 Nm di coppia, capace di 0-100 km/h in 7,7 secondi e consumi ridotti rispetto ai JTS. Per molti alfisti, rappresentava la vera erede del 2.0 Twin Spark e un ritorno alla filosofia dei motori brillanti e leggeri di Arese. Sul versante delle trasmissioni, la 159 montava cambi manuali a 5 o 6 marce, automatici Selespeed e, in alcuni casi, l’automatico Q-Tronic a 6 rapporti.
Nel 2008 arrivò un primo aggiornamento soprattutto tecnico: materiali alleggeriti (circa 45 kg in meno), piccoli ritocchi estetici e, soprattutto, l’introduzione del dispositivo Electronic Q2, un differenziale elettronico che simulava l’autobloccante migliorando la motricità delle versioni a trazione anteriore.

L’abitacolo, già apprezzato per la disposizione della strumentazione “a cannocchiale” e per l’orientamento verso il guidatore, fu aggiornato nei materiali e nelle dotazioni. Sedili in pelle Frau, inserti in alluminio spazzolato o radica e impianti audio Bose contribuivano a creare un’atmosfera premium.
Le prove su strada delle riviste specializzate italiane ed estere furono generalmente positive sul comportamento dinamico che si dimostrava sempre adeguato alle circostanze e al tipo di fondo stradale. La britannica Autocar sottolineò invece il design definendo la 159 come “molto probabilmente la berlina più bella della categoria, un’auto che anche ferma trasmette movimento. Peccato che i motori a benzina non siano all’altezza della carrozzeria.”

Gli appassionati sognarono a lungo una versione GTA, sulla scia del successo della 156 GTA. Se ne parlò più volte, con ipotesi di un 3.2 V6 portato a oltre 300 cv, ma il progetto venne abbandonato per ragioni di costi e di strategia.
Anche nel motorsport la 159 non ebbe la ribalta sperata: non venne mai iscritta ufficialmente al WTCC, dove invece la 156 aveva dominato. La sua unica apparizione di rilievo fu come Safety Car del campionato Superbike nel 2007, ruolo prestigioso finché si vuole ma troppo distante dalla vera essenza delle corse.
Oltre alla classica berlina, la gamma includeva come accennato la Sportwagon, presentata nel 2006: elegante, pratica e con 445 litri di bagagliaio. All’interno della gamma gli allestimenti spaziavano dai sobri Progression e Distinctive, fino alle raffinate Exclusive e alle sportive TI, che proponevano cerchi fino a 19 pollici, assetto ribassato e sedili sportivi. Alcune edizioni speciali, come la Blackline e la Italia Independent, sottolinearono ulteriormente la vocazione stilistica del modello.

La 159 venne prodotta fino al 2011 nello stabilimento di Pomigliano d’Arco, con circa 240.000 esemplari complessivi tra berlina e Sportwagon. Rimase in listino fino al 2013, poi uscì definitivamente senza avere una sostituta diretta. L’erede spirituale si fece attendere parecchio e arrivò solo nel 2016 con la Giulia, che riportò la trazione posteriore e una filosofia più sportiva e leggera.
Oggi la 159 resta una delle Alfa Romeo più ricordate degli anni Duemila: bella, elegante, sicura e solida. Certo, non priva di difetti – peso e motori benzina poco potenti in primis – ma ancora capace di emozionare. Sul mercato delle youngtimer è abbastanza ricercata, soprattutto nelle versioni equipaggiate con il quattro cilindri 1750 TBi.

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