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Alfa Romeo Giulia GTA: il mito che ha insegnato all’Italia a correre

di Redazione - 17/08/2025

Testo di Fabio Madaro

All’inizio degli anni Sessanta, le corse turismo europee vedevano un acceso confronto tra marchi prestigiosi. Alfa Romeo, con la Giulia TI Super, aveva mostrato un’ottima competitività, ma i rivali Ford, Bmw e Bmw stavano affilando le armi con modelli pensati espressamente per la pista, spesso sfruttando in modo spregiudicato i regolamenti.

La risposta di Alfa Romeo arrivò con la creazione di Autodelta, squadra corse interna guidata dall’ingegnere Carlo Chiti, già noto per la sua esperienza con motori da Formula 1. Chiti e il suo team ricevettero il compito di sviluppare una vettura che potesse battere i concorrenti, senza però rinunciare alla base produttiva di serie, fondamentale per l’omologazione e per rispettare i vincoli regolamentari.
Chiti si concentrò sulla Giulia Sprint GT, una coupé sportiva di grande successo ma troppo pesante per il mondo delle corse turismo. L’obiettivo era ridurre drasticamente il peso e potenziare il motore senza snaturare la linea e la filosofia dell’auto.

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Leggerezza estrema: il cuore del progetto GTA

Il nome GTAGran Turismo Alleggerita – indica esattamente la filosofia del progetto. L’auto venne sviluppata a partire dal 1964 e debuttò nel 1965: il primo grande intervento riguardò la carrozzeria. Per la prima volta su una vettura da competizione derivata dalla serie, fu impiegata una lega di alluminio speciale, il Peraluman 25, composta principalmente da alluminio e magnesio, con l’aggiunta di manganese, rame e zinco. Questa lega permetteva di ottenere pannelli estremamente leggeri ma resistenti.
Il tetto, i parafanghi, le porte e i cofani furono dunque realizzati in Peraluman e fissati tramite rivetti alla struttura in acciaio della Sprint GT, lasciando visibili gli elementi di fissaggio, oggi riconoscibilissimi nel design della GTA.

Ulteriori accorgimenti per ridurre il peso comprendevano, la rimozione di componenti non essenziali, come l’antirombo e vari rinforzi interni, la sostituzione delle tradizionali maniglie con archetti metallici più leggeri e serrature a pulsante e l’utilizzo di vetri in plexiglas per il lunotto e i finestrini laterali, più sottili e leggeri rispetto al vetro tradizionale. Inoltre vennero adottati cerchi in magnesio prodotti da Campagnolo, marchio punto di riferimento nel mondo racing dell’epoca, mentre la coppa dell’olio, la campana della frizione e la scatola del differenziale furono realizzate in elektron, una lega leggera di magnesio e litio.
Grazie a queste soluzioni la GTA riuscì a pesare appena 745 kg, circa 200 kg in meno rispetto alla versione Sprint GT da cui derivava.

Il motore: doppia accensione e più cv

Anche sotto il cofano la GTA non deluse. Il motore 1.6 bialbero derivato dalla Sprint GT fu completamente rivisto. La vera innovazione tecnica fu l’adozione della doppia accensione: due candele per cilindro che miglioravano la combustione, la potenza e l’efficienza del motore. Le valvole furono maggiorate e inclinate a V a 80° e l’alimentazione era affidata a due carburatori doppio corpo Weber 45 DCOE di maggiori dimensioni rispetto alla versione di serie.

La versione stradale erogava 115 cv a 6000 giri per una velocità massima di 185 km/h, ma nelle configurazioni da corsa e con scarico laterale poteva raggiungere i 170 cv a 6500 giri, con una coppia di 16,5 kgm a 5500 giri.

 

Il “trucco” dei sedili posteriori

Un piccolo grande segreto dell’omologazione della GTA fu il modo in cui Chiti risolse il problema della categoria turismo, che prevedeva un minimo di quattro posti a sedere con determinate dimensioni. La Sprint GT era una coupé due porte e i sedili posteriori, pur presenti, non erano abbastanza spaziosi per la norma. Per aggirare la questione, si decise di rimuovere i sedili posteriori imbottiti e sostituirli con una sottile panchetta di plastica, sufficiente a recuperare i centimetri necessari per rispettare il regolamento. I sedili imbottiti furono messi a disposizione come optional. Questo stratagemma fu accettato dalla Federazione ed è tuttora considerato un esempio di ingegno applicato ai regolamenti sportivi.

Innovazioni meccaniche, lo “Slittone”

Durante le prime competizioni la GTA manifestò un problema di sottosterzo, dovuto alla tendenza ad alzare la ruota posteriore interna in curva, perdendo aderenza. Per risolvere, Chiti inventò lo “Slittone”, un dispositivo meccanico applicato alla sospensione posteriore che abbassava il centro di rollio, modificando il comportamento in curva.
Dopo l’adozione dello “Slittone”, le GTA da corsa alzavano invece la ruota anteriore interna, migliorando la trazione e la stabilità nelle curve a velocità sostenute.

 

Un palmarès da leggenda

Il debutto agonistico della GTA fu alla Trento-Bondone 1965, dove vinse la categoria con grande margine. Nel corso degli anni successivi, la vettura collezionò successi importanti. Tra i più significativi citiamo nel 1965 la vittoria nella Coupe des Alpes, una gara di durata su percorsi alpini, molto impegnativa per meccanica e piloti.

Nel 1966 il dominio nel Challenge Europeo Turismo, con vittorie nelle prestigiose gare di Monza (4 ore), Snetterton (500 km), Nürburgring (6 ore) e Zandvoort. Andrea de Adamich, giovane promessa del motorsport, fu il principale interprete di questi trionfi. Sempre nel 1966 la GTA fu la prima vettura italiana a vincere la Mitropa Rally Cup, un trofeo europeo molto prestigioso che metteva alla prova auto e piloti su percorsi misti e difficili. Infine nel 1969, nuovo trionfo nel Challenge Europeo Turismo con Spartaco Dini.
La GTA divenne così simbolo di una scuola di guida tecnica e veloce, capace di unire leggerezza e potenza in una macchina agile e affidabile.

GTA Junior, l’erede

Nel giugno del 1968 l’Alfa Romeo decise di sostituire la Sprint GTA con la sua erede, di cilindrata inferiore ma ugualmente vincente, la GTA 1300 Junior, che rimase a listino fino al 1975. L’Autodelta naturalmente decise di omologare la versione elaborata per le competizioni, dotata di motore da 145 cv a 7200 giri e 14 kgm a 6500 giri con carburatori Weber 45 DCOE e parafanghi allargati in vetroresina per far posto a gomme Dunlop Racing su cerchi con canale da 9″.

Con l’adozione della testata “stretta” (valvole angolate tra loro a “V” di 45°) con singola accensione e dal 1971 l’iniezione meccanica indiretta, la potenza crebbe prima fino a 150-160 cv e poi 170-180 cv sui pochi esemplari dotati di testata a 16 valvole e carter secco. La GTA 1300 Junior dominerà il campionato europeo di categoria per 4 anni consecutivi

Il fascino eterno della GTA

Oggi l’Alfa Romeo Giulia GTA è un pezzo di storia dell’automobilismo, ricercato da collezionisti e amanti delle corse classiche. Il suo mix di tecnica all’avanguardia, leggerezza estrema e prestazioni ineguagliate per l’epoca la rendono una leggenda che ha influenzato anche le future generazioni di vetture sportive Alfa Romeo. Dettagli quali i rivetti a vista, la doppia accensione, i cerchi Campagnolo in magnesio e il “trucco” dei sedili posteriori testimoniano l’ingegno e la passione con cui fu concepita questa vettura.

Così a distanza di sessant’anni dalla sua nascita, Alfa Romeo continua a rappresentare un simbolo di eccellenza, passione e innovazione nel panorama automobilistico mondiale. La storia di modelli come la Giulia GTA non è solo un ricordo di vittorie e innovazioni tecniche, ma un patrimonio culturale che ha saputo ispirare generazioni di appassionati e ingegneri. E il marchio Alfa Romeo incarna ancora oggi quel legame profondo tra sportività e stile italiano, un mix che ha conquistato i cuori di milioni di persone in ogni angolo del globo. Le sue vetture non sono solo mezzi di trasporto, ma veri e propri oggetti di design e tecnologia, capaci di emozionare chiunque ami il piacere di guida e la storia dell’automobile.

In un settore che sta vivendo una trasformazione senza precedenti, tra sfide ambientali e digitali, Alfa Romeo si trova di fronte a una doppia sfida: innovare per restare al passo con i tempi, senza perdere l’identità che l’ha resa celebre nel mondo. Il futuro del marchio dipenderà dalla capacità di integrare tecnologia e sostenibilità con l’eredità di stile, sportività e passione che da sempre lo contraddistingue. Molti, moltissimi anni fa un certo Henry Ford ebbe a dire: “Quando vedo passare un’Alfa Romeo, mi tolgo il cappello”. Ecco ci piacerebbe che quella frase tracciasse il solco entro il quale riscrivere la storia della Casa del Portello.

Credit: archivio Alfa Romeo

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